Nuova via sul Monte Sarmiento Cima Est: la seconda dopo la storica prima di Mauri e Maffei del 1956

Intervista all'alpinista cileno Camilo Rada dopo la prima salita, effettuata con l'argentina Natalia Martinez, di una nuova via sulla parete nord del Monte Sarmiento in Patagonia. Suerte de Sarmiento è soltanto la seconda salita della Cima Est dopo la prima salita effettuata nel 1956 da Clemente Maffei e Carlo Mauri.
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Insignificanti sulla parete nord del Monte Sarmiento, Natalia Martinez e Camilo Rada salgono lentamente verso la cima Est
Inés Duissallant / CORDARWIN.13
Il Monte Sarmiento non appare spesso nelle notizie alpinistiche. Sarà per questo che è una delle montagne mitiche della Patagonia, e non solo? Oltre a trovarsi in una posizione del tutto remota e inospitale - all'estremo ovest del Cordillera Darwin nella Terra del Fueco della Patagonia cilena - la sua storia alpinistica è avvolta in un velo di fascino e mistero quanto la montagna stessa dalle nuvole. Dopo un lungo "corteggiamento" questa splendida montagna fu salita per la prima volta il 7 marzo 1956 da due dei più forti alpinisti italiani dell'epoca, il trentino Clemente Maffei e il lecchese Carlo Mauri, nel corso di una spedizione organizzata da un altro storico esploratore patagonico, Padre Alberto Maria de Agostini. Quella di Mauri e Maffei sulla Cima Est del Monte Sarmiento fu una salita straordinaria, un momento unico, e irripetibile. Tanto che su quella vetta Est fino allo scorso agosto nessuno ha messo più piede. Nonostante molti fortissimi alpinisti ci abbiano provato, gli altri (pochi) successi sono arrivati esclusivamente sulla vicina vetta Ovest del Sarmiento. Si inizia ovviamente con la prima salita della cima Ovest effettuata dai Ragni di Lecco che, il 24 dicembre 1986, hanno portato in vetta Salvatore Panzeri, Lorenzo Mazzoleni, Bruno Pennati, Pinuccio Castelnuovo e Gianmaria Confalonieri. Seguiti poi, sempre in vetta alla Ovest, da John Roskelley, Tim Macartney-Snape e Stephen Venables nel 1995, e da Ralf Gantzhorn, Jörn Heller e Robert Jasper nel 2010. Ma, appunto, sulla cima Est, quella più alta per intenderci, nessuno aveva mai più messo piede fino allo scorso 24 agosto 2013 quando, in pieno inverno patagonico, i due alpinisti Natalia Martinez e Camilo Rada hanno aperto una bellissima linea diretta sulla parete nord. Per loro - e non solo per loro - il Monte Sarmiento è una montagna leggendaria. Il perché ce lo spiega direttamente Camilo.

Camilo, ci spieghi perché il Monte Sarmiento è una montagna così magica e leggendaria?
Wow, questa domanda potrebbe facilmente essere l'inizio di un nuovo libro! Ma cercherò di essere breve... Il Monte Sarmiento è entrato nei libri di storia per la prima volta nell'estate del 1579-80, quando Pedro Sarmiento de Gamboa è stato inviato ad inseguire il pirata Sir Francis Drake nello Stretto di Magellano. Prima di questo momento il Monte Sarmiento era probabilmente l'icona degli indigeni Yaghan e Selk'nam, ma purtroppo tutta questa storia è stata persa quando questo popolo è stato massacrato. Sarmiento de Gamboa è rimasto molto colpito da questa montagna e le ha dato il nome di "Vulcano Nevado". Per più di un secolo le mappe hanno mostrato un vulcano che domina l'isola misteriosa ed inesplorata della Terra del Fuoco, a volte corredata da disegni di indiani giganti, spesso circondata da mostri marini.

Una terra magica e misteriosa...
Sì, poi le esplorazioni dell'ammiragliato britannico, tra il 1826 e il 1836, hanno portato alla luce la reale topografia della Terra del Fuoco, grazie in particolare ad esploratori e scienziati come Robert Fitz Roy, Charles Darwin e Phillipe Parker King. Fu proprio King che si rese conto che il "Vulcano Nevado" non era affatto un vulcano e ha deciso di rinominarlo Monte Sarmiento, in onore di chi l'aveva scoperto. Grazie alle nuove mappe e alla tecnologia già ben sviluppata dei motori a vapore, per lo Stretto di Magellano iniziò un'epoca d'oro ma, mentre migliaia di viaggiatori sapevano dell'esistenza di questa misteriosa montagna, lei restava sempre nascosta tra le nuvole e soltanto i più fortunati riuscivano a scorgerla. Tutti sono rimasti stupiti dalle dimensioni del Monte Sarmiento che si erge per 2200m direttamente dal mare: anche per gli standard moderni, non è facile trovare una parete simile! Così il Sarmiento è diventato una sentinella onnipresente, menzionata in tutti i racconti che parlano dell'esplorazione di queste terre remote. In più, è anche conosciuta come un eccellente “oracolo del tempo” naturale: anche oggi ogni pescatore a Magallanes sa che se si vede il Monte Sarmiento, allora è in arrivo una tempesta. Jules Verne, nel suo romanzo "Ventimila leghe sotto i mari" pubblicato nel 1870, menziona questa caratteristica quando il sottomarino Nautilus, navigando nei pressi di Capo Horn, sale in superficie e ha una visione chiara del Monte Sarmiento in lontananza...

Ad un certo punto però è arrivato il momento dei primi tentativi alpinistici
Il primo a tentarla è stato Domenico Lovisato nel 1882, ma la prima vera spedizione che aveva come obiettivo la scalata del Monte Sarmiento è stata organizzata da Sir Martin Conway che nel 1898 era andato in Sud America appositamente per scalare l'Aconcagua e il Monte Sarmiento. Questo vi dà un'idea dell'importanza di questa montagna in quel momento. Sebbene Conway abbia fallito, ha scoperto la migliore via d'accesso alla montagna, la stessa seguita da molti alpinisti negli anni successivi, noi compresi.
Potete trovare molte citazioni di viaggiatori ed esploratori che sono rimasti profondamente colpiti dal Monte Sarmiento ma fu il sacerdote ed esploratore italiano Alberto Maria De Agostini che se ne innamorò più di ogni altro. Dopo tre tentativi tra il 1913 e il 1914, a volte rimanendo fino a due mesi sulla montagna, ha trascorso la sua vita a sognare "La Sfinge di ghiaccio". Tanto che all'età di 73 organizzò una grande spedizione multidisciplinare, il cui obiettivo principale era di scalare il Monte Sarmiento. Per questo reclutò alcuni dei migliori alpinisti italiani del momento (era l'anno 1956 ndr) tra cui Carlo Mauri, Clemente Maffei, Luis Carrel, Luigi Barmasse, Camillo Pellissier ed altri. In totale hanno trascorso 57 giorni sulla montagna e dopo aver fallito un paio di volte sulla parete nord, proprio all'ultimo momento Mauri e Maffei hanno effettuato un veloce tentativo lungo la cresta sud, raggiungendo la vetta dopo una salita epica, avvolti fra le nuvole e martoriati dai forti venti.

E da allora?
Più di 20 spedizioni hanno tentato la montagna, e mentre nessuno è riuscito a raggiungere la vetta principale, tre sono riusciti a salire sulla vetta più bassa, quella Occidentale. Il Sarmiento ha attratto gli alpinisti di ogni angolo del mondo, tra cui alcuni dei migliori in circolazione come Stephen Venables, Jim Wickwire, John Roskelly, Tim Macartney - Snape, Charlie Porter, José Carlos Tamayo, Iñaki San Vicente, César Pérez de Tudela, Robert Jasper, Jörn Heller, Ralf Grantzhorn, Romolo Nottaris e il mitico Erhard Loretan per citarne soltanto alcuni. Ogni spedizione ha contribuito a consolidare la reputazione di questa montagna, delle sue tempeste impetuose e delle sue verticali pareti di ghiaccio. Così ogni volta che abbiamo pensato a questa cima ci siamo sentiti come Davide contro Golia. Poi, quando siamo stati invitati alla spedizione CORDARWIN.13 per salire finalmente la montagna dei nostri sogni, ci siamo detti: Beh, dovremmo almeno provare, no?

Allora parlaci di questa spedizione. Come si è concretizzata?
Natalia e io facciamo spedizioni in Patagonia da molti anni, nel mio caso la mia prima spedizione risale al 1999 quando sono andato sulla Volcán Melimoyu. Alcuni anni fa abbiamo deciso di organizzare tutto il materiale raccolto per le nostre ricerche, cioè tutte le informazioni che abbiamo raccolto prima di una spedizione, sto parlando di immagini satellitari, della storia, delle vie e delle vette raggiunte dagli esploratori che ci hanno preceduti. Nell'organizzare tutto questo materiale abbiamo avviato un progetto chiamato Unchartered, inesplorato, con l'obiettivo di creare le mappe delle aree più remote e sconosciute della Patagonia indicandone la storia con l'aggiunta di tutti i nomi che gli esploratori hanno dato alle cime, le vie salite, da dove venivano questi esploratori ecc... Per farlo abbiamo contattato tutti gli esploratori che sono ancora vivi. E, naturalmente, l'idea dietro a tutto ciò era anche di andare a scalare le cime più belle di quelle zone.

Ecco che entra in gioco il Monte Sarmiento
Nel 2011 - 2012 abbiamo lavorato nel massiccio della Cordillera de Sarmiento, una catena montuosa posta circa 60 km a ovest di Puerto Natales, una zona completamente diversa quindi dal Monte Sarmiento, anche se i nomi sono praticamente uguali! A metà del 2012 abbiamo poi iniziato a lavorare nella Cordillera de Darwin, volevamo tentare alcune belle cime inviolate sulla punta orientale di questa catena, ma abbiamo ricevuto un invito da Gonzalo Campos per il Monte Sarmiento, visto che la sua azienda Xplorator stava organizzando la spedizione no-profit CORDARWIN. 13. Si tratta di un progetto multidisciplinare, con interessi artistici, scientifici, che si propone di effettuare esplorazioni, sia marine sia alpinistiche, in cui tutti condividono la stessa logistica. Noi siamo ovviamente stati invitati come team di alpinisti e l'obiettivo era di raggiungere la vetta principale del Monte Sarmiento.

Un bell'obiettivo
Si, l'avevamo sognato da molto tempo... quindi non ci abbiamo pensato troppo prima di accettare l'invito! Per noi il Sarmiento è una montagna mitica, magica e ricca di storia. Di lei avevamo letto tanto e mentre eravamo letteralmente incantati da questa cima, allo stesso tempo non eravamo sicuri di essere all'altezza della sfida. Ma eravamo sicuramente più che felice di fare un tentativo!

Bene a questo punto ci presenti un po' meglio la tua cordata con Natalia...
Natalia ed io arrampichiamo assieme da circa 6 anni, abbiamo fatto diverse spedizioni in Nepal, nello Hielo continental in Patagonia, nella Cordillera de Sarmiento e nella Cordillera de Darwin. Il nostro desiderio di scoprire zone inesplorate ci ha spinti in zone segnate soprattutto da maltempo estremo, che è il motivo principale infatti per cui queste zone sono rimaste inesplorate fino ad ora. Grazie alla nostra esperienza abbiamo imparato ad affrontare le feroci tempeste della Patagonia, come montare i campi e come muoverci in quelle condizioni. Non direi che abbiamo imparato tutto, si può sempre imparare qualcosa di più, ma sicuramente ora ci sentiamo molto più a nostro agio quando ci imbattiamo in cattive condizioni meteo. Credo che la nostra forza sia la motivazione, la nostra voglia di arrivare ovunque; Natalia spinge sempre verso un obiettivo e come team rinunciamo difficilmente, a meno che non ci siano reali problemi di sicurezza. Un altro punto di forza è la nostre capacità di orientarci e salire, anche in caso di maltempo, e il fatto che non ci facciamo prendere dal panico in mezzo al forte vento o a tempeste. Ci sentiamo parte del gioco, una parte della sfida alpinistica, come parte integrale della montagna. Detto tutto ciò, il nostro punto debole è probabilmente la nostra velocità, direi che siamo una squadra piuttosto lenta...

Adesso è il momento di raccontare la vostra avventura sul Sarmiento...
E' stata una spedizione Patagonica estremamente anomala: siamo abituati ad avere troppo poco tempo per fare le vie, ma questa volta tutto è stato così veloce che è quasi difficile crederci! Abbiamo avuto 30 giorni per la spedizione, a partire dall' 11 agosto, ma già dall'inizio eravamo in ritardo per via del maltempo che ci ha bloccati a Punta Arenas per una settimana. Supportati da Inés Duissallant (che ci ha aiutati a portare il materiale fino al campo alto, ha fatto foto e ha gestito il campo base) abbiamo finalmente raggiunto il campo base il 19 agosto e abbiamo subito capito che dovevamo fare le corse perché le previsioni indicavano una finestra di bel tempo per il 23. Abbiamo portato su del materiale il 20 agosto, con vento forte e scarsissima visibilità, e il 21 siamo ripartiti per stabilire il nostro campo base avanzato ma una forte burrasca ci ha bloccato a 870m. Raffiche di vento ad oltre 120 km/h ci hanno costretti a scavare una piccola grotta di neve dove abbiamo trascorso la notte. Questo ha complicato un po' il nostro programma, ma ci è anche sembrato che la finestra di bel tempo ritardasse ad arrivare. Il giorno successivo (il 22), siamo saliti al campo base avanzato, a 1216m, con visibilità molto limitata e abbiamo impiegato diverse ore a montare un campo decente.

Dove poi avete trascorso la notte?
Sì, e il giorno dopo, il 23, il tempo era perfetto, cielo azzurro e senza vento, un sogno! Per motivi di sicurezza portiamo sempre, la prima volta che saliamo verso l'alto, soltanto l'assoluto necessario per la sopravvivenza (cibo, carburante, ecc), il che significava che tutto il materiale per scalare era giù in basso. Anche se volevamo disperatamente salire e sfruttare il bel tempo, siamo dovuti scendere per recuperare il materiale per la salita.

Sicuramente non un momento divertente
Però siamo stati veloci. E poi siamo andati a letto presto per iniziare il nostro tentativo per la cima alle 3 del mattino del 24 agosto. Volevamo raggiungere la terminale all'alba e così è stato. Questa inizia a circa 1800m di quota, lasciandoci con circa altri 400 metri di salita. Il punto chiave di tutta la via è stato qui, una sezione di 5 metri di ghiaccio strapiombante. Dopo aver fallito con le piccozze, abbiamo cambiato tecnica e siamo saliti in artificiale, usando solo le viti da ghiaccio ed una pala.

Poi c'era il resto da fare
8 tiri di arrampicata sostenuta attorno a 65-75°, con alcuni brevi salti fino a 85-88°, su ghiaccio molto buono per le nostre piccozze, meno buono però per le protezioni: abbiamo perso molto tempo a piantare i chiodi da ghiaccio visto che dovevamo pulire ampie sezioni prima di trovare del ghiaccio sufficientemente solido per le viti.

A questo punto si era fatto tardi
La breve giornata invernale patagonica si è conclusa al 7° tiro e abbiamo fatto l'ultimo tratto della salita al buio. La chiave del successo è stato un canalone situato dietro un fungo di ghiaccio, complettamente nascosto. Abbiamo semplicemente intuito che fosse lì ed eravamo davvero contenti quando abbiamo scoperto che esisteva davvero! La via sarebbe stata bloccata in alto da ghiaccio difficile, invece questo canalone ci ha portati facilmente al fungo sommitale.

Parlaci allora della cima
Abbiamo raggiunto la cima alle 22:45. In realtà c'erano due funghi sommitali, entrambi facili da scalare e ovviamente abbiamo salito entrambi. Il GPS ci ha fornito una lettura di 2201m sulla cima occidentale e 2207m su quella orientale, che è da considerarsi la vera vetta del Monte Sarmiento, essendo 60 metri più in alto rispetto alla Cima Ovest. Mentre eravamo alla base del fungo sommitale è sorta la luna, arancione, sopra un orizzonte chiaro ma il resto del cielo era già coperto da nuvole - una visione surreale. Ci siamo subito calati usando dei picchetti da neve, Abalakov e chiodi da ghiaccio e abbiamo raggiunto la fine delle difficoltà all'alba. Siamo rientrati al campo base avanzato alle 10 del 25 agosto, con zero visibilità e guidati dal GPS.

Ci racconti un po' di queste condizioni estreme che si trovano in Patagonia
Come al solito in Patagonia - oltre alla difficoltà tecnica di una via - le maggiori difficoltà sono connesse al forte vento e alla “navigazione” in condizioni di scarsa visibilità. Poi le condizioni possono ovviamente cambiare molto rapidamente: durante il nostro avvicinamento abbiamo superato molta neve fresca e abbiamo utilizzato i nostri sci G3 praticamente dalla foresta fino alla terminale, mentre tre settimane prima un team diverso, appartenente alla stessa spedizione, è salito senza neve e ha raggiunto lo stesso punto del nostro Campo base Avanzato a piedi.

57 anni per una seconda salita... perché pensi ci sia voluto così tanto tempo?
Difficile da dire. Nella maggior parte dei casi il maltempo ha giocato un ruolo importante, ma alcune spedizioni avevano condizioni eccellenti e non sono riuscite a trovare la via o hanno abbandonato tutto a causa di problemi tra i membri che la componevano. Credo che grazie alla nostra esperienza in Patagonia abbiamo capito tempo fa che bisogna muoversi anche nelle peggiori condizioni, oppure sopportare una situazione difficile, per essere pronti a salire quando la finestra di bel tempo finalmente arriva. A volte non c'è niente da fare, bisogna salire anche con brutto tempo se necessario, come abbiamo fatto l'anno scorso nella Cordillera de Sarmiento quando in 25 giorni abbiamo avuto assenza di vento e cielo azzurro per soltanto 8 ore.

Quindi, ora che avete salito il Monte Sarmiento, che cosa ci potete dire della prima salita di Carlo Mauri e Clemente Maffei di 57 anni fa?
Non possiamo che provare ammirazione e profondo rispetto per Mauri e Maffei. Leggendo il racconto di Maffei della salita si può veramente sentire il grande impegno e l'intensità delle emozioni di quella salita. Hanno rischiato tutto per quella cima. La mancanza di strumentazione moderna per orientarsi ha reso la salita estremamente impegnativa, in più l'attrezzatura per affrontare il ghiaccio era molto meno avanzata rispetto ad oggi, rendendo il tutto molto più difficile. E' stata senza dubbio un'eccellente salita per quei tempo. Abbiamo gradato la nostra via D+, forse è MD, quindi nulla di straordinario al giorno d'oggi e penso che la loro via probabilmente affronti difficoltà simili, ma all'epoca la loro era una via eccezionale. Questa montagna cambia così tanto che non sapremo mai esattamente come fosse il terreno da loro salito, ma senza dubbio la loro è stata una salita straordinaria che sarà ricordata per sempre.

Toglici una curiosità, perché non siete saliti per la loro via?
Loro hanno tentato la parete nord come noi, perché sapevano che offriva il terreno più facile per raggiungere le pareti superiori. In realtà, da dove inizia la neve fino al ghiaccio a 1800m non abbiamo mai dovuto togliere i nostri sci. Uno dei motivi principali per cui hanno abbandonato quella linea erano le continue valanghe e il ghiaccio che cadeva dalla parete, così hanno scelto di provare lungo la parete sud perché questo avrebbe offerto condizioni migliori e più sicure visto che la sud per tutto l'anno non riceve quasi mai il sole. Abbiamo scelto la nostra linea pensando che fosse semplicemente la più bella linea nuova sulla montagna, una via diretta per la parete nord. La stavamo tentando in pieno inverno e ci aspettavamo condizioni migliori rispetto a quelle che Maffei e Mauri hanno incontrato nella tarda estate del 1956.

Avete fatto una nuova via, ma non avete salito una vetta inviolata e ci sono state altre spedizioni sulla vicina cima ovest. Quanto "esplorativa" era questa spedizione?
Amo l'esplorazione e spero di continuare ad esplorare nuove aree, ma questa non era una spedizione esplorativa, abbiamo seguito la via di accesso più comune per la montagna e soltanto gli ultimi 400m salivano terreno nuovo. Tuttavia questa è stata un'esperienza profonda e intensa che non dimenticherò mai, essere lì è stato un sogno. E alla fine abbiamo trovato la miglior via verso la cima, abbiamo tentato una parete che tutti avevano visto ma che nessuno pensava fosse fattibile. Se il Monte Sarmiento avrà mai una linea che si può definire come la "via normale" sono abbastanza sicuro che sarà la nostra "Suerte de Sameinto".

Allora come puoi riassumere quest'ultima esperienza?
Il meteo è stato il solito: tempeste, molto vento, abbondante nevicate e scarsa visibilità. Ma il 24 e 25 agosto ci hanno offerto una straordinaria finestra di bel tempo con poco vento e cielo azzurro... fortunatamente la lotta dei precedenti giorni contro il maltempo ci ha permesso di essere nella giusta posizione per sfruttare questa finestra. Ed effettuare una delle più incredibili salite che io abbia mai fatto!

Un grazie ai sponsor G3 e Outdoors Research

Links: www.unchart.org www.facebook.com/patagonia.uncharted

Note: CORDARWIN.13
Organizzato da: Gonzalo Campos di Xplorator

Capo spedizione:
Gonzalo Campos Santa María

Logistiche e supporto:
Sergio Mauricio Godoy, Francisco Canales

Team scientifico:
Alfredo Soto Ortega, Eñaut Izaguirre Estibaritz, Inti Gonzalez Ruiz, Jorge Arigony, Juan Carlos Aravena Donaire, Pamela Nicol Soto Rogel, Ricardo Jaña

Team documentario:
Amador Providell, Carolina Castro, Diego Pequeño

Team montagna:
Natalia Martinez, Ines Dussaillant, Camilo Rada Giacaman

Team kayak:
Cote Marchan, Rodrigo Bahamondez

Fotografo:
Guy Wenborne

Un grazie ai sponsor G3 e Outdoors Research

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