Andrea Lanfri, Everest e la felicità condivisa

Il racconto di Andrea Lanfri che il 13 maggio 2022 insieme alla guida alpina Luca Montanari è salito in vetta all’Everest. L’alpinista lucchese, che nel 2015 aveva perso entrambe le gambe e sette dita delle mani in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica, ha utilizzato ossigeno supplementare in salita dal Campo 3 alla cima, e in discesa fino al Campo 4.
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Luca Montanari e Andrea Lanfri in cima all'Everest il 13 maggio 2022. Nel 2015 l’alpinista lucchese aveva perso entrambe le gambe e sette dita delle mani in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica,
archivio Andrea Lanfri

Che dire di questa avventura di più di due mesi, anche se in realtà sono ormai anni che progetto, mi alleno e mi preparo per questo momento. E finalmente il 13 mattina alle 05.40 ore locali si è avverato!

Quando le fatiche erano tante ma eravamo sull'Hillary Step (un punto delicato e roccioso) e sapevo che ormai era fatta, è stata un'emozione grande! Ho accelerato per l'emozione ma ancora non ci credevo, volevo correre verso la vetta nell'ultimo facile tratto leggermente pianeggiante… ma il fiatone mi ha fatto fare due pause, con le bandierine di vetta davanti a me! Un'emozione immensa, un cammino, un'immagine dentro di me che sognavo da anni e finalmente ero lì. Un panorama pazzesco

Una cosa incredibile. Mai nella mia vita avrei detto di godere di così tanta bellezza e felicità. Ma dove cavolo sono? Guarda dove sono arrivato! È proprio vero, se non mi fossi rialzato ad ogni caduta all'inizio con le protesi da quel sentiero sopra casa che all'inizio fallivo costantemente, se non mi fossi rialzato… quante cose mi sarei perso. Cioè ora che sono al Campo Base non riesco ancora a crederci. C'è Luca Montanari che mi ripete dove eravamo stati, ma non ci credo ancora. Tutte le fatiche, tutti gli allenamenti, le persone che ho conosciuto lungo questo cammino, mi hanno portato a vivere questa gioia. Grazie, è una sensazione bellissima!

Potevano andare storte tantissime cose, a partire dal Covid, o ad altre problematiche tipo mal di montagna o i classici problemi di protesi che potevano stoppare il mio sogno. A partire dal trekking, all’acclimatazione, alla vera salita e discesa, ci sono stato molto attento a questo. La gestione di due protesi, con questo cambi di temperatura tra giorno e notte importanti, non è facile, ma posso dire di aver maturato un'ottima esperienza, grazie anche al progetto from 0 to 0 dove vengo messo alla prova per molte ore no stop!

Ad adcclimatazione finita, io e Luca abbiamo deciso di partire e unire tappa C1 e C2 in un’unica tirata, una volta attraversato l'Icefall c'era solo una lunga camminata, con qualche crepaccio ma niente di che. 12 ore totali ci abbiamo impiegato, e una volta arrivati a C2 molto più comodo deI C1 siamo rimasti un giorno fermi perché il meteo era brutto, vento.

L’11 mattina siamo partiti per raggiungere C3 a 7000 mt circa. Qui la prima parte è abbastanza pianeggiante poi gli ultimi 300 metri di dislivello impennavano vertiginosamente, molto ripido su per un mega canale con vista del Lhotse sopra di noi. Qui mentre salivamo è venuto giù di tutto, zaino, bombole di ossigeno, ecc, per fortuna nessuna persona! Mancava poco all'arrivo e si stacca un pezzo di ghiaccio, ci spostiamo repentinamente ma un pezzetto si frantuma e squarcia in due il cappuccio del tutone di Luca, fortunatamente nessun danno irrimediabile. Arrivati a C3 ceniamo con noodles e poi via a dormire. Il giorno dopo siamo saliti al famoso Colle Sud, una salita ripidissima, 900 metri di dislivello tutti ripidi, alternati da rocce (la Yellow Band, appunto), ma qui la curiosità è tanta. In sette ore siamo arrivati a questo famoso e ventoso colle dove non riusciamo a stare fuori al vento ed entriamo subito in tenda. Anche qui riposo per poche ore, perché 5 ore dopo, alle ore 19 locali, siamo partiti per la vetta!

La salita, tutta in notturna è iniziata con un canale per poi proseguire in cresta e, per finire, l'Hilary Step. In salita tutto benone, un po' di impressione per i cadaveri, vestiti come se stessero continuando la salita... Io e Luca eravamo in testa al gruppo, siamo stati i terzi ad arrivare in vetta, non c'era affollamento, abbiamo fatto tutto veramente con calma e solo il forte vento dava fastidio. In discesa, passato l'Hilary Step, un po' di gente stava salendo. A questo punto sentivo un fastidio nel camminare sul piede di destro, mi fermo e cerco di capire. Arrivo ad una conclusione: piede rotto... OK, no problem, ne avevo uno di scorta, decido comunque di proseguire, se si fosse rotto definitivamente l'avrei cambiato...

La discesa si è fatta sempre più faticosa ma piano piano con l'aiuto di qualche calata in corda doppia sono riuscito ad arrivare al C4, molto stanco. Qui mi sono tolto le scarpe e ho controllato tutto. Ghiaccio! Neve, ghiacciata tra le lame di carbonio impedivano il movimento del piede! Allora non era rotto! Piano piano, ho ripulito il piede. Anche se qui il vento non era dei migliori, sono riuscito a dormire qualche ora per recuperare energie per la discesa del giorno dopo, da C4 a C2! Ed una volta arrivati al C2 una bella coca cola mi attendeva in tenda! E il giorno successivo l'ultima fatica, un ultimo attraversamento dell'Icefall che puntualmente era cambiato ancora una volta!

Non c’è alcun dubbio: la felicità gode della proprietà transitiva. Stabilisce una relazione binaria tra le persone che hanno in comune una passione, un sogno o un sentire e le mette in connessione tra loro. Ma va ben oltre un principio matematico: travalica gli insiemi, ne abbatte i confini e moltiplica i suoi effetti all’infinito. Questo fa la felicità, se condivisa.

Io e Luca abbiamo raggiunto la vetta dell’Everest il 13 maggio 2022 alle 5.40 ora locale. Quello che abbiamo realizzato è la dimostrazione di quanto può essere contagiosa la felicità, arrivando al cuore di chiunque abbia conosciuto e letto questa storia o se ne sia imbattuto per puro caso. Una storia di resilienza, tenacia, determinazione e di una passione condivisa, dove la parola ‘impossibile’ perde il suo significato e diventa solo un limite, come tanti, da superare.

Sul tetto del mondo ci siamo arrivati davvero. Anche se non ci credo ancora! E a ognuno di voi spero sia arrivato, forte e chiaro, il messaggio che volevamo consegnare: ‘siate felici. E alle vostre vite lasciate che ci pensi la Vita’. Non si è mai in pochi quando si raggiungono obiettivi così straordinari. Tante persone si sono adoperate perché tutto questo diventasse possibile, o almeno un po’ meno complicato.

Per cui: grazie alle nostre famiglie, ai nostri amici, ai conoscenti e a chiunque abbia speso anche solo una parola di incoraggiamento per noi. Grazie agli sponsor che hanno reso fattibile la macchina organizzativa e al team dell’agenzia locale, sempre efficiente ed affidabile. Grazie agli Sherpa, gentilissimi e disponibili, punti di riferimento incrollabili in ogni momento della spedizione e persone dal cuore grandissimo.

E grazie a tutti voi che ci avete accompagnati in questo percorso meraviglioso. Questa vetta è anche un po’ vostra. E di tutte quelle persone che sono state dalla mia parte!

di Andrea Lanfri

Link: andrealanfri.comIG Andrea LanfriFB Andrea LanfriFerrinoLa Sportiva


Note: Andrea Lanfri
Classe 1986, nel 2015 in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica ha perso entrambe le gambe e sette dita delle mani. Ex membro della Nazionale Paralimpica Italiana di atletica, è vincitore di un argento mondiale a Londra nel 2017.



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