Andrea Lanfri e il trekking al Campo Base dell’Everest
Dopo molti mesi di preparazione, il grande giorno finalmente è arrivato. Il 23 marzo 2022 io, insieme al mio team e all’amico e compagno di cordata Luca Montanari, siamo partiti alla volta del Nepal. Dopo l’atterraggio a Kathmandu, non abbiamo perso tempo; prima destinazione Lukla e da lì è partita ufficialmente l’avventura.
A farci compagnia alcuni amici appassionati d’avventure, la fotografa Ilaria Cariello e il video maker Giacomo Biancalani, pronti a documentare l’impresa. E in questa mia avventura c’è anche un ospite d’eccezione, il mio papà, che ha come obiettivo arrivare al Campo Base dell’Everest a quota 5300!
Il trekking ovviamente parte con forte entusiasmo, e il 25 marzo 2022 la prima tappa, la più facile, è già conquistata: Phakding, quota 2610m. "Primo villaggio, prima pasticceria" – rido – io che amo già la cucina locale!
Si riprende il cammino e anche il secondo giorno di trekking scorre tranquillo. 12 km di strada tra panorami mozzafiato e ponti sospesi sul fiume Dudh Koshi, compreso il rinomato Hillary Bridge, che deve il suo nome al famoso esploratore Sir Edmund Hillary, primo alpinista ad effettuare l’ascensione dell’Everest nel 1953 insieme a Tenzing Norgay. Al passaggio dei viandanti sui ponti sventolano le preghiere che li accompagnano in un’atmosfera di pace, scandita dal rumore dei loro passi e delle acque scroscianti del fiume.
Raggiungiamo così il villaggio di Namche Bazaar a 3440m, sede del parco nazionale di Sagarmatha. Questa è una tappa speciale, emozionante, non solo per il panorama che accompagna il cammino. Namche Bazaar è considerata la capitale degli Sherpa, e ospita il museo a loro dedicato, dove una visita è d’obbligo.
Si tratta del villaggio più grande della valle del Khumbu, in cui rimaniamo per due giorni per abituarci alla quota, ma anche per godere un po’ della "movida", tra i dolci della Bakery e il mitico Liquid Bar.
Namche Bazaar è il luogo giusto per acclimatarsi, ma anche per riposare. Per tutti, ma non per Luca e me; io infatti ho utilizzato la prima domenica nepalese per allenarmi. Insieme a Luca, saliamo poco sopra Namche e da qui, per la prima volta, si scorge la cima del grande Everest, proprio dietro l'icona principale del popolo sherpa, Tenzing Norgay, primo sherpa appunto a raggiungere la vetta insieme a Hillary. Una grande emozione. Vedere il villaggio di Namche dall’alto è uno spettacolo: le abitazioni sono letteralmente "abbracciate" dalle montagne Himalayane, un’immagine accogliente e al tempo stesso piena di forza.
Arriviamo poco sotto i 4000 metri di quota, qui decido di cambiare le protesi e indossare per la prima volta le lame da corsa, provando a correre per la prima volta a questa altitudine, una location particolare: una sorta d’aeroporto… l’esperimento va decisamente bene. Cosa avrò in mente? … questo era solo un piccolo test..
Per il quarto giorno di trekking lasciamo alle spalle Namche Bazaar con il nuovo obiettivo: Tengboche. Ma prima, una sosta al tempio buddista per una benedizione del viaggio.
Il tempo è clemente, seppur nuvoloso. Passeggiare tra le nebbie dell’Everest ha il suo fascino. La giornata termina così, con il meritato relax che permette di recuperare energie in vista del giorno dopo.
Il cammino prosegue, raggiungendo prima Tengboche e poi Dingboche, a 4410m. Il forte vento sferza sul viso, ma noi viandanti non ci lasciamo intimorire. Qui avvengono i primi incontri con lo Yak, il placido bue tibetano a pelo lungo.
I panorami diventano sempre più belli. Io e Luca saliamo ancora, raggiungendo la sommità del Nangkartsang, a 5083 m. La vista è davvero meravigliosa su queste montagne che ormai sembrano familiari. Un primo assaggio di salita, perché dal giorno dopo si comincia a fare sul serio.
Il 31 marzo 2022, infatti, raggiungiamo Lobuche, a 4930m. Si parte di buonora ed inizialmente il percorso si snoda tra gli alpeggi degli Yak. Dopo una breve pausa all’unico lodge affrontiamo una rampa e dopo circa 45 minuti di cammino arriviamo in un luogo sacro e suggestivo: il memoriale in onore degli alpinisti che hanno perso la vita sull’Everest o su altre montagne. Da questo punto il paesaggio cambia, essendo ormai a 5000m sulla morena del ghiacciaio dell’Everest. Il Campo Base è sempre più vicino. Mancano solo due giorni.
Il 1 aprile si arriva a Gorakshep, quota 5190m, ultimo villaggio prima del Campo Base. Il paesaggio si fa surreale, davanti a noi svettano le montagne tibetane. È qui che la mia pazza idea prende forma… voglio compiere un’impresa che ancora non avevo svelato a nessuno. Stabilire un record sul miglio di corsa più alto al mondo, correndo sulle sue lame a 5160m. L’obiettivo è completare il miglio entro i 10 minuti.
Mi ero allenato per mesi, mantenendo il segreto. Avevo molti spettatori nel mio tentativo di record: gli abitanti di Gorakshep, i bambini del posto dagli sguardi stupiti. Ma anche cavalli, yak e una moltitudine di cani..
Non è stato per nulla facile. Il terreno su cui ho corso era irregolare e disomogeneo. Ho fatto qualche giro di prova, poi sono partito. Quando, negli ultimi cento metri, ho guardato l’orologio mi sono reso conto che ce l’avrei fatta e sono scattato dando tutto quello che avevo in corpo. Alla fine, ho fermato il cronometro a 9 minuti e 48 secondi. Guinness World Record! Era già un po' che mi "frullava" nella mente… Dopo la grande emozione del pomeriggio e la serata rilassante, si riprende a camminare.
Il giorno dopo, finalmente, la tappa più importante di questo viaggio, Everest Base Camp. Per il mio staff e mio padre, significa raggiungere l’obiettivo, per me e Luca invece solamente uno dei tanti obiettivi che ci aspettano.
È un cammino lungo, che ci godiamo passo dopo passo. Lasciamo il villaggio di Gorakshep ma non puntiamo subito all’obiettivo. Prima c’è una piccola deviazione: la salita al Kala Patthar fino a 5580m per godere l’alba strepitosa sull’Hillary Step, la leggendaria parete rocciosa del Monte Everest.
Colazione abbondante e si riprende a camminare. All’ora di pranzo il Campo Base - quota 5364m – viene raggiunto, nei tempi previsti. Ad attenderci c’è la neve e un paesaggio strepitoso. Al Campo Base siamo da soli, almeno per ora. Il "villaggio" si popolerà nei giorni successivi, man mano che arriveranno gli altri alpinisti, gli sherpa e i vari team. Il gruppo si gode uno spettacolo assoluto per bellezza, imponenza, vastità. E silenzio.
Sono felice. Accanto a me, per una notte in tenda, c’è mio padre, che ha raggiunto l’obiettivo. Il giorno successivo però dobbiamo separarci, siccome gran parte del gruppo torna indietro.
I primi tre giorni al Campo Base scorrono veloci, in "relax", o quasi. Davanti alla nostra tenda svetta l’Ice Fall, con le sue piramidi di ghiaccio puro che raggiungono anche i 10-12 m. Armati di picozze e ramponi, ci alleniamo e ci divertiamo. La giornata tipo comincia con un paio d’ore di esercizi, poi il pranzo e il relax in tenda! Ci esercitiamo con le corde fisse, saliamo queste particolari conformazioni di ghiaccio. Ormai lo chiamo il mio "ice-park". Una sorta di "antipasto" dei giorni che arriveranno.
Poi comincia la fase 1 di acclimatamento vero e proprio. Torniamo a Lobuche, dai 5350m del Campo Base a 4900m. È da questo villaggio che parte la salita ai 6140m del Lobuche est, la montagna attrezzata per la prima fase di acclimatamento. Per me la seconda vetta nepalese da raggiungere in due tappe: dal paese si sale al campo avanzato, più su del campo base. Il giorno dopo si raggiunge la cima a 6119m. L’8 aprile saliamo in cima al Lobuche est.
Ora che siamo nuovamente tornati al EBC, continuano le nostra giornate, alternate da momenti di relax e perlustrazioni varie. La fase 2 di acclimatamento a breve avrà il via, e inizierà proprio con il primo attraversamento dell’icefall. Al momento tutto procede secondo i piani e il corpo reagisce bene alla quota. E ovviamente non vediamo l’ora di partire per questo nuovo obiettivo!
di Andrea Lanfri
Link: andrealanfri.com, IG Andrea Lanfri, FB Andrea Lanfri, Ferrino, La Sportiva
Classe 1986, nel 2015 in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica ha perso entrambe le gambe e sette dita delle mani. Ex membro della Nazionale Paralimpica Italiana di atletica, è vincitore di un argento mondiale a Londra nel 2017.