La Via delle Normali nelle Dolomiti di Brenta, 6 tappe di trekking e arrampicata da sud a nord

La Via delle Normali delle Dolomiti di Brenta, un percorso misto di arrampicata e trekking lungo 45 km. Sei imperdibili tappe da sud a nord, con pernottamenti in rifugio. In questo primo articolo la scoperta di Cima Ambiez, Cima Tosa & Crozzon di Brenta, Campanil Alto & Torre di Brenta. Testi e foto della Guida Alpina Alessandro Beber, in collaborazione con Visit Trentino.
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Sulla Via delle Normali nelle Dolomiti di Brenta, un percorso misto di arrampicata e trekking lungo 45 km. Sei imperdibili tappe da sud a nord, con pernottamenti in rifugio.
Daniele Lira / Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A.

Il gruppo di Brenta è una fortezza sospesa a mezz’aria, isolata, possente e misteriosa. Il suo profilo di torri e guglie sottili si scorge da lontano, e le sue rocce infuocate nella luce dell’alba si possono ammirare da buona parte del Trentino orientale. Nel mare pietrificato delle Dolomiti, è un’isola dispersa sulla linea dell’orizzonte. Le valli che lo circondano su ogni lato non concedono un facile accesso alle cime, e la struttura aspra e complessa del massiccio mal si presta alle traversate in quota.

Nonostante questo, negli anni ’30 del secolo scorso alcuni appassionati (tra tutti vanno menzionati Arturo Castelli e Giovanni Strobele) ebbero la visione di collegare le strette forcelle che costellano la zona centrale del Brenta, sfruttando un incredibile sistema di cenge naturali che corre grossomodo lungo il crinale spartiacque che divide il versante Est (che degrada verso Molveno) dal versante Ovest (che si affaccia su Madonna di Campiglio e sulla Val Rendena).

Questi lunghi "balconi" erano (e ancora sono) un vero miracolo geologico, e promettevano di dar vita ad un percorso altamente spettacolare, unico nel suo genere. Certo le cenge a volte si interrompevano, o presentavano dei tratti invalicabili, e allora non ci si fece troppi problemi a ricorrere ad esplosivo e demolitori ad aria compressa per forzare il passaggio. I tratti più esposti e difficili vennero inoltre attrezzati con funi metalliche e scale a pioli. Le valutazioni relative agli impatti ambientali erano ancora di là da venire.

I primi tratti di quella che diverrà la celebre Via delle Bocchette vennero inaugurati nel 1937, ma i lavori proseguirono ben oltre il secondo dopoguerra. Probabilmente all’inizio non vi era la piena consapevolezza della lunga traversata che sarebbe sorta, ma sta di fatto che nel 1972 - con il completamento del tratto dedicato ad Alfredo Benini - prese vita un sentiero attrezzato da percorrere in più giorni, a tappe, che rimanendo sempre ben oltre i 2000m di quota collegava 5 rifugi alpini e permetteva di attraversare il cuore del gruppo di Brenta lungo l’asse Nord-Sud.

Mostrando grande lungimiranza e un’etica radicata, chi concepì il progetto pose la clausola che questo tracciato non avrebbe mai dovuto toccare le cime, che dovevano rimanere appannaggio esclusivo degli alpinisti, ovvero di quelli che fossero stati in grado di raggiungerle con le proprie forze, senza l’aiuto di cavi e scalette.

A quasi un secolo di distanza, prendendo spunto proprio dalla Via delle Bocchette, in seno al Collegio delle Guide Alpine del Trentino è nata l’idea di provare a dare nuovo lustro alle vie dei pionieri, quelle vie "normali" ormai fuori moda e spesso cadute nel dimenticatoio, salvo i casi dove queste costituiscono gli itinerari di rientro da vie d’arrampicata di carattere più moderno. La domanda di partenza è stata questa: perché le vie normali godono di scarsa frequentazione? Nella maggior parte dei casi, si tratta di itinerari affascinanti e di ampio respiro, che scovano la via di salita più logica e meno difficile di cime apparentemente inaccessibili.

Tra le possibili risposte, è emerso l’aspetto relativo allo stato di sicurezza di queste vie, dove la chiodatura era praticamente assente e si confidava esclusivamente sulle capacità individuali. Arrampicare sul 2° e 3° grado, sopratutto in discesa, non è una cosa propriamente scontata, e da slegati - o senza possibilità di ancorare la corda da qualche parte - diventa un gioco molto pericoloso.

Dopo un lungo confronto tra le parti (professionisti, appassionati, gestori dei rifugi, soccorso alpino, etc.) si è deciso di provare a realizzare una sorta di "restauro conservativo", andando ad aggiungere degli ancoraggi resinati in acciaio Inox sui punti più difficili ed esposti, cercando allo stesso tempo di non snaturare i tracciati originali. Niente ferrate quindi, niente corde fisse o ancoraggi ravvicinati seriali, ma pochi punti essenziali per garantire la progressione di una cordata con un minimo standard di sicurezza, e una serie di soste di calata per agevolare le discese. Un’iniziativa che vuole stimolare la riscoperta dell’alpinismo classico per eccellenza, dove sulle difficoltà tecniche prevalgono lo spirito di esplorazione e l’interesse per gli aspetti storico-culturali che contraddistinguono la scalata.

Questi interventi hanno così permesso di collegare in una grandiosa cavalcata le cime principali del gruppo di Brenta, dove si possono andare a toccare con mano le gesta dei pionieri di fine ‘800, da Migotti, a Compton, a Nicolussi. L’arrampicata facile ma mai scontata, la roccia di buona qualità, il susseguirsi di panorami mozzafiato e scorci sempre diversi, rendono l’itinerario entusiasmante e consigliato!

Dormendo nei vari rifugi, è possibile suddividere il percorso in 6 tappe, da Sud a Nord.

Il requisito necessario rimane quello di padroneggiare le manovre di corda, dalla progressione in conserva "a corda corta" alle tecniche di calata a corda doppia, ma le difficoltà della scalata non superano mai il 3°grado superiore ( III+ o AD- nella scala tradizionale).

Naturalmente uno dei problemi principali da affrontare riguarda l’orientamento, quindi per chiudere il cerchio serviva un libro che descrivesse in maniera dettagliata gli itinerari. Grazie al coordinamento e all’impegno della Guida Alpina Gianni Canale, responsabile dell’intero progetto, nonché al supporto delle varie APT di zona e di Trentino Sviluppo, nell’estate del 2020 è stato dato alle stampe "La Via delle Normali", edito dalla casa editrice Idea Montagna con l’inclusione delle traduzioni in tedesco ed in inglese.

Questa sottile guida cartacea, pensata per essere portata appresso nello zaino, è un piccolo gioiello che sintetizza il gran lavoro di squadra a supporto dell’iniziativa: foto aeree con i tracciati delle ascensioni, profili altimetrici, relazioni descrittive e soprattutto i magnifici disegni di Elio Orlandi che impreziosiscono il volume e riescono nell’ardua impresa di decifrare chiaramente tracciati così lunghi e tortuosi.

Finora i riscontri pervenuti dagli alpinisti che hanno percorso, anche solo in parte, le tappe della Via delle Normali, sono stati molto positivi, e si uniscono a quelli di molti arrampicatori che rientrando da vie più moderne, hanno potuto sfruttare gli ancoraggi in loco per la discesa.

Il tempo dirà se questa tipologia di interventi riscuoterà successo e possa essere una formula da estendere o meno, ma di certo si tratta di un interessante "progetto pilota" che cerca di rivedere in chiave moderna l’alpinismo classico, ovvero con interventi di messa in sicurezza leggeri e non troppo impattanti, che mirano a portare le persone sulle montagne senza banalizzazioni eccessive.

di Alessandro Beber, Guida Alpina

SCHEDA: Tappa 1: Rifugio XII Apostoli o S.Agostini - Cima d'Ambiez - Rifugio Agostini

SCHEDA: Tappa 2: Rifugio Agostini - Cima Tosa & Crozzon di Brenta - Rifugio Pedrotti

SCHEDA: Tappa 3: Rifugio Pedrotti - Campanile Alto & Torre di Brenta - Rifugio Alimonta

DOLOMITI DI BRENTA
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Note: La Via delle Normali delle Dolomiti di Brenta
Un percorso misto di arrampicata e trekking lungo 45 km. Sei imperdibili tappe da sud a nord, con pernottamenti in rifugio. Cima Ambiez, Cima Tosa & Crozzon di Brenta, Campanil Alto & Torre di Brenta, Cima Brenta, Cima Falkner & Cima Grostè, Cima Pietra Grande e Cima Vagliana.

Difficoltà alpinistiche
Il requisito necessario rimane quello di padroneggiare le manovre di corda, dalla progressione in conserva "a corda corta" alle tecniche di calata a corda doppia, ma le difficoltà della scalata non superano mai il 3°grado superiore ( III+ o AD- nella scala tradizionale).



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