Hiroshima al Pizzo Badile dei fratelli Libera, un capolavoro indiscusso di logica ed etica
Stiamo salendo verso il rifugio Gianetti sotto il sole battente di un pomeriggio di fine luglio. David cammina veloce anche sotto il sole e mi dice che sarebbe bello mangiare un gelato, poco dopo ci accorgiamo della grossa perturbazione che sta investendo il Pizzo Badile, la nuvola nera copre velocemente il sole e di colpo dallo scoppiare di caldo iniziamo ad aver freddo. Un unica palla di ghiaccio enorme cade dal cielo e ci mettiamo a ridere di quanto strano sia vederne scendere solo una, dico a David che è arrivato delivery il suo gelato. 10 minuti dopo siamo sotto un sasso bombardati come in guerra da palle di ghiaccio enormi! Ci guardiamo increduli perché ne io ne David abbiamo mai visto una grandinata così.
Raggiungiamo il rifugio tra una grandinata è l’altra e il mio morale è super basso per la giornata successiva. Non riusciamo tanto spesso a organizzare una giornata assieme e questa è proprio la nostra unica possibilità. Abbiamo in mente di scalare Hiroshima ma quando dalla finestra del rifugio all’ora di cena guardo le pareti, vedo soltanto cascate di acqua e grandine scendere dai versanti. David alza le spalle e dice che non è poi così male. Non capisco! Ma poi ripenso alle condizioni che ha trovato insieme a Marcel Schenk durante le loro salite in invernale alla parete nord est e cerco di convincermi che va tutto bene.
David Hefti è uno dei migliori alpinisti che conosca. Ho condiviso tante avventure in parete con lui e ha sempre dimostrato un talento e una motivazione incredibile; per me questa volta era diverso perché mi stavo riprendendo da un infortunio alla schiena e solo con un compagno come David avrei potuto osare di immaginare la salita a Hiroshima.
Hiroshima è di per sé un nome che fa paura, soprattutto se da alpinista questo è attribuito a una via sulla parete est-nordest del Pizzo Badile. E ancor peggio se sai che gli apritori sono la formidabile cordata dei fratelli Libera. È uno dei posti più miserabili da raggiungere delle Alpi, bisogna calarsi dal colle Cengalo e qualsiasi sia la via scelta, la soluzione migliore è quella di uscirne dalla cima. Tornare indietro potrebbe rivelarsi addirittura più complicato.
Rossano e Valentino Libera nel 1995 avevano sfidato per la prima volta le ripide placche della parete abbandonando i logici sistemi di fessure e diedri che caratterizzano la parete. Ne è uscito un capolavoro indiscusso di logica ed etica, una linea che è diventata mito e soltanto dopo averla scalata possiamo davvero confermarne la fama, la bellezza e l'audacia degli apritori.
Ma questo ancora non lo sapevo quando alle 5 di mattina iniziamo a camminare in direzione colle Cengalo. Ad ogni passo sul ghiaccio della sera prima mi domando cosa stiamo combinando, ma il buio è un buon alleato in questo caso. Raggiungiamo il colle con le prime luci e la parete ci si presenta in tutta la sua bellezza! Non perdiamo neanche un minuto e iniziamo a calarci. È tutto bagnato!
Ad ogni sosta di calata controllo se possiamo risalire o meno verso il colle, raggiungiamo l'attacco e nemmeno troppo stupiti troviamo di fronte a noi un muro di placche bagnate. David ha già le scarpette ai piedi e parte! Scala sul bagnato come fosse la cosa più naturale del mondo, è sensazionale vedere con quanta sicurezza si muove. Il primo tiro è semplice su lame e brevi passi in placca, il secondo già più ripido e liscio, e ovviamente bagnato; David fa i numeri per passare in libera, e questa costante dello scalare sul bagnato ci accompagna fino al settimo tiro dove per fortuna troviamo i due tiri chiave della via e i restanti asciutti.
David sale il 7a in aderenza spietata tranquillamente, a un certo punto peró, circa 4 metri sopra uno dei 3 spit che proteggono questi 40 metri di tiro, mi dice di fare attenzione! Di solito è bello trovare il duro appena dopo aver rinviato lo spit, ma non è questo il caso. Qui il 7a obbligato è reale! Quando salgo da secondo mi congratulo con David per il sangue freddo dimostrato e rimango meravigliato di come Rossano sia passato quasi 30 anni prima, con coraggio ed eleganza su una delle sezioni più ripide e lisce della parete.
È così interessante poter riscoprire lo stile e l'ambizione di un altro alpinista attraverso quello che ha lasciato scritto in maniera indelebile sulla roccia. E in questo caso ha tenuto fede al carattere stesso della parete. Su una parete così severa una linea lo deve essere altrettanto, perché ci si ponga ad essa con un certo timore reverenziale, dandole il dovuto rispetto. E Hiroshima è la via perfetta per quella parete.
David si collega alla Nardella e mi racconta la notte in portaledge con Marcel durante la salita in libera della stessa. Usciamo dalla via velocemente e siamo in cima nel primo pomeriggio. Beviamo la lattina di Coca-Cola e ridiamo quanto sia stupido portare in montagna le lattine, una volta aperte sei obbligato a finirle. Per questo motivo l'abbiamo bevuto soltanto in cima. Scendiamo altrettanto velocemente al rifugio. Mimmo ci prepara due birre fresche che hanno un effetto rigenerante e quel classico sapore di soddisfazione. Corriamo alla macchina e arriviamo puzzolenti al "all you can eat" di sushi. Stanchi, felici e dannatamente affamati!
Hiroshima conta poche ripetizioni e facciamo i complimenti a Luca Godenzi e Carlo Micheli (2012) Caterina Bassi e Martino Quintavalla (2017) e Rossano Libera in solitaria nel 2019. Dopo di noi ancora i complimenti alla cordata Giacomo Mauri, Tommaso Lamantia, Nicoló Stefanoni e alla cordata Simone Manzi, Marco Zanchetta.
di Matteo de Zaiacomo
Matteo ringrazia: Ragni di Lecco, il negozio Go Vertical