Addio ad Erminio Ferrari
Erminio Ferrari se n'è andato percorrendo la sua amata Valgrande. Di come sia successo si sa ancora poco. Si dice sia scivolato. Ma in questo momento non può interessarci di meno. L'unica cosa che viene in mente, l'unica che riesce a superare l'insopportabile sgomento, è che quando muore uno scrittore il mondo è più povero. Ed Erminio era davvero uno scrittore, un bravo scrittore oltre che un uomo gentile e buono. Ed era anche un grande amante e conoscitore della montagna, quella che va anche oltre l'alpinismo. Quella che si respira tra i boschi e che ha radici profonde. Quella che ti porti dentro fin da piccolo e che per sempre ti accompagnerà.
Erminio era nato a Cannobio (Vb) 61 anni fa. Per il quotidiano svizzero la Regione Ticino si occupava di politica estera. A scrivere di montagna e alpinismo, aveva cominciato presto collaborando con la Rivista della Montagna e poi per Alp, diventando uno dei giornalisti più accreditati e competenti.
Ha scritto e curato anche molti libri. Tra questi da citare In Valgranda (1996). La stessa valle a cui ha dedicato anche un volume fotografico. E la stessa che ha attraversato nell'ultimo giorno della sua vita. Da ricordare anche il saggio "Contrabbandieri". Il racconto "Mi ricordo la Rossa". I romanzi "Scomparso", "Passavano di là" e "Fransé". Inoltre, ha curato "Una valanga sulla est. 1881 la «catastrofe Marinelli» al Monte Rosa" insieme ad Alberto Paleari, con cui ha pubblicato anche "Tracce bianche", "I 3900 delle Alpi" e "Ossola quota 3000".
Non so dirlo meglio, ma aveva un animo nobile Erminio. Era una uomo estremamente sensibile, profondamente umano. Sapeva percepire il dolore e sapeva riconoscere la gioia. Forse per questo si è sempre interessato agli ultimi, quelli di cui spesso ci si dimentica l'esistenza. E forse, anche per questo, era un volontario del Soccorso alpino della Valdossola.
A me era piaciuto molto un suo piccolo libro uscito proprio quest'anno. Valzer per un amico, s'intitola. Avrei voluto scrivere questo addio con la stessa lievità e amore che mi aveva catturato in quelle pagine. Ma come hai scritto tu: "Un valzer è un valzer, non serve dire altro". E questo è un addio. Ciao Erminio, ci mancherai.
di Vinicio Stefanello