Ueli Steck e l' Everest: la salita vissuta da un grande alpinista
Pubblichiamo il racconto dell'alpinista svizzero Ueli Steck che il 18 maggio 2012 è salito in cima all' Everest assieme allo Sherpa Tenji. E' un racconto che abbiamo voluto tradurre e proporre per intero, perché dà un'idea sia della folla presente in questa stagione pre-monsonica ma anche del lavoro degli Sherpa, e di cosa significhi salire in cima alla montagna più alta del mondo senza ossigeno supplementare, anche per un fuoriclasse assoluto dell'alpinismo come Ueli Steck.
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Ueli Steck in cima al Everest il 18/05/2012.
Ueli Steck
Ci sono alcune cose nella vita che ogni alpinista deve aver fatto. Per me una di queste è salire in cima al Monte Everest. Questo è stato uno dei miei obiettivi che ho voluto realizzare come arrampicatore ed alpinista. L'Everest è il punto più alto sulla terra. Lassù l'aria è la più sottile. È il terzo polo. Salire almeno una volta sulla montagna più alta del mondo è sempre stata un'idea che mi frullava nella testa. Eppure, ero sempre stato titubante. Questa montagna viene davvero sfruttata e cannibalizzato commercialmente. Sull'Everest c'è un vero e proprio business. Questo deriva principalmente dai potenziali clienti che con l'aiuto delle bombole di ossigeno salgono per una via preparata con corde fisse fino in cima. Fino ad oggi, sono stati registrate ufficialmente 142 salite senza ossigeno supplementare. Con quasi 6000 salite in cima, questa è davvero una piccola percentuale.
Dopo Loretan e Troillet, nessun alpinista svizzero è mai riuscito a salire l'Everest senza bombole d'ossigeno e poi far ritorno al campo base. Questo mi affascinava. Molti forti alpinisti avevano impiegato diversi tentativi per raggiungere la vetta, senza dover ricorrere al magico Doping della bottiglia d'ossigeno.
Dagli USA avevo ricevuto una statistica interessante che prendeva in considerazione l'influenza dell'ossigeno dalla maschera. Il risultato è impressionante: se in cima prendi 2 litri di ossigeno al minuto per riposare, è come se ti trovassi al campo base. In altre parole: è come se ti trovassi ad un'altitudine di 5300 metri. Sotto sforzo è un po' meno eclatante. Ma se si osserva che durante il giorno della vetta la maggior parte delle persone usa 4 litri al minuto di quest'aria inglese - come le bombole di ossigeno erano chiamata tempo fa dagli Sherpa - allora si conferma l'affermazione di Reinhold Messner: in realtà stai salendo un seimila. Precisamente sei a 6500 metri.
Questo non ha niente a che fare con Everest, che per lo più è alto 8.848 metri. Allora all'appello mancano 2348 metri. Mi sono reso conto di questo in maniera impressionante durante l'acclimamento. Gerlinde Kaltenbrunner, l'austriaca che nel agosto 2011 era salita in cima al K2 diventando così la terza donna al mondo a salire tutti i 14 le montagne di 8000 metri, e la prima
senza ossigeno supplementare, mi aveva caldamente consigliato di trascorrere almeno una notte al Colle sud. “Altrimenti ti esponi troppo e diventa troppo pericoloso tentare la vetta” mi aveva detto. Ho seguito il suo consiglio. Avevo comunque già l'intenzione di dormire lassù. D'altra parte, si sa quanto sia sgradevole campeggiare a circa 8000 metri. Lì su non c'è traccia di romanticismo attorno ad un fuoco.
Durante la prima notte non riesci a dormire nemmeno un minuto. Si tratta per di più di un'attesa finché arriva finalmente la mattina e si può scendere. Ma bisogna farlo, e per farlo ci vuole una certa determinazione. Ma se sali con l'ossigeno supplementare, non c'è bisogno di fare tutto questo... Molti alpinisti hanno dormito soltanto a 6400m prima del tentativo per la cima. Dopo questa notte, per loro l'acclimamento è già completato.
A volte mi sono chiesto cosa succederebbe se durante un tentativo in vetta venisse a mancare l'ossigeno supplementare. Semplicemente non si è acclimatati e la realtà ti raggiunge molto rapidamente. L'aria è sottile e arriva la catastrofe, che solitamente finisce con la morte!
Questo non mi dovrebbe preoccupare troppo, perché a ciascuno spetta la decisione di come vuole salire l'Everest. Per quanto mi riguarda, comunque, non ho mai preso in considerazione una salita con l'ossigeno supplementare. Questo mi era chiaro sin dall'inizio, volevo mettere il mio piede sulla cima in maniera reale, senza l'aria falsa.
Nel 2011 non sono riuscito a salire l'Everest. Mi trovavo a 8700 metri sul versante Tibetano e sono stato costretto ad abbandonare il mio tentativo per la vetta. Avevo semplicemente troppo freddo. Il pericolo che le dita dei miei piedi si fossero congelate era troppo forte. Un'altra caratteristica dell'alta quota è che il sangue diventa più denso e di conseguenza la circolazione nelle parti più estreme degli arti è ridotta. Questo può essere contrastato in qualche modo cercando di bere molto e acclimatandosi bene a priori, in modo che il corpo sia già un po' abituato. Però la mia esperienza mi ha anche dimostrato che non avevo scelto un giorno perfetto per tentare la cima. La regola del 25/25 era effettivamente stata confermata. In cima il vento non deve superare i 25 km/h e la temperatura non deve scendere sotto i -25°C.
Ma che cosa sarebbe l'alpinismo se si riuscisse sempre a salire in cima a qualsiasi montagna? Non sarebbe più interessante. Quindi quest'anno ero doppiamente motivato e sono anche arrivato con più esperienza nel mio bagaglio! Noi, cioè Tenji ed io, avevamo già all'attivo tre salite e discese sulla montagna prima di cominciare il nostro tentativo per la vetta.
Tenji è un giovane nepalese di 21 anni, lo conosco da anni e spesso ha lavorato per me. Adesso anche lui voleva tentare l'Everest senza ossigeno supplementare. Gli ho offerto la possibilità di salire insieme a me. Non come il mio Sherpa, un ruolo nel quale avrebbe dovuto trasportare il materiale. No. Volevo che andassimo assieme come cordata.
In un primo momento ha avuto una certa difficoltà ad accettarlo. Che io cucinasse anche per lui il tè era una situazione insolita. Ma ad un certo punto l'ha accettato e abbiamo trascorsi dei grandi momenti insieme sulla montagna! Ho cambiato ruolo da Sir a Dai. Da Signore a fratello.
Avevo studiato a fondo le previsioni meteo. Sapevo che questo era il punto chiave. Tenji ed io eravamo acclimatati bene. Avevamo già passato una notte al Colle Sud a poco meno di 8000 metri. Meteotest mi aveva inviato una buona previsione per il 17 e 18 maggio. Per il 19 avevano pronosticato vento in aumento che il 20 sarebbe diventato critico. Poi però c'era anche l'altro grande problema. Le molte persone.
Per noi il grande numero di altri alpinisti che sarebbero stati sulla montagna nello stesso momento era potenzialmente un enorme pericolo. Lì su non avremmo potuto aspettare, perché ci saremmo congelati molto velocemente. Ma non potevamo neanche fare diversamente che essere lì con tutta questa massa di gente. Poi la soluzione era semplice! Fino a quel momento le corde fisse dovevano ancora essere posizionate. Il che significava che le spedizioni commerciali non potevano fare un tentativo per la cima. Il cosiddetto Fixing Team composto da 10 Sherpa aveva previsto di fissare le corde fino in cima il 18 maggio. Una situazione felice per noi, era anche il giorno migliore e il più caldo di quella finestra di bel tempo. Abbiamo quindi deciso di salire con loro.
Il 16 maggio siamo comodamente saliti fino al Campo 2 in 3 ore e mezza, il tutto è stato seguito da un pomeriggio rilassante e da una lunga notte a Campo 2 a 6400 metri. Abbiamo trascorso la mattina successiva con calma. Tenji ed io abbiamo aspettato il sole, poi ci siamo deliziati con pane tostato, caffè, corn flakes. Tenji aveva anche portato lo Zampa, un impasto di farina molto nutriente che però solitamente non appare sul mio menu.
Verso le 8.30 eravamo pronti. In 2,5 ore siamo arrivati al Campo 3. Lì, dove avevamo dormito una settimana prima, regnava il caos. La mattina presto si era staccata una valanga di ghiaccio, molte tende erano state sepolte. Anche la nostra tenda era sepolta sotto la neve e il ghiaccio. Per fortuna non avevamo programmato di trascorrere la notte al Campo 3! Non saremmo più qui, ma sepolti sotto la coperta di neve e ghiaccio.
Miracolosamente era stato ferito solo uno Sherpa. E fortunatamente nessun altro era stato colpito. La maggior parte delle tende erano distrutte ed inutilizzabili! Tenji e Dendi, che stava salendo con noi, si sono fermati. Dendi doveva recuperare le bombole dalle tende e Tenji lo voleva aiutare. Per prima cosa le dovevano trovare sotto tutto quel ghiaccio, io ho deciso di continuare e li ho salutati. Così sono riuscito a piantare la nostra tenda al Campo 4 prima che, nel pomeriggio, cominciasse nuovamente a nevicare.
Faceva caldo sulla parete del Lhotse. Ero contento della decisione di aver messo nello zaino la mia tuta in piuma. La maggior parte degli alpinisti sale dal Campo 2 con la tuta addosso, non so bene perché la gente salga vestita così con questo caldo. Io invece ho raggiunto tranquillamente e non troppo surriscaldato il Colle Sud. Ho piantato la tenda e ho subito iniziato a sciogliere il ghiaccio, così all'arrivo di Tenji avremmo potuto bere in abbondanza. Tenji è arrivato molto tardi, verso le 17,00. Non c'era assolutamente vento e avevamo la sensazione che facesse molto caldo. In ogni caso molto più caldo dell'ultima volta.
Abbiamo messo la sveglia per le ore 23.00. Ma il segnale acustico non è stato necessario per strapparci dal nostro sonno. Il Fixing Team era già partito assieme ad un paio di alpinisti cileni. I rumori del materiale e le chiacchiere ci avevano svegliati. Ho cominciato a sciogliere il ghiaccio. Erano le 23,00. Abbiamo cercato di bere molto. Tè e caffè, servito con pane e miele. Era già l'una e mezza quando eravamo pronti a partire. Vedevamo le luci davanti a noi in salita: i cileni e gli Sherpa. Erano partiti un'ora e mezza prima di noi, ma li abbiamo presi in un quarto d'ora.
Ho subito pensato che saremo stati via per molto tempo. Cosa sarebbe successo se fossero servite corde fisse anche dopo il balcone? Mi sono tranquillizzato e ho pensato che per ora era sicuramente una buona idea non andare troppo veloci, così avrei avuto riserve a sufficienza. Mi sono divertito. Abbiamo raggiunto il balcone all'arrivo del nuovo giorno. L'intero gruppo si è fermato per mangiare e bere qualcosa. Ho cambiato le pile del riscaldamento dei miei scarponi. Il sistema è semplice e geniale: avevo sempre i piedi belli caldi, e anche le mani calde. L'alpinismo in quota non è poi così male come si pensa...
Dopo questa breve pausa siamo ripartiti. Da qui in poi bisognava mettere le corde fisse. Il terreno non è ripido. In realtà si potrebbe facilmente salire senza corde. Il mio speciale bastone Leki, dotato di una sorta di piccozza sulla maniglia, si è dimostrato lo strumento ideale per questo terreno. Ciò nonostante ero un po' preoccupato per la lentezza, ma non ho superato nessuno. Sarebbe stato troppo irrispettoso superare gli Sherpa che stavano lavorando. E facevano il loro lavoro davvero molto bene. Non ho mai visto un team di Sherpa lavorare assieme in modo così efficiente ed organizzato.
Mi sono messo dietro di loro, in fila come dovrebbe essere! Ed è stato molto divertente. Ogni tanto abbiamo dovuto aspettare, e avevamo anche il tempo di parlare. Tenji era rimasto un po' indietro, ma poi ci ha ripreso. Eravamo gli unici che non si nascondevano dietro ad una maschera di ossigeno. Gli Sherpa ci rispettavano per questo. Ma noi avevamo altrettanto rispetto per il loro lavoro!
La via verso la cima sud è lunga e non voleva finire. Improvvisamente il ritmo non mi sembrava più così lento! Continuavo a guardare in su, ma la Cima Sud non si avvicinava mai. Infine, il capocordata è scomparso. Ciò significava che aveva raggiunto la Cima Sud, e a noi mancavano solo 100 metri. Dalla Cima Sud si scende 20 metri e poi la cresta porta alla cima principale. Ho guardato l'orologio per controllare l'ora. Si stava facendo tardi. Per un attimo ho pensato di tornare indietro. "Sarà pomeriggio quando siamo su" e dovevamo poi anche scendere. Sì, il tempo era ancora perfetto, ma cosa sarebbe successo se fosse cambiato? Per il giorno 19 davano ancora bello, con un po' di vento in più ma doveva rimanere bello. Una tempesta era improbabile. Mi sono fidato degli Sherpa. Erano già stati lassù tante volte. Sapevano quello che facevano.
Dalla mia esperienza sapevo di essere molto veloce in discesa. Ho stimato che se fossi sceso in quel momento dalla Cima Sud avrei raggiunto il Colle Sud in non più di un'ora e mezza. Ho deciso che potevo rischiare e ho continuato a salire. Un paio di nubi stavano arrivando. Ma questo è normale, è dovuto alle correnti che si formano durante il giorno. La cresta sale maestosamente. Non sembrava più che mancassero molti metri di dislivello per arrivare in cima, sembrava più una distanza orizzontale che verticale.
All' Hillary Step ho aspettato molto. Sicuramente 40 minuti. Ho cominciato a tremare. La temperatura assoluta non era bassa, forse 20 gradi sotto zero. Eppure tremavo. Ero felice quando siamo finalmente ripartiti. Ero quasi un po' deluso dal famoso Hillary Step. Me l'ero immaginato molto più impressionante. Poi non è nemmeno così verticale. Non è davvero verticale.
Improvvisamente ho avuto la sensazione che tutti gli altri fossero molto veloci. Faticavo a seguirli. "Ma non è possibile" mi sono detto. Sicuramente non posso essere più stanco degli altri. Da lì in poi, ho dovuto lottare. Continuavo a ripetermi che era solo una questione di volontà per arrivare vetta. E avevo deciso di raggiungerla.
Tenji era dietro di noi e non riuscivamo a vederlo. Sarebbe arrivato. Mi sono concentrato a fare ogni passo. A volte mi sono dovuto fermare dopo quattro passi. Ogni passo era un passo verso la cima. Ma dove era, quella cima? Non riuscivo a capire dov'era. Ero totalmente concentrato e avevo finalmente accettato che gli altri stavano andando ad un ritmo più veloce del mio. Finché riuscivo a reggere il passo con gli alpinisti che usavano l'ossigeno supplementare, allora era tutto a posto. Riuscivo a concentrarmi e ad essere consapevole di ciò che avevo attorno. Ero in grado di pensare con chiarezza e prendere decisioni. Ho controllato il mio passo e la mia salita: ero a posto. Quindi doveva essere a causa della quota se non avevo più forze. Non mi sentivo esausto. Semplicemente lento, estremamente lento.
C'era un ultimo pezzo per arrivare sul filo della cresta. Finalmente a sinistra, e quasi alla stessa altezza, sono riuscito a vedere la vetta. Un mucchio di bandiere di preghiera svolazzavano nel vento. Un paio di Sherpa erano già lì. Non c'erano più le corde fisse. Bastava attraversare. Uno dei cileni che camminava dietro di me ha tolto il mio bastone che avevo legato sullo zaino prima dell'Hillary Step. Me l'ha dato e con il bastone avevo nuovamente un attrezzo in mano. Era già pomeriggio.
Erano le 13,15 quando abbiamo raggiunto il punto più alto della terra. Le nuvole erano arrivate, la vista era limitata. Sul lato nord ho riconosciuto il Tibet, quell'asciutto altopiano. E anche il Makalu che usciva dalle nuvole. La mia mente ha vagato brevemente. Quanto ero distrutto questa volta. Tutto da solo in cima. Godere di una vista limitata non era assolutamente un problema, in realtà conoscevo già tutto il panorama. Sembrava tutto molto familiare. Avevo la sensazione di sapere esattamente dove mi trovavo. Riuscivo ad orientarmi, non mi sembrava né strano né nuovo!
Ho scattato alcune foto della cima con gli sherpa. Non riuscivo a vedere Tenji, ma ho comunque deciso di scendere. I primi erano già in movimento.
Quanto era facile la discesa. Una sensazione nuova! Sì, ero stanco, ma ora che si scendeva, allora nuovamente andavamo avanti! Ho incontrato Tenji poco dopo il Hillary Step. Gli ho chiesto se tutto era OK. Mi ha fatto una buona impressione. Ha solo detto "Sì, ma molto lento!" Gli ho fatto coraggio, gli ho detto che la cima non era lontana e che senza maschera questo era normale! Ho visto il suo sorriso, la sua volontà e ho capito che avrebbe raggiunto la vetta!
Ho continuato a scendere e alle 16,15 ero di nuovo al Colle Sud. A stento ho riconosciuto il Campo 4. In questo breve tempo si era formato un piccolo villaggio. Dendi, sua figlia e tutta la squadra con cui abbiamo condiviso il campo base erano arrivati al Colle Sud. Per loro domani sarebbe stato il giorno della vetta! Ero contento di esserci già riuscito.
Ma la montagna è conclusa soltanto quando si ritorna al campo base. Ho aspettato Tenji al Colle Sud. E' arrivato solo tre ore più tardi. In realtà volevamo scendere al Campo 2, ma era diventato troppo tardi. Siamo rimasti al Campo 4. In quella notte sono partiti circa in 150 verso la cima. Uno spettacolo. Tenji ed io abbiamo trascorso un'altra notte a poco meno di 8000 metri. Entrambi abbiamo dormito come orsi in letargo.
Mi ha svegliato il sole alle 5:30. Ho fatto colazione, preparato tutto il materiale. Poi sono sceso. Desideravo essere al campo base. Tenji ha dormito un po' di più. Puntualmente per il pranzo sono rientrato al campo base. Ora il Monte Everest era finalmente stato salito.
A questo punto vorrei ringraziare tutti voi per essere stati con noi, per aver condiviso le nostre emozioni e per averci fatto coraggio durante questa spedizione. Grazie anche per i tanti bei complimenti ricevuti dopo questo bellissimo successo. Auguro a tutti una meravigliosa estate!
Ueli Steck
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Dopo Loretan e Troillet, nessun alpinista svizzero è mai riuscito a salire l'Everest senza bombole d'ossigeno e poi far ritorno al campo base. Questo mi affascinava. Molti forti alpinisti avevano impiegato diversi tentativi per raggiungere la vetta, senza dover ricorrere al magico Doping della bottiglia d'ossigeno.
Dagli USA avevo ricevuto una statistica interessante che prendeva in considerazione l'influenza dell'ossigeno dalla maschera. Il risultato è impressionante: se in cima prendi 2 litri di ossigeno al minuto per riposare, è come se ti trovassi al campo base. In altre parole: è come se ti trovassi ad un'altitudine di 5300 metri. Sotto sforzo è un po' meno eclatante. Ma se si osserva che durante il giorno della vetta la maggior parte delle persone usa 4 litri al minuto di quest'aria inglese - come le bombole di ossigeno erano chiamata tempo fa dagli Sherpa - allora si conferma l'affermazione di Reinhold Messner: in realtà stai salendo un seimila. Precisamente sei a 6500 metri.
Questo non ha niente a che fare con Everest, che per lo più è alto 8.848 metri. Allora all'appello mancano 2348 metri. Mi sono reso conto di questo in maniera impressionante durante l'acclimamento. Gerlinde Kaltenbrunner, l'austriaca che nel agosto 2011 era salita in cima al K2 diventando così la terza donna al mondo a salire tutti i 14 le montagne di 8000 metri, e la prima
senza ossigeno supplementare, mi aveva caldamente consigliato di trascorrere almeno una notte al Colle sud. “Altrimenti ti esponi troppo e diventa troppo pericoloso tentare la vetta” mi aveva detto. Ho seguito il suo consiglio. Avevo comunque già l'intenzione di dormire lassù. D'altra parte, si sa quanto sia sgradevole campeggiare a circa 8000 metri. Lì su non c'è traccia di romanticismo attorno ad un fuoco.
Durante la prima notte non riesci a dormire nemmeno un minuto. Si tratta per di più di un'attesa finché arriva finalmente la mattina e si può scendere. Ma bisogna farlo, e per farlo ci vuole una certa determinazione. Ma se sali con l'ossigeno supplementare, non c'è bisogno di fare tutto questo... Molti alpinisti hanno dormito soltanto a 6400m prima del tentativo per la cima. Dopo questa notte, per loro l'acclimamento è già completato.
A volte mi sono chiesto cosa succederebbe se durante un tentativo in vetta venisse a mancare l'ossigeno supplementare. Semplicemente non si è acclimatati e la realtà ti raggiunge molto rapidamente. L'aria è sottile e arriva la catastrofe, che solitamente finisce con la morte!
Questo non mi dovrebbe preoccupare troppo, perché a ciascuno spetta la decisione di come vuole salire l'Everest. Per quanto mi riguarda, comunque, non ho mai preso in considerazione una salita con l'ossigeno supplementare. Questo mi era chiaro sin dall'inizio, volevo mettere il mio piede sulla cima in maniera reale, senza l'aria falsa.
Nel 2011 non sono riuscito a salire l'Everest. Mi trovavo a 8700 metri sul versante Tibetano e sono stato costretto ad abbandonare il mio tentativo per la vetta. Avevo semplicemente troppo freddo. Il pericolo che le dita dei miei piedi si fossero congelate era troppo forte. Un'altra caratteristica dell'alta quota è che il sangue diventa più denso e di conseguenza la circolazione nelle parti più estreme degli arti è ridotta. Questo può essere contrastato in qualche modo cercando di bere molto e acclimatandosi bene a priori, in modo che il corpo sia già un po' abituato. Però la mia esperienza mi ha anche dimostrato che non avevo scelto un giorno perfetto per tentare la cima. La regola del 25/25 era effettivamente stata confermata. In cima il vento non deve superare i 25 km/h e la temperatura non deve scendere sotto i -25°C.
Ma che cosa sarebbe l'alpinismo se si riuscisse sempre a salire in cima a qualsiasi montagna? Non sarebbe più interessante. Quindi quest'anno ero doppiamente motivato e sono anche arrivato con più esperienza nel mio bagaglio! Noi, cioè Tenji ed io, avevamo già all'attivo tre salite e discese sulla montagna prima di cominciare il nostro tentativo per la vetta.
Tenji è un giovane nepalese di 21 anni, lo conosco da anni e spesso ha lavorato per me. Adesso anche lui voleva tentare l'Everest senza ossigeno supplementare. Gli ho offerto la possibilità di salire insieme a me. Non come il mio Sherpa, un ruolo nel quale avrebbe dovuto trasportare il materiale. No. Volevo che andassimo assieme come cordata.
In un primo momento ha avuto una certa difficoltà ad accettarlo. Che io cucinasse anche per lui il tè era una situazione insolita. Ma ad un certo punto l'ha accettato e abbiamo trascorsi dei grandi momenti insieme sulla montagna! Ho cambiato ruolo da Sir a Dai. Da Signore a fratello.
Avevo studiato a fondo le previsioni meteo. Sapevo che questo era il punto chiave. Tenji ed io eravamo acclimatati bene. Avevamo già passato una notte al Colle Sud a poco meno di 8000 metri. Meteotest mi aveva inviato una buona previsione per il 17 e 18 maggio. Per il 19 avevano pronosticato vento in aumento che il 20 sarebbe diventato critico. Poi però c'era anche l'altro grande problema. Le molte persone.
Per noi il grande numero di altri alpinisti che sarebbero stati sulla montagna nello stesso momento era potenzialmente un enorme pericolo. Lì su non avremmo potuto aspettare, perché ci saremmo congelati molto velocemente. Ma non potevamo neanche fare diversamente che essere lì con tutta questa massa di gente. Poi la soluzione era semplice! Fino a quel momento le corde fisse dovevano ancora essere posizionate. Il che significava che le spedizioni commerciali non potevano fare un tentativo per la cima. Il cosiddetto Fixing Team composto da 10 Sherpa aveva previsto di fissare le corde fino in cima il 18 maggio. Una situazione felice per noi, era anche il giorno migliore e il più caldo di quella finestra di bel tempo. Abbiamo quindi deciso di salire con loro.
Il 16 maggio siamo comodamente saliti fino al Campo 2 in 3 ore e mezza, il tutto è stato seguito da un pomeriggio rilassante e da una lunga notte a Campo 2 a 6400 metri. Abbiamo trascorso la mattina successiva con calma. Tenji ed io abbiamo aspettato il sole, poi ci siamo deliziati con pane tostato, caffè, corn flakes. Tenji aveva anche portato lo Zampa, un impasto di farina molto nutriente che però solitamente non appare sul mio menu.
Verso le 8.30 eravamo pronti. In 2,5 ore siamo arrivati al Campo 3. Lì, dove avevamo dormito una settimana prima, regnava il caos. La mattina presto si era staccata una valanga di ghiaccio, molte tende erano state sepolte. Anche la nostra tenda era sepolta sotto la neve e il ghiaccio. Per fortuna non avevamo programmato di trascorrere la notte al Campo 3! Non saremmo più qui, ma sepolti sotto la coperta di neve e ghiaccio.
Miracolosamente era stato ferito solo uno Sherpa. E fortunatamente nessun altro era stato colpito. La maggior parte delle tende erano distrutte ed inutilizzabili! Tenji e Dendi, che stava salendo con noi, si sono fermati. Dendi doveva recuperare le bombole dalle tende e Tenji lo voleva aiutare. Per prima cosa le dovevano trovare sotto tutto quel ghiaccio, io ho deciso di continuare e li ho salutati. Così sono riuscito a piantare la nostra tenda al Campo 4 prima che, nel pomeriggio, cominciasse nuovamente a nevicare.
Faceva caldo sulla parete del Lhotse. Ero contento della decisione di aver messo nello zaino la mia tuta in piuma. La maggior parte degli alpinisti sale dal Campo 2 con la tuta addosso, non so bene perché la gente salga vestita così con questo caldo. Io invece ho raggiunto tranquillamente e non troppo surriscaldato il Colle Sud. Ho piantato la tenda e ho subito iniziato a sciogliere il ghiaccio, così all'arrivo di Tenji avremmo potuto bere in abbondanza. Tenji è arrivato molto tardi, verso le 17,00. Non c'era assolutamente vento e avevamo la sensazione che facesse molto caldo. In ogni caso molto più caldo dell'ultima volta.
Abbiamo messo la sveglia per le ore 23.00. Ma il segnale acustico non è stato necessario per strapparci dal nostro sonno. Il Fixing Team era già partito assieme ad un paio di alpinisti cileni. I rumori del materiale e le chiacchiere ci avevano svegliati. Ho cominciato a sciogliere il ghiaccio. Erano le 23,00. Abbiamo cercato di bere molto. Tè e caffè, servito con pane e miele. Era già l'una e mezza quando eravamo pronti a partire. Vedevamo le luci davanti a noi in salita: i cileni e gli Sherpa. Erano partiti un'ora e mezza prima di noi, ma li abbiamo presi in un quarto d'ora.
Ho subito pensato che saremo stati via per molto tempo. Cosa sarebbe successo se fossero servite corde fisse anche dopo il balcone? Mi sono tranquillizzato e ho pensato che per ora era sicuramente una buona idea non andare troppo veloci, così avrei avuto riserve a sufficienza. Mi sono divertito. Abbiamo raggiunto il balcone all'arrivo del nuovo giorno. L'intero gruppo si è fermato per mangiare e bere qualcosa. Ho cambiato le pile del riscaldamento dei miei scarponi. Il sistema è semplice e geniale: avevo sempre i piedi belli caldi, e anche le mani calde. L'alpinismo in quota non è poi così male come si pensa...
Dopo questa breve pausa siamo ripartiti. Da qui in poi bisognava mettere le corde fisse. Il terreno non è ripido. In realtà si potrebbe facilmente salire senza corde. Il mio speciale bastone Leki, dotato di una sorta di piccozza sulla maniglia, si è dimostrato lo strumento ideale per questo terreno. Ciò nonostante ero un po' preoccupato per la lentezza, ma non ho superato nessuno. Sarebbe stato troppo irrispettoso superare gli Sherpa che stavano lavorando. E facevano il loro lavoro davvero molto bene. Non ho mai visto un team di Sherpa lavorare assieme in modo così efficiente ed organizzato.
Mi sono messo dietro di loro, in fila come dovrebbe essere! Ed è stato molto divertente. Ogni tanto abbiamo dovuto aspettare, e avevamo anche il tempo di parlare. Tenji era rimasto un po' indietro, ma poi ci ha ripreso. Eravamo gli unici che non si nascondevano dietro ad una maschera di ossigeno. Gli Sherpa ci rispettavano per questo. Ma noi avevamo altrettanto rispetto per il loro lavoro!
La via verso la cima sud è lunga e non voleva finire. Improvvisamente il ritmo non mi sembrava più così lento! Continuavo a guardare in su, ma la Cima Sud non si avvicinava mai. Infine, il capocordata è scomparso. Ciò significava che aveva raggiunto la Cima Sud, e a noi mancavano solo 100 metri. Dalla Cima Sud si scende 20 metri e poi la cresta porta alla cima principale. Ho guardato l'orologio per controllare l'ora. Si stava facendo tardi. Per un attimo ho pensato di tornare indietro. "Sarà pomeriggio quando siamo su" e dovevamo poi anche scendere. Sì, il tempo era ancora perfetto, ma cosa sarebbe successo se fosse cambiato? Per il giorno 19 davano ancora bello, con un po' di vento in più ma doveva rimanere bello. Una tempesta era improbabile. Mi sono fidato degli Sherpa. Erano già stati lassù tante volte. Sapevano quello che facevano.
Dalla mia esperienza sapevo di essere molto veloce in discesa. Ho stimato che se fossi sceso in quel momento dalla Cima Sud avrei raggiunto il Colle Sud in non più di un'ora e mezza. Ho deciso che potevo rischiare e ho continuato a salire. Un paio di nubi stavano arrivando. Ma questo è normale, è dovuto alle correnti che si formano durante il giorno. La cresta sale maestosamente. Non sembrava più che mancassero molti metri di dislivello per arrivare in cima, sembrava più una distanza orizzontale che verticale.
All' Hillary Step ho aspettato molto. Sicuramente 40 minuti. Ho cominciato a tremare. La temperatura assoluta non era bassa, forse 20 gradi sotto zero. Eppure tremavo. Ero felice quando siamo finalmente ripartiti. Ero quasi un po' deluso dal famoso Hillary Step. Me l'ero immaginato molto più impressionante. Poi non è nemmeno così verticale. Non è davvero verticale.
Improvvisamente ho avuto la sensazione che tutti gli altri fossero molto veloci. Faticavo a seguirli. "Ma non è possibile" mi sono detto. Sicuramente non posso essere più stanco degli altri. Da lì in poi, ho dovuto lottare. Continuavo a ripetermi che era solo una questione di volontà per arrivare vetta. E avevo deciso di raggiungerla.
Tenji era dietro di noi e non riuscivamo a vederlo. Sarebbe arrivato. Mi sono concentrato a fare ogni passo. A volte mi sono dovuto fermare dopo quattro passi. Ogni passo era un passo verso la cima. Ma dove era, quella cima? Non riuscivo a capire dov'era. Ero totalmente concentrato e avevo finalmente accettato che gli altri stavano andando ad un ritmo più veloce del mio. Finché riuscivo a reggere il passo con gli alpinisti che usavano l'ossigeno supplementare, allora era tutto a posto. Riuscivo a concentrarmi e ad essere consapevole di ciò che avevo attorno. Ero in grado di pensare con chiarezza e prendere decisioni. Ho controllato il mio passo e la mia salita: ero a posto. Quindi doveva essere a causa della quota se non avevo più forze. Non mi sentivo esausto. Semplicemente lento, estremamente lento.
C'era un ultimo pezzo per arrivare sul filo della cresta. Finalmente a sinistra, e quasi alla stessa altezza, sono riuscito a vedere la vetta. Un mucchio di bandiere di preghiera svolazzavano nel vento. Un paio di Sherpa erano già lì. Non c'erano più le corde fisse. Bastava attraversare. Uno dei cileni che camminava dietro di me ha tolto il mio bastone che avevo legato sullo zaino prima dell'Hillary Step. Me l'ha dato e con il bastone avevo nuovamente un attrezzo in mano. Era già pomeriggio.
Erano le 13,15 quando abbiamo raggiunto il punto più alto della terra. Le nuvole erano arrivate, la vista era limitata. Sul lato nord ho riconosciuto il Tibet, quell'asciutto altopiano. E anche il Makalu che usciva dalle nuvole. La mia mente ha vagato brevemente. Quanto ero distrutto questa volta. Tutto da solo in cima. Godere di una vista limitata non era assolutamente un problema, in realtà conoscevo già tutto il panorama. Sembrava tutto molto familiare. Avevo la sensazione di sapere esattamente dove mi trovavo. Riuscivo ad orientarmi, non mi sembrava né strano né nuovo!
Ho scattato alcune foto della cima con gli sherpa. Non riuscivo a vedere Tenji, ma ho comunque deciso di scendere. I primi erano già in movimento.
Quanto era facile la discesa. Una sensazione nuova! Sì, ero stanco, ma ora che si scendeva, allora nuovamente andavamo avanti! Ho incontrato Tenji poco dopo il Hillary Step. Gli ho chiesto se tutto era OK. Mi ha fatto una buona impressione. Ha solo detto "Sì, ma molto lento!" Gli ho fatto coraggio, gli ho detto che la cima non era lontana e che senza maschera questo era normale! Ho visto il suo sorriso, la sua volontà e ho capito che avrebbe raggiunto la vetta!
Ho continuato a scendere e alle 16,15 ero di nuovo al Colle Sud. A stento ho riconosciuto il Campo 4. In questo breve tempo si era formato un piccolo villaggio. Dendi, sua figlia e tutta la squadra con cui abbiamo condiviso il campo base erano arrivati al Colle Sud. Per loro domani sarebbe stato il giorno della vetta! Ero contento di esserci già riuscito.
Ma la montagna è conclusa soltanto quando si ritorna al campo base. Ho aspettato Tenji al Colle Sud. E' arrivato solo tre ore più tardi. In realtà volevamo scendere al Campo 2, ma era diventato troppo tardi. Siamo rimasti al Campo 4. In quella notte sono partiti circa in 150 verso la cima. Uno spettacolo. Tenji ed io abbiamo trascorso un'altra notte a poco meno di 8000 metri. Entrambi abbiamo dormito come orsi in letargo.
Mi ha svegliato il sole alle 5:30. Ho fatto colazione, preparato tutto il materiale. Poi sono sceso. Desideravo essere al campo base. Tenji ha dormito un po' di più. Puntualmente per il pranzo sono rientrato al campo base. Ora il Monte Everest era finalmente stato salito.
A questo punto vorrei ringraziare tutti voi per essere stati con noi, per aver condiviso le nostre emozioni e per averci fatto coraggio durante questa spedizione. Grazie anche per i tanti bei complimenti ricevuti dopo questo bellissimo successo. Auguro a tutti una meravigliosa estate!
Ueli Steck
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