La Via degli Scoiattoli dimenticata sul Burèl (Schiara, Dolomiti)

Il 20 giugno Diego Dellai, Erika Reniero e Gianpaolo Sani hanno effettuato una rara ripetizione della Via degli Scoiattoli sul Burèl (Schiara, Dolomiti). Potrebbe trattarsi della prima femminile di questa via pressoché dimenticata, aperta nel 1955 da Guido Lorenzi e Albino Michielli. Il recit d'ascension di Sani.
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Via degli Scoiattoli al Burèl (Schiara, Dolomiti) - Diego Dellai, Erika Reniero e Gianpaolo Sani il 20/06/2024
archivio Diego Dellai

Leggenda vuole che due tra i più valenti Scoiattoli fossero giunti direttamente da Cortina in Val de Piero per affrontare i 1500 metri dell’appicco sud-occidentale del Burèl. Presso l’attacco inferiore della parete, dove il Burèl getta le sue acque nel torrente Val de Piero, però non tardarono a comprendere come ogni impresa fosse inevitabilmente figlia del proprio tempo e, a parità d’altezza, come il Burèl non avrebbe mai potuto essere scalato da una cordata e con i mezzi, ad esempio, di chi salì nel 1921 la Nord dell’Agner, avrebbe richiesto molto di più, l’assetto di una vera e propria spedizione, forte di oltre cento chiodi normali e a pressione. Ma, soprattutto, avrebbe richiesto l’attesa di ancora dodici anni!

Così cominciarono a scansare l’appicco principale, appoggiandosi alle insidiose coste rocciose che lo arginano ad oriente, probabilmente lasciando qualche chiodo nei passaggi più complessi che gli italo- polacchi avrebbero trovato nell’estate del ’67, nel corso dell’assalto centrale alla grande parete. "Quelli erano chiodi degli Scoiattoli ..." racconterà Giorgio Garna.

Albino "Strobel" Michielli e Guido Lorenzi, eccellenze dell’alpinismo ampezzano, stranieri in un mondo ostile, in quel lontano giugno del 1955 salirono lungamente, si sbracciarono, su terreni da cacciatori più che da rocciatori, ritrovandosi con intuito e destrezza all’altezza della grande banca mediana del Burèl. Allora esisteva una sola via alla vetta, oltre alla normale dal nord, quella di Nereo Cusinato e Otello Da Rold del 1953 lungo la cresta occidentale, un quinto grado discontinuo e sostenuto al tempo stesso. Gli Scoiattoli si trovarono, dunque, nel mezzo di giganteschi anfiteatri inviolati, appicchi inaccessi ovunque, a perdita d’occhio, tra Burèl, Quinta e Quarta Pala, senza neppure un chiodo ancora battuto da mano umana, pane gradito per le generazioni avvenire!

Potendo scegliere, optarono per la linea più protetta, orientata a sud-est al confine con la Quinta Pala, apparentemente meno esposta, comunque divincolata tra strapiombi gialli e lisce lavagne; scelsero fessure e camini in sequela per oltre cinquecento metri d’altezza e quasi settecento di sviluppo, qualora si consideri nel conto anche la chiocciola di cenge ascendenti che raggiunge la cuspide passando per lo sbocco della futura Via Italo-polacca e le macerie finali. Siamo certi che presso quello sbocco i due Scoiattoli si soffermarono almeno un istante in quel 19 giugno, prima di salire sulla sommità e di scendere nel Van del Burèl, nel Van de la S’ciara, in Val Vescovà dove allora non esistevano né rifugio, né strada sterrata, né tanti segnavia!

È storia nota, negli anni successivi saranno tracciate varie linee sul Burèl; in ordine di versante, due sui versanti settentrionali da Armando Sitta e Ruggero Da Rold nel 1967 e da Franco Miotto e Riccardo Bee nel 1976, quattro sulla parete sud-ovest tra il 1967 e il 1980 dalla cordata polacca e dai nomi autorevoli di Gianeselli, Garna, Miotto, Bee, Saviane, tre sulle pareti sud e sud-est, oltre a quella degli Scoiattoli, una da Goedeke e compagni e due da Bee in solitaria. Vie tante, insomma, ma non troppe, tributo di alpinisti foresti e locali ad una vetta rimasta tendenzialmente locale dopo la fiammata del ’67.

E la Via degli Scoiattoli? Nonostante l’eco prestigiosa dei primi salitori, attenderà diciannove anni la prima ripetizione (Miotto, Gianeselli, Foggiato, Garna nel giugno del 1974), contrastata da neve restia a lasciare camini, cui seguirà, due anni dopo, la terza salita nel corso della quale sarà tracciata una splendida variante (Helmut Kiene e Berndt Kullmann) ... ci credereste che i due fuoriclasse tedeschi la ripeterono alla vigilia della quarta ascensione assoluta della Via Italo-polacca, nell’intermezzo di maltempo tra la parte bassa e quella alta? Quasi una parentesi per non sprecare ferie e tempo prezioso! Seguiranno altri nomi prevalentemente bellunesi (F. Stocchero, G. Saltalamacchia, R. Dell’Eva, G.

De Riz, O. Dal Castel, Dario Scagnet ...) con qualche infiltrazione straniera, per un totale di ripetizioni che non aggiunge tante dita a quelle di una mano. Forse ci si accorse presto che la vicina Via Goedeke si presentava più esposta, tecnicamente più semplice, più divulgata nelle riviste internazionali, storicamente sancita dalla free solo di Reinhold Messner? In altre parole, forse ci si accorse che lì accanto Goedeke aveva tracciato una linea più appetibile alle ripetizioni, una linea più "moderna"! Persino Piero Rossi sembrò moderare sensibilmente i toni da "questa difficilissima ..." ad "ardita ..." ad "ardua e molto logica ... un po’ discontinua", anche se questa, a onore del vero, non vale più di un’impressione!

Giovedì 20 giugno. Quale pretesto, dunque, per riportare alla ribalta la Via degli Scoiattoli nel 2024? Non quello della prima solitaria o della prima invernale (che ancora mancano all’appello), di certo neppure quello della sesta o settima ripetizione di una via i cui gradi si perdono nella scala UIAA della classicità. Forse quello della prima salita femminile (a meno di non essere in difetto d’informazione) di una montagna che di femminilità ha goduto, da Renata Sommavilla sulla cresta ovest a Rosy Buffa sulla parete sud-ovest, ma non in abbondanza.

Per questo motivo l’ascensione di Erika Reniero con Diego Dellai e Gianpaolo Sani, rappresenta un piccolo tassello regalato al Burèl. La riscoperta a tinte gentili di una via che, dopo il primo passaggio, complesso al punto da far credere ad una piramide umana dei primi salitori o a un cedimento di appigli nel corso degli anni, anzi dopo il primo dei cinque chiodi arrugginiti presenti nella via, si dispiega in una sequela di tiri lunghi e di passaggi tra il IV, il V e il VI grado. Tutti da interpretare, scegliere, leggere, in un mondo di crode marmoree e persino splendide ma a tratti infide e persino semoventi, nel contesto di un ambiente carico di solennità, gialla come i tetti violenti a lato dei quali solo Riccardo Bee osò fantasticare una possibile fuga alternativa verso il Van del Burèl che merita anche solo d’essere contemplata dal basso... un’ascensione al confine tra la via a sé e la folle uscita diretta dalla Via degli Scoiattoli!

La Via degli Scoiattoli, un viaggio di quasi nove ore, iniziato al meraviglioso Bivacco Piero Rossi e concluso su quella cresta dove "pare impossibile che tanti detriti possano coesistere tutti assieme" come dirà Dellai; un viaggio con pochi testimoni presenti, costanti e silenziosi: in basso la Val de Piero, in alto gli spiriti di Lorenzi e Strobel.




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