Variante del Li-Cuore alla parete Nord-Est del Monte Agner, una storia d'alpinismo
Sono strani gli alpinisti. Prendete questa descrizione: "La nostra via non è bella, non è sana, non è consigliabile, ha cinque tiri di artificiale su roccia molto marcia per i quali sono state usate tre corde fisse...". La via si chiama Variante del Li-Cuore. E a chederci se ci interessa pubblicarla sono stati i suoi due apritori, Luca Vallata e Tito Arosio. Con la premessa di cui sopra, qualcuno di "normale", o meglio che sa poco o nulla di alpinismo, pronosticherebbe un bel "no, grazie". Ma, appunto, sono strani gli alpinisti. Potete star certi che vorranno saperne di più. Soprattutto se quella premessa è seguita da un però: è tutto vero, questa è una via "terribile" ma è anche... "un viaggio in una grande parete". Così si scopre che la grande parete sono quei famosi 1200m dell'immensa e selvaggia Nord Est dell'Agner. Che la "variante" in questione si infila, per 450m e su terreno inesplorato, tra due vie storiche per non dire mitiche. Ovvero la Via dei Sud Tirolesi, aperta da Reinhold e Gunther Messner e Heini Holzer nel 1967, e la Via del Cuore, aperta dal grande Lorenzo "Mass" Massarotto con Sandro Soppelsa nel 1981. E poi che il tutto è nato da un nonno che raccontava al nipote delle imprese di Riccardo Bee, altro grandissimo alpinista che ha lasciato un segno indelebile su questa montagna e non solo. E ancora che c'è quel diedro giallo, strapiombante e con roccia marcia, che Vallata e Arosio hanno superato proprio al centro del Cuore della Nord Est. E poi ci sono le foto di quel luogo così lontano e remoto in cui i due si sono cacciati per aprire questa loro "non bella, non sana, non consigliabile" variante. Insomma, alla fine ci hanno convinti che è una via che non andremo mai a fare. Come ci hanno convinti che la loro è una storia di alpinismo assolutamente da pubblicare.
MONTE AGNER - PARETE NORD-EST - VARIANTE DEL LI-CUORE di Tito Arosio
Agner, parete nord: Luca ha l’idea di salire lungo l’evidente diedro giallo che sta a sinistra della via dei Sud Tirolesi e a destra della via del Cuore.
L’idea mi affascina dal principio, lì di sicuro ci sarà la difficoltà dell’arrampicata ma anche quella ambientale, è uno dei punti più dispersi delle Dolomiti, dal bivacco Cozzolino bisogna fare 700 metri di zoccolo, la parete è a nord est ma resta sempre in ombra perché il sole è nascosto dallo Spiz Sud d’Agner.
Con Luca mi sono recato ben quattro volte nel cuore della parete nord est dell’Agner. Quattro volte abbiamo salito lo zoccolo con zaini pesanti tentando l’ascesa e nonostante questo sempre super motivati a raggiungere quel diedro giallo, disperso nell’immensità della parete nord.
Il primo tentativo è decisamente ottimista, pensavamo che il diedro fosse scalabile in libera, ma con 3 tiri nuovi in placca riusciamo solo ad entrare nel diedro vero e proprio; l’arrampicata lungo questi tiri ci esalta, roccia ottima prima grigia e poi gialla ben arrampicabile in libera.
Quando entriamo nel diedro la musica cambia, capiamo subito che non sarà facile, l’arrampicata in libera sarà da dimenticare a causa della roccia marcia e le colate nere che escono dalla fessura che chiude il diedro.
Ci vorranno altre quattro giornate di “lavoro” divise in due tentativi per completare tutto il diedro ed il traverso sotto i tetti, che si rivelerà meno difficile di quanto immaginavamo. L’artificiale è abbastanza spinto, fatto di chiodi che non “cantano”, cliff e friends in fessure decisamente marce. Nonostante ciò siamo sempre riusciti a fare delle ottime soste; entrambi non siamo degli esperti artificialisti quindi le gradazioni da noi indicate non devono essere prese troppo alla lettera.
Dentro il grande diedro giallo, da cui si vede il leggendario diedro dei Bellunesi, i nostri pensieri vagavano pensando a Bee e a Miotto; proprio dal personaggio di Bee, Luca ha tratto ispirazione per questa salita poco alla moda.
Con un ultimo tentativo prima dell’arrivo dell’autunno, risaliamo con le jumar le corde fisse che abbiamo lasciato dentro al diedro, non mancano momenti di panico dovuti allo sfregare delle corde su delle lame acuminate. Le placche grigie, sopra il grande diedro giallo, si rivelano meno ardue di quanto ipotizzato; la roccia è diametralmente opposta rispetto a quella del grande diedro, ottima e molto lavorata con varie clessidre. Due tiri di V e uno di VII, quest’ultimo da me affrontato più con foga che cervello, ci portano alle placconate a sinistra della via dei Sud Tirolesi, dove passano delle varianti di collegamento tra la via del Cuore e la Sud Tirolesi.
Il freddo di metà settembre, in parete c’è già un po’ di neve e verglas, ci fa optare per una rapida uscita sulla via del Cuore, il problema della Head Wall rimane lì ad aspettare un'altra cordata.
Dopo tanti giorni passati nell’ombra della nord, domenica 22 settembre alle 17 raggiungiamo il sole della vetta, colmi di felicità!
RICCARDO BEE di Luca Vallata
Di Riccardo Bee me ne aveva parlato mio nonno che era stato suo collega all’Itis di Belluno quando ero ancora molto piccolo, mi raccontava queste storie che per mia e sua ignoranza alpinistica galleggiavano in un’atmosfera di leggenda. Mi raccontava che una volta qualcuno gli aveva rubato lo zaino del materiale da bivacco e lui sorpreso dall’oscurità aveva dovuto camminare avanti e indietro su di una cengia per tutta la notte, non si sa dove, non si sa quando.
Così come molti hanno avuto Messner o Bonatti, per me l’arrampicata all’inizio era Riccardo Bee. Di lui avevo solamente un ritratto sfuocato che proveniva dalle foto sovraesposte dell’invernale al Burel o dai racconti dei suoi amici e conoscenti, le tracce che aveva lasciato sparse qua e là su di molte persone della nostra zona.
Di Riccardo avevo parlato poi direttamente con un Franco Miotto non ancora inacidito, il suo grande compagno di cordata; avevo assistito ad una sua meravigliosa serata di diapositive e in seguito avevo riconosciuto il suo profilo ad una manifestazione contro la Gelmini quando andavo in quinta liceo. Franco faceva parte di una delegazione dell’ANPI e portava fiero lo stendardo dell’associazione, io tutto emozionato mi ero presentato e avevamo chiacchierato per un po’.
Di Riccardo mio nonno aveva continuato a parlarmi quando sono diventato più grande ed ho iniziato a scalare, cambiando di molto però il tono e lo scopo dei suoi racconti: “Varda che chel l’era un dei pi forti, epur l’è cascà”…Lo si sa, Riccardo è morto nella parete nord dell’Agner attorno al giorno di Natale dell’ “82, e se ne parlo con questa confidenza anche se sono nato 8 anni dopo quel giorno gelido è perché è una figura che ho sempre sentito vicina in tutti gli anni della mia maturazione alpinistica.
Come dev’essere stato trovarsi da soli in quell’ambiente colossale con le pareti ricoperte di neve?
L’anno scorso ho arrampicato per la prima volta nel lato nord dell’Agner, l’idea mia e del mio amico Diego era quella di ripetere la via del Cuore, aperta dal Potente Mass (Lorenzo Massarotto ndr), ma finito lo zoccolo ci siamo accorti che la sezione chiave della salita era bagnata fradicia, quasi inscalabile. Allora traversando tutta la parete ci eravamo collegati alla via di Messner, senza relazione procedevamo a naso, poi, arrivati in cengia, avevamo trovato la colata finale della via ancora fradicia e via… un altro traverso per ricollegarsi al Cuore... Quella salita mi aveva fatto osservare da tutte le angolature la Diretta Bee, la variante che proprio Riccardo aveva aperto della Sudtirolesi. Dove passerà la via di Riccardo? La colata centrale è orrida e sporca, forse per i diedri camini di destra? O ancora per i gialli che stanno a sinistra della cascata?
Di quella giornata tra le tante cose, mi era rimasto impresso un grande diedro giallo che tagliava proprio a metà quello che il Mass aveva chiamato il Cuore dell’Agner e saliva dritto proprio a sinistra della Diretta, E’ nata così l’idea della via
La nostra via non è bella, non è sana, non è consigliabile, ha cinque tiri di artificiale su roccia molto marcia per i quali sono state usate tre corde fisse, ma è un viaggio in una grande parete, la linea è logica e vi è ad un punto un deciso traverso a sinistra sotto grandi tetti dopo il quale la ritirata risulta quasi impossibile.
Qui c’è un po’ del vivere la parete e dell’Avventura che cercava e trovava Bee arrampicando in maniera quasi fastidiosamente anacronistica con le staffe e le Tepa Sport quando Manolo faceva già gli 8a.
Lo stile è quello di Riccardo, uomo da grandi pareti che ai bivacchi stava come il Pascià.
di Luca Vallata
Informazioni pratiche per ripetere la Variante Li-Cuore
1200m di parete, di cui c.a 450m della nuova variante.
Nel grande diedro tutte le soste sono rimaste parzialmente attrezzate con grossi nuts e un paio di cunei di legno.
La maggior parte dei chiodi da noi messi sono rimasti in loco, in totale 35 chiodi lasciati in parete.
Per una ripetizione serve:
- doppia serie di camalot, tripla nelle misure 0.75, 0.5, 1, 2 e 3, ed un 4.
- nuts anche grossi
- una dozzina di chiodi, sia lunghi che corti, comprese anche un paio di punte extra corte
- un paio di staffe
- consigliato seggiolino per stare in sosta.
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