Il nuovo Rifugio Maria e Alberto ai Brentei nelle Dolomiti di Brenta, Fé pian per piazér

Dopo oltre due anni di ristrutturazione, sabato 9 luglio è stato inaugurato il nuovo Rifugio Maria e Alberto ai Brentei nel cuore delle Dolomiti di Brenta. Umberto Isman, che si è occupato di documentare i lavori per un libro che uscirà prossimamente, racconta in questa prima 'pillola' un po' la storia del rifugio gestito per anni da Bruno Detassis, e adesso dalla famiglia Leonardi.
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Il Rifugio Maria e Alberto ai Brentei nelle Dolomiti di Brenta
Umberto Isman

Sul finire degli anni '40 una strana coppia si aggirava tra le cime del Brenta. Erano la guida alpina Bruno Detassis e il suo cliente e amico Gian Vittorio Fossati Bellani, giovane imprenditore nell'azienda tessile di famiglia, fondata a Monza dal nonno Felice nel 1874.

I due, mentre esploravano le crode ripetendo vie e aprendone di nuove, si imbatterono in una piccola baracca in posizione strategica per chiunque volesse addentrarsi tra quelle cime. Fu così che ne rintracciarono i proprietari, le famiglie ragolesi Bolza e Castellani, e nel 1948 Gian Vittorio l'acquistò. La baracca fu ristrutturata e ampliata e divenne un vero e proprio rifugio, intitolato ai genitori di Gian Vittorio: rifugio Maria e Alberto ai Brentei. Lo scopo di Fossati Bellani era soprattutto quello di affidarlo all'amico Bruno, che aveva già gestito il rifugio XII Apostoli. La proprietà non gli importava, tant'è che lo cedette alla sezione del CAI della sua città, Monza. L'inaugurazione ufficiale avvenne il 4 settembre 1949.

Il compito di Bruno Detassis fu prima di tutto quello di provvedere alla tracciatura del sentiero fino al rifugio e di risolvere il problema dell'approvvigionamento idrico. In soli 20 giorni, con il lavoro di Celestino Donini e Livio Paoli, si tracciò il sentiero nella roccia e si scavò la necessaria galleria. L'opera fu quindi intitolata ad Arnaldo Bogani, già presidente del CAI Monza.

Cominciarono così i rifornimenti al rifugio, per tanti anni con i muli della famiglia Ferrari di Madonna di Campiglio. Per la raccolta idrica si costruirono invece tre vasche comunicanti sotto i contrafforti delle Punte di Campiglio, che vennero unite alla poca acqua che si riusciva a captare dalla lingua glaciale del Canalone Neri.

Ultima cosa che restava da fare, il collegamento telefonico, soprattutto per i soccorsi in caso di incidente. Fu lo stesso Bruno che stese un cavo di 11 km collegandolo direttamente a casa sua. Ogni autunno e ogni primavera il cavo veniva avvolto e svolto su una grossa bobina portata a spalle per tutto il percorso.

Da allora il Brentei è stato interessato da numerosi lavori di ampliamento e ammodernamento. Nel 1956/57 fu costruito da Celestino Donini insieme ai figli l'altare coperto con piccolo campanile dedicato ai caduti della montagna. La teleferica per i rifornimenti fu realizzata nel 1971, mentre Bruno costruì il bivacco invernale, secondo un ingegnoso sistema che permetteva di entrare anche con la neve alta. Infine diverse concessioni edilizie permisero di ampliare l'ingresso e costruire i servizi igienici esterni al rifugio.

Il resto è storia recente, fino all'ultimo importante lavoro di ristrutturazione e ampliamento. Qualcuno ha detto "Si faceva prima a farlo nuovo", ma lo scopo non era questo. Si è voluto invece mantenere la storia e l'atmosfera del vecchio Brentei, coniugandole con esigenze e architetture più moderne, in sintonia con ciò che Bruno Detassis aveva scritto sulle scale del rifugio: "Fé pian per piazér".

di Umberto Isman

(Un ringraziamento a Claudia Fossati Bellani e alla memoria di Giuseppe Leonardi per le informazioni storiche)

Info: www.rifugiobrentei.it, FB Umberto Isman




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