Jimmy Chin: l'avventura in uno scatto
Jimmy si è innamorato della montagna a dodici anni, durante una vacanza con la sua famiglia nel Glacier National Park. È diventato fotografo quasi per caso, quando una sua amica mostrò a un’azienda di abbigliamento per l’arrampicata e per l’outdoor un suo scatto di El Capitan. Le sue foto d’azione vengono pubblicate su testate come National Geographic, Adventure, Outside Magazine e altre. Il suo ultimo film, MERU, vincitore dell'Audience Award al Sundance Festival, ha aperto la quarantesima edizione del Banff Mountain Film Festival. Noi l'abbiamo incontrato proprio a Banff e abbiamo cercato di rubargli qualche segreto del mestiere…
Che cosa ha aggiunto alla tua vita di avventuriero la spedizione al Monte Meru?
Quella al Meru è stata senz'altro una delle spedizioni più difficili della mia carriera. Ho dovuto attingere a tutto quello che ho imparato negli ultimi vent'anni e metterlo in pratica su questa montagna; davvero tutto quello che ho imparato, sia dal punto di vista fisico che mentale. Questa salita ha reso più forte in me l’idea che affrontare le sfide un passo alla volta e credere nell'impossibile sono elementi fondamentali del successo.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontri quando hai una storia molto forte da raccontare e devi tradurla nella trama di un film, come è stato per Meru?
C’erano molti temi diversi che volevo condividere nel film. La sfida più grande era quella di fare un film che li legasse tutti, mantenendo al tempo stesso una narrazione chiara, che progredisse sempre in maniera fluida.
Quali sono secondo te gli elementi per uno storytelling di successo?
Una storia chiara, un buon ritmo, e l’utilizzo di una struttura che aiuti la progressione della narrazione, stando sempre attenti a quando rivelare qualcosa della storia e in che misura.
Rick Ridgeway è stato un maestro importante per te: qual è stato il suo insegnamento più significativo?
All'inizio della mia carriera una volta mi disse “Impegnati e agisci.” Ho sempre cercato di mettere in pratica queste parole. Nessuno cercherà mai di realizzare i tuoi sogni al posto tuo, quindi bisogna darsi da fare!
Fotografia e social media: che cosa pensi dell’era della condivisione, dei selfie e dei filtri?
Credo che i social media rappresentino un grande strumento per condividere il proprio lavoro. Hanno reso democratico il business della fotografia in molti modi, che hanno spinto i professionisti a fare sempre meglio. È stato sconvolgente per certi versi, ma credo che ci si debba adattare ai tempi, altrimenti il rischio è di fossilizzarsi e morire.
Sei famoso per il tuo forte senso della composizione: daresti tre consigli per scattare una buona foto?
Prima di tutto la regola dei terzi. Cercare l’equilibrio di un’immagine è sempre un buon punto di partenza. Capire qual è il soggetto della foto e dove posizionarlo può essere decisivo per rendere un’immagine più statica o più dinamica. Guardate i lavori dei fotografi che più amate e chiedetevi perché amate le loro immagini. Vi aiuterà a pensare a criteri specifici per creare le vostre.
1 novembre 2015, Banff, Alberta Canada, intervista di Alessandra Raggio, www.banff.it
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