La guida alpina e il suo cliente. Di Anna Torretta - Società Guide Alpine Courmayeur
Il rapporto di amicizia che nasce tra una guida e un cliente è forse l’ultima romantica aspettativa del lavoro di guida alpina che è rimasta uguale nel corso dei secoli. Se l'amicizia viene intesa e percepita come un rapporto alla pari, basato sul rispetto, la sincerità, la fiducia, la stima e la disponibilità reciproca (Wikipedia), il rapporto tra guida e cliente è qualcosa di ancora più ampio, dove il secondo affida la sua vita nelle mani del primo, il quale gli restituisce emozioni. La componente emotiva, la capacità di comprendere il cliente, di interagire non solo a livello empatico è una parte fondamentale della nostra professione (La Montagna che non c’è, A.T.). Così l’amicizia trascende il rapporto di lavoro e diventa parte della quotidianità e oltre: l’amico ti sarà sempre accanto, pronto a sostenerti quando ne avrai bisogno.
Spesso mi sento dire: "E’ tuo amico solo perché ti paga"
"Perché", replico, "non posso essere amica del mio dentista o del medico che mi opera?"
Vi racconto come è nata la mia amicizia con una persona eccezionale, che le mie bambine chiamano “zio Albi” e non vedono l’ora di vedere quando, ogni fine settimana, viene a farci visita e, se ci sono le condizioni, porto in montagna. Spesso però siamo semplicemente in giro a passeggio con le piccole pesti, come due amici, tanto che la gente a volte crede sia alternativamente o mio marito o mio padre!
Alberto, classe ‘55, abita a Novara e ama sciare più di qualsiasi cosa: tutti i sabati mattina, all’alba carica gli sci sulla sua Citroen C8 e si mette in viaggio per arrivare fino a Courmayeur, scia tutto il giorno, poi rientra per la notte a casa sotto la cupola Antonelliana di San Gaudenzio. E la domenica riparte all’alba per infilare nuovamente le punte degli sci nella neve. Sono 20 anni che fa così! Spesso è solo e sale a La Palud, sulla funivia del Monte Bianco, per sciare fuoripista sul “Toula”, il ghiacciaio affacciato su Courmayeur, che presenta molte varianti di discesa tra crepacci e seracchi sospesi, e regala un manto leggero come se avesse appena nevicato, e invece è neve spostata dal vento che soffia da Nord e si accumula sui pendii. La neve trasportata dal vento è la più pericolosa di tutte le nevi per la formazione di valanghe.
Questa storia inizia dieci anni fa, Alberto è un accanito fumatore, si ferma sempre a Punta Helbronner ad accendere la sua Muratti, e a scambiare due chiacchere con i funiviari. Incomincia così l’amicizia con Vittorio, mio marito, che incontra regolarmente tutti i fine settimana. Alberto è convinto di essere un grande esperto di fuoripista, di conoscere la montagna e di non avere bisogno di una Guida, perché la discesa l’ha fatta un’infinità di volte e poi in giro c’è sempre qualcuno. Sul ghiacciaio non indossa l’imbragatura, perché dice che i crepacci lui li conosce! L’arva, l’apparecchio di ricerca travolti da valanga, lo indossa, ma non ha mai provato a usarlo. Il “Toula” è sempre molto tracciato ed è un motivo per cui si riduce, ma non si annulla, il rischio di provocare una valanga sui pendii centrali, quelli che vengono sciati, mentre i grossi canali laterali sono da guardare con molto più sospetto.
Un giorno mio marito invita Alberto a cena, e si comincia a parlare di valanghe, dei pericoli del ghiacciaio, delle placche a vento e della sicurezza proprio sul “Toula” e sul “Marbrèe”, l’altra discesa mozzafiato, più ripida, solo per sciatori esperti, possibile da punta Helbronner, sul versante italiano, verso Courmayeur. Alberto ha un modo di fare gentile, ma in fondo vuole sempre essere dalla parte della ragione, non vede pericoli in queste discese e non sente la necessità di farsi accompagnare da una Guida, lui è già stato dappertutto dice, sono così tanti anni che va in montagna!
Arriva la primavera e Alberto ha cominciato a venire a cena da noi qualche sera in più. Provo a proporre di andare al Col Passon, una classica dello sci alpinismo in quota con fantastica discesa sul paese di Le Tour: lui deve procurarsi sci e scarponi da sci alpinismo, l’imbragatura gliela presto io. Così il sabato successivo arriva con tutta l’attrezzatura nuova, un po' scettico, ma nello stesso tempo curioso della nuova esperienza che lo attende.
Arriviamo alla stazione dei Grand Montets, dove svincoliamo la coda in funivia grazie ad una relativa “proritée” concessa alle Guide Apine, e Alberto comincia ad apprezzare il fatto di essere con un professionista; in mezz’ora siamo al cospetto della Verte e della impressionante parete delle Droite. Scendiamo veloce per il Glacier des Rognons fino a raggiungere il Glacier d'Argentiere, mentre continuo a ricordargli di seguire la mia traccia se non vuole finire in un buco. Attraversiamo il ghiacciaio e mettiamo le pelli agli sci, il colle è sopra di noi, dove una traccia netta a zig zag segna la via di salita. Una volta partiti, lo guido accompagnando il suo passo, senza esagerare, rallentando o accelerando al bisogno. Alberto parla molto, quindi ha fiato da vendere, e in salita ricorro a un vecchio trucco, aumento un pochino il ritmo in modo da essere più veloci e fare risparmiare uno sperpero di energie con le parole al novello scialpinista.
La scelta per un attacco pesante montato sullo sci da scialpinismo, lo fa penare non poco nella salita sotto il sole primaverile, anche quando con gli sci a spalle sale legato in cordata il canale che porta al colle... ma la fatica è dimenticata in un attimo, quando si apre sotto di noi la discesa, con 2000m di polvere da tracciare, di quella neve cristallina che sembra zucchero, tipica dei pendii rimasti al freddo, in ombra e in assenza di vento per un certo periodo, dove si sono formati i cristalli chiamati brina di superficie. Dopo la fatica arriva sempre la gioia e la fatica si dimentica rapidamente: la discesa ci aspetta! Il cliente come un bambino un po' esuberante segue il suo maestro nelle serpentine che iniziamo a disegnare e non ci fermiamo, se non per fotografare le tracce, fino a quando non arriviamo al paese di Le Tour.
Questa è la prima di tante uscite con Alberto che ha deciso di legarsi alla mia corda, per condividere la montagna che ancora non conosce. Per andare in posti dove lui non è ancora stato. Negli anni è diventato parte della famiglia, e in montagna, è diventato più attento e responsabile. Ha perfino preso un paio di sci da freeride, come i miei, leggeri e facilissimi, e ha scoperto un nuovo modo di sciare, anche se continua a fare quella serpentina strettissima anni ’80 per cui gli sci non sono stati disegnati. Ma ho dovuto regalargli un arva nuovo, per ricordare che l’attrezzatura, anche se non la usi, ha una scadenza e va sostituita negli anni.
Siamo tornati più di una volta nello stesso posto, sulla stessa gita. E' qui che ha imparato a capire che la montagna è sempre diversa, che le condizioni cambiano continuamente e non basta essere stati tante volte in un posto per pensare di conoscerlo e pensare non ci siano pericoli. Ha imparato che la montagna non è solo sci, ma anche roccia, ghiaccio e soprattutto ha due stagioni, l’estate e l’inverno. Ha capito che la montagna non è mai scontata, non è sempre come te l’aspetti, ma in continuo cambiamento, che la montagna è viva e bisogna imparare ad ascoltarla, come in Turchia dove abbiamo fatto l’ultimo nostro viaggio, sulle cascate gelate dell’Anatolia, ma questa è un’altra storia.
di Anna Torretta - Società Guide Alpine di Courmayeur
info per la discesa con gli sci della Vallé Blanche: www.guidecourmayeur.com
Si ringraziano: S.C.A.R.P.A. - Grivel - Fiat Professional - Patagonia - Hestra - Beal - Pieps - Recco - Oakley - Banca di Credito Cooperativo Valdostana