Restaurato l’Hotel Qualido, uno dei luoghi mitici della Val di Mello
L’Hotel Qualido è il nome dato dagli scalatori ad uno storico riparo costruito dai Melat diversi secoli fa, insieme ad altre costruzioni in val Masino (fra cui l’incredibile Stalla Ovale e i due sentieri a gradini ricavati sulle ripide placche di accesso della stessa val Qualido) per permettere di sfruttare gli alpeggi estivi. Molto tempo dopo è poi diventato il punto di appoggio per le vie della parete del Qualido.
Si trova ovviamente in Val Qualido, a 1900 metri d quota circa, sotto gli ultimi abeti prima dei prati e a pochi metri dalla parete. Il tetto è formato da un unico sasso piatto mentre le pareti sono da due lati muro a secco e da un altro ricavata scavando un altro sasso.
Dopo l’abbandono degli alpeggi questo camer è stato utilizzato dagli scalatori che nei primi anni ’90 hanno iniziato ad aprire e ripetere vie. Infatti dopo le storiche vie dei sassisti Paolo Fabbri 43 (in parte franata) e Il paradiso può attendere (bellissima ma ora quasi mai ripetuta), dal 1989 la cordata Vitali-Brambati-Rusconi ha iniziato ad esplorare le tante possibilità della parete con la difficile Transqualidiana, contemporaneamente a La spada nella roccia dei cugini Fazzini e Norbi Riva e poi di Mellodramma (Covelli, Fieschi e Spatola).
Con l’utilizzo degli spit si sono aperte quindi molte possibilità, alla cordata di Vitali si è subito aggiunto Adriano Carnati detto Franz aprendo numerose vie, poi Soldarini e Pizzagalli aprono la loro prima via (Vertical Holidays, forse mai ripetuta), mentre i cecoslovacchi da una parte e Alberto Marazzi, Simone Pedeferri, Adriano Selva e Marco Vago oltre ad aprire iniziano a salire quasi tutte le vie in libera, fra cui Il paradiso, Hoka Hey e poi le combinazioni Black Snake e Joy Division.
Negli ultimi anni invece c’è stato un progressivo abbandono dell’Hotel, forse le vie sono meno ripetute o forse ci si muove di più in giornata dal fondovalle. Il posto non era più molto accogliente, si allagava spesso e rimaneva bagnato, c’era spazzatura in giro e mancava una porta e diversi altri pezzi utili. Le ultime volte che eravamo stati a scalare avevamo sempre preferito dormire fuori.
L’idea era di fare un lavoro fatto bene che durasse un paio di decenni (si spera…) in modo da rimanere un bivacco e non farlo cadere in disuso come stava già per succedere. Essendo la est del Qualido una parete di grandi dimensioni è comodo essere pronti alla mattina per partire, in un minuto si raggiunge l’attacco delle prime vie ed è ottimo anche per smezzare l’avvicinamento all’Escudo o alla costiera dell’Averta. Speriamo sia un primo passo di un lavoro ciclopico che sarà poi la richiodatura della parete e la sistemazione del sentiero.
Ora ci sono: un pavimento rialzato e un soppalco per dormire in tavole di larice, con otto posti letto. Una porta nuova, panchina e una cassapanca per tenere le cose all’asciutto.
Ci sono attrezzi vari per lavorare, stoviglie, pentole e posate, qualche coperta, materassini e una stufa che abbiamo preso apposta per cucinare e seccare l’ambiente.
Abbiamo pulito la zona intorno dalla spazzatura e cercato di tappare un po’ i buchi da cui filtrava acqua (non abbiamo usato cemento, solo legno chiodi e sassi).
Chi vuole utilizzarlo è il benvenuto, ricordarsi di lasciare tutto come si trova (o anche meglio):
- pulire pavimento con la scopa
- se si usa cibo dal bidone rimpiazzarlo con dell’altro
- pulire tutto quello che si usa per cucinare e mangiare
- chiudere bene la porta
- rimettere tutto come si è trovato e sistemare eventuali cose rotte
- c’è un bidone con cibo, si può usare ma va poi rimpiazzato con altro, stessa cosa per la legna secca
- portare via la spazzatura
- pulire la stufa se serve e bruciare solo legna
- non tagliare piante vive, ce ne sono diverse morte
- possibilmente non incendiare tutto
Un enorme grazie a: Dante Barlascini che ci ha procurato tutte le tavole e le travi in legno e a Mimmo che ci ha aiutato per il trasporto.
Abbiamo lavorato in totale 5 giornate con Niccolò Bartoli, Andrea Bottani, Giacomo Vivaldi e Songini, Paolino Marazzi e Matteo Colico.
di Luca Schiera
Info: www.ragnilecco.com