La solitudine sulla Via degli Inglesi al Pizzo Badile. Di Dario Eynard
Mi ritrovo nuovamente in cammino con il mio pesante saccone sulla schiena, questa volta in direzione del Passo del Cengalo, sulle Alpi Retiche. Sono stato abbastanza oculato nella gestione dei pesi, ciononostante tutta l’attrezzatura si fa sentire sulle mie spalle.
Arrivo la sera di lunedì 11 luglio 2022 nei pressi di un piccolo nevaio. Uno dei pochissimi rimasti in questo anno di siccità. Riesco a posizionare l’amaca che ho portato con me tra due grossi massi e, per giunta, in prossimità di un rivolo d’acqua, così mi addormento; l’indomani sveglia alle 4:30. Terminati i preparativi raggiungo il colle del Cengalo. Davanti a me vedo la maestosa parete NE del Piz Badile. Imponente. Voglio compiere la salita in solitaria della famosissima Via degli Inglesi, ma a quella vista la parete incute un certo timore e mi mette in soggezione. La ritirata dalla via è problematica: dal colle si effettuano una serie di doppie che portano all’attacco, così giunti ad un certo punto, risulta sicuramente più semplice uscire dalla via che ritornare indietro.
Rimango fermo una decina di minuti a guardare la parete, sono al mio "punto di non ritorno". Le perplessità non riguardono tanto le difficoltà della via, comunque per me gestibili, ma l’ostacolo mentale che avrei dovuto affrontare: è la mia prima salita in solitaria che compio fuori dalle montagne di casa, su una parete che conosco poco, e su una via che non ho mai percorso.
Dopo un po' prendo coraggio ed effettuo le doppie. Il terreno è estremamente precario, durante il recupero della corda smuovo un masso che precipita sul lasco sottostante, appoggiato poco più a valle. Ritrovo la corda rotta in tre punti, tutti a livello superficiale: fortunatamente l’anima non è stata intaccata. I due danni più esterni si trovano vicino al capo della corda: posso fare a meno di utilizzare qualche metro su una corda da 70. Il terzo strappo, fortunatamente il più lieve, è proprio a metà e cerco di proteggerlo con qualche giro di tape.
Termino le doppie: manca una sosta dallo schizzo che possedevo ma considerando il terreno non mi sarei stupito se fosse franata via; o semplicemente non l’ho vista. Lascio un chiodo con la maglia rapida e così raggiungo l’attacco della via degli Inglesi.
La prima parte della via si svolge su difficoltà classiche: effettuo lunghi tiri da 40-50 metri che non superano il VI+. Arrivo al punto in cui la parete si impenna: non è tardi, avrei a disposizione ancora qualche ora di luce. Ho tre opzioni davanti a me: fermarmi in quel punto, tutto sommato abbastanza comodo per effettuare un bivacco; proseguire fintantoché c’è luce, ma al costo di bivaccare in posizioni estremamente scomode, specie per cucinare, o tirare dritto ed uscire dalla via in giornata.
Non ho fretta, ho cibo e acqua a sufficienza per permettermi di dilatare un pochino i tempi: decido così di anticipare il mio bivacco e fermarmi in prossimità della piccola cengia. Il sole non era ancora tramontato e mentre cucino la cena mi godo le ombre del Badile che si proiettano sulla parete nord ovest del Cengalo, illuminato da un rosso acceso. La luna è piena: la parete illuminata si distingue perfettamente anche in piena notte. Per tutto il bivacco faccio perfino a meno di accendere la mia torcia frontale.
Il mattino seguente riparto senza fretta. Quando ne abbiamo la possibilità è bello prendersi il tempo che desideriamo, la vita è già abbastanza frenetica di suo. Affronto i tiri sommitali della via, la roccia è un pochino sporca ma ci si protegge bene. Sul tiro chiave presto attenzione a qualche lama instabile, una di queste mi si stacca e precipita sul saccone sottostante, verifico che non abbia causato danni alla corda e procedo la mia salita.
Esco sul catino sommitale, vi sono una serie di tiri semplici sul III-IV grado. In solitaria sono sempre i più problematici: arrampico a tratti slegato con il saccone in spalla, altre volte risalgo dopo aver fissato una sosta più in alto, riesco così ad uscirne. Arrivo in vetta al Badile nel tardo pomeriggio. Non capita di frequente di trovarsi sulla vetta di questa montagna da soli, dopo aver vissuto un’esperienza così intensa.
Il Bivacco Radaelli è lì, immerso nel silenzio. Ancora una volta desidero dormirci: non per necessità ma per fascino. Devo comunque fermarmi da qualche parte, poiché ai Bagni di Masino non ho la macchina per rientrare a casa, a Bergamo, dove abito. Il giorno seguente sarebbe stato altrettanto lungo, considerando la rocambolesca avventura di un rientro "ecologico": con tre autostop e due treni sono riuscito a rincasare.
Al bivacco Radaelli ho avuto modo di riflettere ed apprezzare molto la dimensione della solitudine. Una solitudine che non è stata sofferta ma è desiderata. Penso alle parole che scrive Christopher McCandless nel film, tratto da una storia, Into the Wild: "la felicità è tale solo se condivisa". La frase viene scritta dopo aver cercato nella sua vita un ideale estetico estremo, finito per diventare una prigione.
Non è quello che ho cercato io: l’uomo è in generale un animale sociale. È importante ritagliarsi dei momenti di solitudine poiché bisogna essere in grado di apprezzare prima di tutto sé stessi, anche per star meglio con gli altri. Si impara così a considerare gli altri non solo per colmare la paura della solitudine. Credo che in misura diversa ognuno di noi senta quest’esigenza di ritagliarsi dei momenti, poiché ciascuno sta compiendo il proprio viaggio personale. Tuttavia, la "felicità è tale solo se condivisa" ed attimi di così forte emozione possono trovare un valore anche per mezzo della condivisione; piccola o grande che sia, a seconda del carattere di ciascuno.
di Dario Eynard
Ringrazio: Ande Outdoor
Via degli Inglesi
Parete Est-Nord-Est del Pizzo Badile.
Prima salita: Dick Isherwood, Mike Kosterlitz 1968
650m, 7b (6a obbl)/R2