Monte Bianco Trittico del Frêney: intervista a François Cazzanelli e Francesco Ratti
A fine luglio le guide alpine François Cazzanelli e Francesco Ratti hanno ripetuto il famoso trittico del Freney, completato per la prima volta da un grande Renato Casarotto che nei primi 16 giorni del febbraio 1982 effettuò una delle solitarie invernali più importanti della storia dell’alpinismo. Seguendo nelle sue orme, questa volta in estate, Cazzanelli e Ratti sono partiti il 29 luglio e dal fondo della Val Veny, hanno salito la via Ratti-Vitali sull’ Aiguille Noire de Peutèrey, poi la via Gervasutti-Boccalatte al Picco Gugliermina e il Pilone Centrale del Frêney lungo la via di Chris Bonington, Ian Clough, Jan Duglosz e Don Whillans prima di raggiungere la cima del Monte Bianco. 46 ore dopo essere partiti sono rientrati al Combal. Ecco i dettagli.
Francesco, ci spieghi intanto un po’ vostro progetto?
Francesco Ratti: Volevamo ripetere il concatenamento di tre vie simbolo del Monte Bianco: la via Ratti-Vitali sulla parete ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey, la via Gervasutti-Boccalatte al Pic Gugliermin e la via Bonington al Pilone Centrale del Freney per poi uscire in cima al Monte Bianco. Questo concatenamento segue la linea naturale della cresta integrale di Peutery ed era stato inaugurato per la prima volta nel febbraio del 1982 da Renato Casarotto, in solitaria ed in inverno, davvero un’impresa straordinaria! Da allora questo concatenamento prese il nome di “trittico del Freney” o “Superintegrale di Peuterey”. Il nostro progetto era quello di ripetere questo itinerario nella stagione estiva, in continuità (in “one push” come si dice ai giorni nostri), partendo e rientrando in Val Veny.
Quando avete iniziato a pensarci seriamente? E quanto conoscevate già il percorso?
Francesco Ratti: Una delle prime salite che io e François abbiamo fatto insieme dopo esseri conosciuti è stata la cresta integrale di Peuterey. Da allora di salite insieme ne abbiamo fatte tante e siamo sicuramente molto migliorati come alpinisti e come cordata. Questo concatenamento ci sembrava l’evoluzione naturale del nostro andare in montagna insieme verso qualcosa di più tecnico e impegnativo che sicuramente ci avrebbe avvicinato ai nostri limiti. In realtà ci pensavamo da almeno un paio di anni ma altri progetti e spedizioni non ci avevano mai permesso di concentrarci veramente su una cosa così complessa che richiedeva una preparazione specifica e un certo impegno per essere affrontata nella maniera giusta. Quest’anno l’emergenza sanitaria ha mandato a monte la spedizione che avevamo in programma in primavera così abbiamo avuto il tempo di concentrarci sull’arrampicata in velocità e ci siamo detti che era l’anno giusto per provare questo progetto.
Quanto conoscevate già?
Francesco Ratti: Io in passato avevo già percorso una volta la via Boccalatte-Gervasutti al Pic Gugliermina e la via Bonington su Pilone Centrale del Freney, mentre François aveva già percorso la via Ratti-Vitali sull’Aiguille Noire de Peuterey, ma non fino in cima, all’epoca si era calato senza fare gli ultimi tiri a causa delle cattive condizioni della parete. Quest’anno siamo solo tornati una volta per una breve ricognizione sulla Ratti-Vitali per “rispolverare” i primi tiri che sicuramente avremmo dovuto percorrere al buio, per il resto ci siamo affidati alla nostra memoria.
Dubbi prima della partenza?
Francesco Ratti: La principale incognita prima della partenza era il meteo. Per noi in estate non è facile ritagliarci dei giorni liberi da dedicare ad un progetto così perché siamo anche molto impegnati con il nostro lavoro di Guide Alpine. Quest’anno eravamo riusciti a tenerci liberi in diversi periodi del mese di luglio ma ogni volta il meteo poco favorevole ci aveva stoppati alla partenza. Finalmente a fine luglio sembrava che avremmo avuto un paio di giorni di bel tempo proprio quando i nostri impegni ci avrebbero permesso di partire. Purtroppo però proprio alla vigilia della partenza le previsioni hanno cominciato ad annunciare possibili temporali la sera in cui saremmo dovuti arrivare in cima al Pic Gugliermina, questo ci preoccupava molto e siamo rimasti indecisi sul da farsi fino all’ultimo momento. Altre incognite legate al percorso erano sicuramente lo stato dei ghiacciai, in particolare speravamo che il caldo non avesse sciolto troppa neve sul ghiacciaio del Freney e che i crepacci e le terminali non fossero troppo complicati per poter raggiungere l’attacco delle vie sull’Aiguille Noire de Peuterey e sul Pic Gugliermina. Per quanto riguarda gli itinerari speravamo che la nostra memoria non ci giocasse brutti scherzi e poi ovviamente speravamo che il nostro istinto ci avrebbe aiutato in caso di dubbi!
Quindi siete partiti, sulla Ratti-Vitali
Francesco Ratti: La Ratti-Vitali è una bellissima via classica che percorre gli 800 metri della parete Ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey nella sua integralità. Questa via è già di per se un banco di prova per tanti alpinisti per l’ambiente, la ricerca dell’itinerario e la lunghezza (nel complesso sono 22 tiri di corda). Le difficoltà sono continue sul quinto-sesto grado con un tiro decisamente più impegnativo che si riesce facilmente a superare facendo un po’ di artificiale. Noi siamo arrivati all’attacco della via alle prime luci dopo essere partiti all’una di notte dalla Val Veny ed essere passati dal nostro amico Mauro Opezzo al Rifugio Monzino per una veloce colazione. Abbiamo attaccato la via conviti e decisi e circa 4 ore dopo eravamo già in cima all’Aiguille Noire di Peuterey a farci un bel selfie insieme alla Madonnina di vetta. Su questa prima via siamo stati efficaci e veloci, abbiamo solo perso un po’ di tempo nella ricerca dei tiri sotto la vetta che non avevamo mai percorso.
Poi c’è stato Picco Gugliermina con il temporale…..
Francesco Ratti: Dopo la lunga discesa in doppia siamo arrivati all’attacco del Pic Gugliermia a inizio pomeriggio e lì abbiamo titubato un po’ per la paura di prenderci un temporale in piena parete. Dagli aggiornamenti meteo che avevamo ricevuto non si capiva infatti se il temporale sarebbe arrivato o meno e comunque non si capiva a che ora sarebbe potuto arrivare. Qui abbiamo deciso ancora una volta di fidarci del nostro istinto, al momento il meteo sembrava ancora stabile e ci siamo convinti che avremmo avuto il tempo per percorrere la via prima dell’arrivo del temporale. La Boccalatte-Gervasutti sul Pic Gugliermina è più corta della Ratti-Vitali (è una via di 600mt) e sulla carta dalla difficoltà minori, ma in realtà i tiri gradati quinto grado sono tutti fisici ed impegnativi e la ricerca dell’itinerario non è così evidente. Per questo io penso che l’impegno di questa via sia nel complesso superiore alla Ratti-Vitali e il fatto di percorrerla con le temperature calde del pomeriggio combinate alla stanchezza accumulata dalla giornata hanno fatto sì che abbiamo davvero dovuto impegnarci molto per uscire dalla via il più rapidamente possibile. I nostri sforzi sono stati comunque ripagati e siamo arrivati in cima al Pic Gugliermina prima dell’arrivo della notte. Giusto il tempo per renderci conto che l’orizzonte era tutto nero e vedevamo un grosso temporale che stava velocemente avanzando verso di noi. Fortunatamente abbiamo trovato sotto la cima un grosso masso che ci ha permesso di rifugiarci sotto di lui e di rimanere all’asciutto mentre sopra di noi si scatenava i temporale con tuoni, fulmini e una bella grandinata!
Non il massimo! Ma se non fosse stato per il temporale, quale sarebbe stato il piano?
Francesco Ratti: Se non fosse stato per il temporale non ci saremmo fermati in cima al Pic Gugliermina, avremmo continuato fino alla calotta dell’Aiguille Blanche de Peuterey dove avremmo avuto un posto comodo per riposare qualche ora e della neve da sciogliere per bere, mangiare e reidratarci. In realtà siamo dovuti restare diverse ore “rintanati” nel nostro buco molto stretto e scomodo in cima al Pic Gugliermina senza poter né bere né mangiare nell’attesa che il temporale passasse e ci permettesse di ripartire. A causa del temporale siamo ripartiti dalla cima del Pic Gugliermina solo verso le due di notte e arrivati alla prima neve sull’Aiguille Blanche de Peuterey abbiamo dovuto comunque fermarci per sciogliere un po’ di neve per mangiare e bere, altrimenti non avremmo avuto le forze per continuare sul Pilone Centrale del Freney.
Appunto, Pilone Centrale del Freney. Goduria pura? O sofferenza a questo punto?
Francesco Ratti: Il granito perfetto del Pilone Centrale del Freney è talmente bello che in qualunque caso non può essere una sofferenza☺! Scherzi a parte siamo arrivati all’attacco del Pilone stanchi e provati dalla notte sotto il temporale. Però la bella giornata e il ritorno del sole ci ha motivato per continuare e alla fine ci siamo comunque goduti la scalata su questa perla di granito incastonata a più di 4000mt sotto la cima del Monta Bianco!
Quanto vi siete spinti allora?
François Cazzanelli: In questo progetto abbiamo, spinto molto! Non avevamo mai fatto un concatenamento con questo stile con difficoltà così elevate.
Stessa domanda con parole diverse: quanto avete dovuto dare, ma anche rischiare, per essere così veloce?
François Cazzanelli: Diciamo che abbiamo dato il 100% ma adesso il prossimo step è dare ancora di più. Come rischi non ci sono mai stati momenti troppo stressanti. Sicuramente meno di altri progetti, eravamo ben preparati e siamo riusciti a gestire con margine ogni difficoltà. In più ormai scalando da tanto assieme come al solito abbiamo sfruttato i nostri punti di forza per essere più concreti ed efficaci possibili.
Che stile di scalata avete adottato?
François Cazzanelli: Dove era possibile abbiamo fatto molta conserva protetta, ovvero scalavamo contemporaneamente con minimo 2/3 protezioni inserite e quando trovavamo una sosta buona inserivamo una micro traction di modo che se il secondo fosse scivolato non avrebbe strattonato il primo. Sulla Ratti siamo riusciti a inanellare anche 7 tiri consecutivi che corrispondo a circa 400/450 m di parete.
È passato più di un mese ormai dalla vostra salita. Cosa vi ha lasciato questo trittico?
François Cazzanelli: A caldo avrei detto molta stanchezza… anche perché il giorno seguente sia io che Francesco alle 8 eravamo di nuovo in montagna con i clienti! Diciamo che per me è ancora un po’ presto per metabolizzare, sicuramente è stato un grande passo in avanti che ci da molta carica per i prossimi progetti!
Adesso che l’avete fatto, che ne pensate di Renato e della storica solitaria?
François Cazzanelli: Renato era veramente un fuoriclasse. Dalla sua scomparsa forse uno o due alpinisti nella storia si sono avvicinati alle sue performance. Onestamente per come concepiscono io la montagna e l’alpinismo, per me è impossibile pensare di passare 15 giorni in inverno sulla sud del Bianco. Renato era un alpinista avanti con doti di resistenza fisica e mentali uniche. Le sue imprese ancora per molti anni ispireranno gli alpinisti moderni e ne segneranno il futuro! Impressionante!
Voi l’avete fatto in estate. Come sarebbe in inverno?
François Cazzanelli: In inverno sarebbe molto interessante, perché le condizioni cambiano totalmente. Però avendo già ripetuto questo concatenamento sarebbe bello farne uno diverso.
Potreste immaginarvi di farlo da solo?
François Cazzanelli: No, mi piace condividere queste esperienze con gli amici. Per me il legame che si crea in una cordata è una cosa unica a cui tengo molto soprattutto perché nel profondo sono e mi sento una Guida Alpina. In questo momento le solitarie non mi attirano, in futuro mai dire mai.
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