La Pomata di Azzazello alla Liscia di Santa Maria, un viaggio sospeso sopra Pennadomo
Nello straordinario libro Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, la pomata di Azzazzello è un unguento che permette alla protagonista di effettuare viaggi inconsci e fantastici che non hanno dimensione di spazio né di tempo. Ecco: la via che abbiamo salito sopra il borgo di Pennadomo ha il sapore di un viaggio del genere.
La linea della via è di quelle che non ha bisogno di immaginazione umana, di esperienza alpinistica, di trovare la linea giusta, il cosiddetto facile nel difficile: è semplicemente una lama di roccia incredibile che si eleva continua e solitaria per centinaia di metri al di sopra del canyon del torrente San Leo. La sola visione della sua elegante linea mette voglia di cavalcarla. Ma la "bestia" (la lama) non si fa domare facilmente, altrimenti sarebbe stata già stata salita decenni orsono e non da noi! Se infatti da lontano tutto appare logico e chiaro, da dentro le gole, dove dovrebbe attaccare la via, non si capisce quale sia la lama da seguire! Li sotto è un dedalo di speroni, lame, incavi, frane, pietre in bilico, boschetti pensili, pareti lisce che ti attorniano dovunque. È solo dopo un attento studio dopo varie ricognizioni che ne vengo a capo e propongo ad Antonello D'Angelo, conosciuto come Andy Bulter, il progetto.
Perché lui? Perché dopo la sua prima ripetizione di Quelli del ’66, sulla Sperone NW delle Murelle sono certo sia l’uomo giusto. Io dopo l’incidente non ho più il capacità/coraggio di aprire una nuova via, come anche di rischiare un altro incidente. Antonello con quella ripetizione aveva dimostrato di essere un alpinista di livello quando vuole e, anche se la sua passione è la falesia e ultimamente anche il boulder, ne ero certo che non avrebbe resistito al progetto.
Infatti non appena gli illustro il progetto Antonello accetta, ma solo perché si fida della mia esperienza, infatti la sua risposta è:
"Cristià, la via sembra fighissima, non ci ho capito un gran ché con tutte ste foto che mi hai fatto vedere. Ma se mi dici che il sotto è collegato con il sopra mi fido: appena posso organizziamo."
L’11 maggio siamo li, il primo tiro scorre veloce nonostante la roccia sia slavata e sporca di terra in quanto siamo sotto degli strapiombi e all’interno di un canyon. Invece è il secondo tiro che mette a dura prova Andy. Dopo circa venti metri lo vedo proseguire a destra, dalla sosta lo incito ad andare a sinistra in placca, lui invece prosegue il diedro che io, da qui, vedo chiaramente terminare su roba gialla e del tutto marcia. Messo una protezione riparte verso il diedro nonostante io lo abbia avvertito. Andy poi si blocca. Mi dice di spostarmi, di mettermi al riparo che deve far cadere della roba, ma dopo un paio di metri finalmente si convince che di lì non si passa, e con la delicatezza di un felino torna indietro di quasi cinque metri in modo da guadagnare la placca che avrebbe dovuto seguire da subito. Poco dopo esce su un comodo ripiano terrazzino dove pianta un paio di chiodi e mi dice che posso venire. Quando lo raggiungo sono rabbrividito dal tiro appena effettuato, che è duro e con roccia davvero sporca e pericolosa.
"Antonè, ma come ti era venuto in mente di proseguire di lì in quel diedro! Affacciati, guarda che roba marcia avevi sopra la testa! Comunque complimenti pure in placca: era dura!"
"Boh, non lo so, la testa mi aveva detto che lì era proteggibile, e lì sono salito! Senti ma ora qui in sto boschetto, il tuo progetto che dice?"
"Che se passi qui sopra tra sti due alberetti dovresti trovare il proseguo della lama, in pratica una torre con tre fessure!"
Andy poi si infila tra i rami sforbiciando qua e là per passare e per poi sparire alla ma vista. Poco dopo urla, dicendomi che non c’è nulla di quello che gli avevo detto, né torre né fessure.
"Dai Antonello, non saprei, mi fa strano, fai una foto e torna qui che studio meglio, ok?" Quando mi mostra la foto sul display per me è tutto chiaro.
"Vedi Antonello, qui è qui, e la fessura è questa. Evviva! Tutto torna! Comunque panorama assurdo, strepitoso! Incredibile, vero?"
"Si, si, davvero unico!" risponde Antonello. "Ma ora scendiamo che devo fare il pomeriggio! Domenica torniamo, ok?"
Domenica 16 maggio Andy e io saliamo con quattro mezze corde: due per salire ed altre due da lasciare come corda fissa per tornare indietro, perché è impensabile scendere in doppia lungo la lama!
Antonello è in formissima, supera magistralmente il quarto tiro con friend fino a metà, poi con il trapano mette tre spit ma senza usare gancetti o simili. L’esposizione è totale, il vuoto sembra risucchiarti giù alla base del canyon. Poi attacca il facile quinto tiro, sale scarsi quindici metri del sesto tiro, e mi annuncia di essere esausto e mi chiede di essere calato giù in sosta. Tramite le due fisse torniamo, una calata finale ci porta alla base della parete, nel frattempo provo a disgaggiare qualcosa ma nel canyon c’è gente e devo fermarmi, sennò ammazzo qualcuno! Posso solo aggiungere qualche protezione fissa per salire più velocemente al prossimo tentativo. Mentre caliamo vediamo che la gola è un via vai di gente: è domenica e ci sta, ma fino a due anni fa non veniva nessuno qui, ora è diverso… potenza dei social!
"Antonè, il prossimo tentativo sarà di giorno feriale, di domenica si rischia troppo!" Intanto contattiamo il sindaco per far chiudere l’accesso alle gole per un pomeriggio feriale per permetterci di disgaggiare pietre e blocchi pericolanti senza il rischio di ammazzare qualcuno.
A settembre torniamo per il terzo tentativo e con noi abbiamo altri 60m di corda fissa da mettere al 6 e 7° tiro perché siamo sicuri di non finire la via neanche stavolta. E così sarà: il settimo arriva al 6b e finito l’ottavo siamo sfiniti e sfruttiamo le fisse per tornare. Alla fine dell’ottavo tiro siamo circondati dal vuoto, ancorati su una lama larga 80 centimetri e sopra di noi si eleva l’ennesima lama di roccia protesa come una pinna di squalo.
"Posto davvero incredibile! Vero Antonello? Credo unico almeno in Appennino!"
Per il tentativo finale però bisogna aspettare la primavera! Le gole nella brutta stagione possono essere umide, spesso tira vento: per finire la via occorrono almeno 10 ore di luce, salire lontano dalle piogge e essere senza vento. Insomma di rimando in rimando arriviamo al 1° maggio, stavolta con noi c’è Gianluca Nervegna che si rivelerà decisivo all’ultimo tiro. La salita scorre bene, recuperiamo anche due delle tre corde fisse ma quando arriviamo alla prua finale che poi porta in cima alla Liscia di Santa Maria, per Antonello la via finisce lì, non vale la pena.
"Una doppia e si atterra sulla sottostante falesia di Pennadomo. Ci siamo sopra!" – dice Antonello.
Io sono contrario assolutamente a far finire la via qui, ma sono stanco e ho già fatto troppo a salire gli ultimi due tiri da capocordata, inoltre non ho la testa per provare a proseguire su quel grado. Gianluca ascolta nel silenzio il nostro dibattito, ovvero che finire la via lì poteva apparire come incompiuta, quando improvvisamente dice:
"OK, datemi le corde, lo faccio io l’ultimo tiro!"
Gianluca come un equilibrista rimonta la prua aggettante (almeno VI°) e poco dopo siamo in cima: siamo felicissimi!
La via è finita. Manca una corda fissa da ritirare. Ma sarà compito dei primi ripetitori, si spera. O nostro quando uno di noi tornerà. Di sicuro siamo consci di aver aperto una via che è un viaggio sospeso tra la fantasia e la realtà, tra il reale e surreale, tanto sono incredibile queste lame di roccia. Pennadomo è un posto unico. La via stupenda. Ma va ricordato che nonostante gli spit non è una via sportiva, la ritirata oltre il quinto tiro è praticamente impossibile e necessita di capacità tecniche adeguate.
di Cristiano Iurisci