Scuola Graffer di Trento dedica il corso di arrampicata a Roberto Bassi
Il 3 ottobre, nella splendida cornice del salone centrale del palazzo Bortolazzi di Trento, sede della SOSAT, è stato inaugurato il primo corso di arrampicata sportiva della Scuola Giorgio Graffer, dedicato e intitolato al fortissimo arrampicatore trentino Roberto Bassi, prematuramente scomparso in un incidente stradale nel 1994.
Oltre agli iscritti al corso (12) hanno presenziato all’evento anche un nutrito gruppo di Istruttori della Scuola e alcune persone "legate" alla figura di Bassi, come i compagni di cordata Mauro Degasperi, Marco Furlani, Rolando Larcher, Marco Curti, Roberto Tavonati e la sorella Cristina Bassi.
Il direttore della Scuola Mauro Loss, dopo aver accolto tutti i presenti, ha presentato velocemente la Scuola illustrandone la ormai lunga storia di 77 anni. Ha poi spiegato il percorso che ha portato alla nascita di questo nuovo corso e l’impegno profuso dagli Istruttori per poter organizzare e condurre tutti i corsi in calendario, che con questo sono sette all’anno.
Successivamente sono intervenuti i direttori del corso Marino Tamanini e Fabio Demetri che hanno spiegato le modalità di svolgimento delle lezioni teoriche in aula e delle esercitazione pratiche che si terranno in strutture di arrampicata indoor e in ambiente di falesia idoneamente attrezzate, con obbiettivo finale quello di permettere agli iscritti di arrampicare da primi di cordata in piena sicurezza, autonomia e consapevolezza.
Sicuramene il momento "clou" dell’evento è stato quello delle testimonianze in ricordo di Roberto fatte dalla sorella Cristina e da alcuni compagni di cordata, che ne hanno raccontato aneddoti e ricordi.
La serata si è poi conclusa con la lezione in calendario che riguardava i "materiali per l’arrampicata".
Se tutti noi oggi possiamo arrampicare sulle splendide pareti della valle del Sarca o in moderne strutture indoor lo dobbiamo essenzialmente a quei pionieri, precursori, visionari e creativi come lo fu sicuramente Bassi.
Grazie Roberto per tutto quello che hai "seminato".
di Marino Tamanini, direttore del 1° Corso di Arrampicata Libera "Roberto Bassi"
Info: www.scuolagraffer.it
Chi era Roberto Bassi?
Per i climbers - immaginiamo e speriamo non numerosi - che non ne sapessero nulla, ricordiamo che nei primi anni '80, insieme a pochissimi altri, Roberto fu lo scopritore - meglio sarebbe dire uno dei primissimi esploratori - delle immense possibilità della galassia di roccia di Arco ma anche, e soprattutto, uno dei principali interpreti di un nuovo modo di intendere la scalata. In quegli anni infatti, Bassi, allora giovanissimo, con Heinz Mariacher, Maurizio "Manolo" Zanolla, Luisa Iovane, Bruno Pederiva faceva parte di quel gruppo (visionario e controcorrente) che fu uno dei motori dell'evoluzione dell'arrampicata in falesia e in parete, e che insieme a pochi altri rivoluzionò tutti i concetti, i pre-concetti e le credenze fino ad allora imperanti tra gli arrampicatori. La loro base era la Valle di Arco, il loro obiettivo un sogno che li assorbiva totalmente. Tanto da divenire uno stile di vita: Roberto si dedicò con una passione smisurata a quest'avventura, le rocce di Arco divennero la sua casa, le linee sulla roccia la sua espressione. Vie come Honky Tonky alla Spiaggia delle Lucertole o Zanzara ai Colodri sono solo dei piccoli esempi, di quello stile e di quella sua passione. Sono state moltissime, infatti, le realizzazioni di Roberto, sempre al vertice della difficoltà ma anche dei risultati agonistici (vinse tra l'altro i primi due Campionati Italiani di arrampicata sportiva nel 1985 e 1986), ma quello che sicuramente non si scorda, e non va scordato, è lo stile e la passione che metteva in quest'attività. Una passione che potrebbe sembrare quasi eccessiva per chi non ha respirato l’aria di quegli anni in cui nasceva la "nuova" arrampicata: erano i tempi di un sogno che, nei viaggi vagabondi per le rocce di Arco e di mezzo mondo, ricercava spazi di libertà e di vita "altra" e "diversa" dalla routine. Era un sogno, un’avventura e una speranza inseguita quasi inconsciamente, a volte da ribelli, sempre contro gli schemi, sempre con la voglia di rischiare il nuovo. Sono passati 23 anni dall’incidente stradale che fermò la vita di Roberto, ne sono passati più di 30 dal periodo magico della "scoperta" di Arco. Molte cose sono cambiate da allora. Sono cambianti gli arrampicatori e gli uomini, forse sono cambiati anche i sogni… Si sa: il tempo non si ferma, non torna mai in dietro, ma ripensare a Roberto Bassi, ritornare a quegli anni sicuramente può servire per capire da dove si è partiti ed anche per i sogni di progetti futuri. Può servire per pensare ad altri anni, quelli a venire, perché diventino intensi e irripetibili, come quelli che ha percorso sulla roccia e nella vita Roberto.
di Vinicio Stefanello