Sara Segantin: camminare insieme, su strade diverse, ma verso un unico obiettivo

Intervista alla scrittrice e attivista per il clima Sara Segantin, ospite due settimane fa della 71ª edizione del Trento Film Festival.
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La scrittrice e attivista per il clima Sara Segantin al Trento Film Festival 2023
Michele Purin

Sara Segantin, classe 1998, due settimane fa alla 71ª edizione del Trento Film Festival ha presentato il suo nuovo libro Il cane d’oro (2023), uscito all’inizio di aprile per Rizzoli.

Viene dalla Val di Fiemme in Trentino ed è oggi una voce importante, in Italia, contro il cambiamento climatico e nella lotta a favore dei diritti umani. Cresciuta sulle Dolomiti ama scalare, esplorare e scrivere, ma non solo: "Parlo… e ascolto, soprattutto" dice. E questo suo ascoltare è ciò che risulta evidente dal suo impegno sociale e ambientale.

Fondatrice, tra le altre cose, del movimento "Fridays for Future" in Italia, lavora anche come inviata per il programma televisivo Geo&Geo (RaiTre) per approfondimenti sulla giustizia climatica. Tra i suoi romanzi che trattano di ambiente, biodiversità e giustizia climatica, ricordiamo anche Non siamo eroi (2021) edito da Fabbri Editori.

Al Festival hai presentato il tuo nuovo libro. Ci piacerebbe conoscere come hai trattato i temi, molto attuali, riguardanti il rapporto tra natura, uomo e animali.
Con il mio nuovo libro Il cane d'oro, appena uscito per Rizzoli, seguo le impronte dello sciacallo dorato fra i boschi. Cerco di svelare le dinamiche che stanno dietro il nostro rapporto con il selvatico mettendo sul campo tutte le prospettive possibili, da quella degli ambientalisti a quella dei cacciatori, dei ricercatori, dei giornalisti, degli allevatori, fino a quelle delle persone comuni, per cercare di costruire un coro costruttivo che ci riporti a un nuovo concetto di convivenza che parli di armonia, di sinergia e di conoscenza.

Cerco di trattare questi temi, senza idealizzare quello che è selvatico e senza demonizzarlo. È una voce altra, una voce diversa. Una parte di questo spartito più grande in cui noi siamo gli ultimi arrivati. Credo che conoscerlo da vicino nel profondo ci aiuti senz'altro a costruire retoriche nuove.

L'ambiente è sicuramente un tema molto attuale, delicato, trattato in modi diversi. Possono esistere quindi modi più coinvolgenti di altri. Quali sono secondo te le tecniche di narrazione più utili a incuriosire i giovani, cercando di coinvolgerli, ma anche di trasmettere loro dei valori ed un messaggio?
Quando parliamo di ambiente e biodiversità le tecniche di narrazione sono molteplici. Per quel che mi riguarda mi piace l'avventura, l'entusiasmo, la voglia di scoprire, la curiosità e anche l'amore, l'amicizia. Quando parliamo di questi argomenti, gli strumenti scientifici e tecnologici li abbiamo. Ma quello che fa davvero la differenza è la nostra volontà, che ha sede profonda nella soggettività di ciascuno di noi.

"Raccontare" vuol dire raccontare storie che parlino del nostro presente e che costruiscano passi di futuro. Mettere a confronto non solo prospettive ma anche le ipocrisie e le contraddizioni, attraverso i passi e le avventure rocambolesche delle persone di oggi. Un confronto continuo, senza giudizio… come parte di un viaggio insieme. Questo almeno è il mio modo di raccontare.

Potresti raccontarci il tuo rapporto e il tuo coinvolgimento con l'ambiente? Ti sentiresti di dare un messaggio positivo, utile ad indicare una direzione alle persone e a innescare qualcosa in loro.
Il mio rapporto con le montagne e con la natura nasce dalle storie. Mi sono sempre piaciute, ne ho lette talmente tante da non poter non diventarne un poco io protagonista, iniziando a viverle. Ho girato il mondo, ma prima di tutto le nostre Alpi. Senz'altro le ho viste cambiare. E questo mi fa soffrire…

Quello che mi dà coraggio è che siamo in tanti ad amare la montagna. Siamo una comunità davvero numerosa e potente che può fare, e sta già facendo, una grande differenza. Il messaggio è quello allora di continuare a camminare insieme con le montagne, anche su strade diverse, ma con un obiettivo comune e condiviso. Andare in montagna, ognuno a modo suo, in maniera diversa. L'esperienza della montagna è di tutti. La montagna non appartiene a nessuno e ognuno la può vivere. Quindi sta a ciascuno di noi scegliere come, e questo è meraviglioso.

Quest’anno sei stata ospite al Festival anche in veste di autrice. Hai qualche suggerimento per migliorare le prossime edizioni del Trento Film Festival?
Questa è una domanda difficilissima. Il lavoro fatto è già davvero bello, appassionante ed entusiasmante. Senz'altro serve ancora più una prospettiva femminile che continua a mancare sia nei numeri che nelle forme. Questa congiunzione è ormai imprescindibile, quella tra alpinismo, montagna e giustizia climatica ma anche tra diritti umani, parità di genere e diritti dell'infanzia. Non possiamo più farne a meno. Non possiamo più non parlarne perché questa è la nuova realtà. Dal Trento Film Festival mi aspetto un confronto con il selvatico, con i popoli e anche fra i generi. Di parlare della montagna così com’è oggi e della montagna che sarà.

Cosa vorresti diventasse il Trento Film Festival? Per le persone che lo vivono, ma anche per quelle che lo vivranno nelle prossime edizioni.
Vorrei che questo momento di incontro sia di buon auspicio a un cambiamento di narrativa. Nelle parole, nella retorica mediatica, nelle azioni. In un mondo sempre più ingiusto, diviso, dominato a conti fatti dalla retorica della guerra. Che cambiassimo veramente le regole del gioco, i paradigmi di pensiero e di racconto a favore di una comunicazione interpersonale, nazionale, internazionale, che sia quello che in fondo è la montagna. Siamo compagni di cordata e non importa chi ci ha portati in questa situazione, quel che importa è trovare la soluzione migliore per uscirne insieme.

Intervista di Gabriele Marrosu, Jacopo Secchi e Martino Barbiero (Agenzia di Stampa Giovanile)

Info www.trentofestival.it




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