La grande salita del K2 di Tommaso Lamantia
Il 28 luglio 2024, esattamente un mese fa, Tommaso Lamantia è salito in vetta al K2 (8611m). Il 42enne alpinista varesino faceva parte della spedizione del CAI Biella e ha raggiunto la cima senza ossigeno supplementare e senza l'aiuto di portatori di alta quota, dopo essere salito fino al Collo di Bottiglia insieme al compagno di cordata Matteo Sella. La vetta è arrivata quasi allo scoccare del 70° anniversario dalla prima salita, avvenuta il 31 luglio 1954, e per Lamatia si tratta del suo primo ottomila, salito nei modi più puri possibili.
Tommaso, complimenti! Il tuo primo ottomila. E che 8000!
Grazie mille, è stato impegnativo ma la soddisfazione è molta adesso. In passato non mi sono mai interessate le spedizioni sugli 8000, ho sempre preferito l’esplorazione, o spedizioni in luoghi molto meno affollati. Non avrei salito nessun altro 8000, chi mi conosce sa benissimo che se avessi dovuto provarci, lo avrei fatto solo con il K2. Ero già stato in Pakistan nel 2015 dove avevamo salito una cima di 5000 metri in prima assoluta. All’epoca avevo visto solo il Masherbrum, il K6 e K7, ed ero già rimasto affascinato dalle dimensioni delle montagne lì. Avevo visitato anche la zona dell’Everest e dell’Annapurna, e anche se le montagne sono molto belle, non mi avevano attratto come il K2.
Sei andato in Pakistan con la spedizione del Cai di Biella. Ci racconti un po' com'è nata questa spedizione?
Un giorno era ad una riunione del CAAI a Torino e veniva presentata proprio da Gianluca Cavalli la spedizione al K2. Il K2 mi ha sempre attratto molto, così mi sono proposto subito di far parte come fotografo e videomaker visto che ne erano alla ricerca. Il passo da fotografo a membro ufficiale è stato fatto praticamente subito, quando abbiamo capito chi ci avrebbe preso parte.
La spedizione era formata da 4 alpinisti ai quali si è aggiunto un 5° successivamente e dal medico. Gli alpinisti di Biella sono Gianluca Cavalli (CAAI Occ.), Matteo Sella (Eagle Team), Donatella Barbera (Medico e alpinista) e Cesar Rosales (Guida alpina peruviana nata con il progetto Mato Grosso), da me che faccio parte anch’io del CAAI Occ. e da Dario Reniero (CAI Valdagno).
Normalmente quando mi pongo un obiettivo sono molto determinato nel riuscire a raggiungerlo ed è stato così anche per questo, pur sapendo che oltre a me dovevano allinearsi elementi come il meteo, le condizioni della montagna e anche un pizzico di fortuna nel non dover aiutare nessuno durante la mia salita. Tutte cose che ovviamente io non potevo controllare o preparare, così ho sempre affrontato il tutto in modo filosofico e ho sempre pensato come i Pakistani: Inshallah! Era comunque un’occasione che non potevo farmi scappare, così ho organizzato il lavoro per potermi liberare due mesi e ho cominciato ad allenarmi, per quel che potevo. Ironia della sorte: avevo un lavoro in Sardegna proprio le settimane prima di partire e per non perdere totalmente l’acclimatamento che stavo cercando di ottenere con varie salite sulle Alpi, avevo portato con me una tendina ipobarica per poter dormire a quote più elevate rispetto al livello del mare. Di notte nella tendina, di mattina a correre al mare e poi lavorare tutto il giorno... è stato divertente montare questa tenda in una camera d’albergo in costa Smeralda.
Arrivati lì vi siete divisi in due gruppi? Ci spieghi un po' la tattica?
Noi avevamo il permesso per il Broad Peak e per il K2, infatti pensavamo fosse utile acclimatarsi sulla prima che è più semplice e più bassa per poi spostarsi sul K2 una volta acclimatati. Prima di partire però io mi sono incontrato con alcune persone con esperienza in Himalaya (Denis Urubko e Victor Sanders, che ringrazio) e poi durante il trekking di avvicinamento con Blutch (Jean-Yves Fredriksen). Ho discusso molto sul mio obiettivo, tutti erano convinti di una cosa e mi hanno dato un consiglio saggio: se il tuo obiettivo è il K2, è meglio acclimatarsi sul K2, per diversi motivi. Mi dicevano che essendo montagne di 8000 metri non è scontato farne uno e poi subito un’altro. Certo fattibile, ma non scontato, e io non mi sarei voluto trovare in condizione di aver fatto il Broad Peak e poi non esser riuscito a salire il K2. Vista la mia determinazione non ho lasciato molto spazio a soluzioni differenti, sarei rimasto al K2 anche se fossi rimasto da solo. Mentre tutti hanno deciso di acclimatarsi sul Broad Peak, Matteo mi ha seguito ed è stato con me tutto il tempo, abbiamo fatto quasi tutte le rotazioni insieme. Banale dirlo, ma di questo lo ringrazio molto perchè avere un amico che ti segue durante tutte queste “salite” vuol dire tanto.
Io e Matteo siamo comunque stati molto fortunati perché ci siamo incontrati a Skardu con i francesi Benjamin Vedrines, Sebastian Rosset-Montaz, Thibaut Marot, Liv Sansoz, Zeb Roche e Jean-Yves Fredriksen e con loro abbiamo condiviso sia il trekking di avvicinamento sia il campo base. Questo è stato molto motivante, e poter condividere con loro due mesi interi fatti di tentativi, rinunce, salite veloci, voli in parapendio e molte risate ha aiutato a superare i momenti più difficili dove la motivazione era messa a dura prova. Il nostro campo era sicuramente il più “povero” a giudicare dalle strutture e dai servizi che c’erano in tutti gli altri campi, ma sicuramente il feeling che si viveva da noi era unico.
L'acclimatamento. La fase delicata, resa ancora più difficile quest'anno dal maltempo.
Non avendo mai fatto un 8000 non avevo assolutamente esperienza, e tutto quello che abbiamo deciso e messo in atto è stato dettato dall’istinto e ovviamente improvvisato in base al meteo. Secondo i Pakistani, quest'anno è stato il peggiore degli ultimi decenni e abbiamo avuto solamente un’occasione per salire in cima. C’era sempre molto vento e molta neve in quota, non si riusciva a salire oltre C2. Abbiamo provato più volte a spingerci oltre, ma siamo sempre arrivati al massimo fino a 7000 m.
I primi giorni al Campo base siamo andati subito a fare un giro ad ABC senza neanche sapere da che parte si passasse. Ci siamo divisi in 2 cordate e in un giorno di brutto tempo abbiamo seguito due percorsi differenti, attraversando la seraccata e dribblando strutture alte fino a 15 metri, fortunatamente con il tempo e con tutte le spedizioni presenti con il passare delle settimane questo è diventato molto più semplice.
Una volta visto l’attacco dello Sperone Abruzzi abbiamo deciso di acclimatarci sulla via Kukuzcka e siamo saliti per tre volte fino a 6300m e ogni volta scendevamo volando in parapendio. Ovviamente senza mai lasciare nulla sulla montagna.
Fatti questi giri, abbiamo pensato che era finito il tempo del divertimento e che sarebbe stato utile cominciare a mettere mano sullo Sperone Abruzzi per iniziare a portar su materiale. Abbiamo così fatto due rotazioni fino a C2 a 6700 metri dove abbiamo depositato in un saccone due tende, sacchi a pelo, materassini, cibo e bombole di gas. Con gli zaini che avevamo ci potevano scambiare tranquillamente per portatori. Il ritmo di salita con 20-25 kg sulle spalle è molto basso e la fatica è tanta, ma ovviamente dovevamo prepararci per avere il materiale per il summit push. Al secondo giro abbiamo anche scoperto con nostra felicità che i corvi sono ghiotti di bresaola e barrette e che qualcuno è stato felice di intascarsi le nostre bombole di gas.
Queste due rotazioni erano dettate dalla fatica e dalla lentezza, infatti il peso degli zaini non ci permetteva di essere veloci ed era tutto reso più difficile dal fatto che dovevamo ritracciare la via che veniva coperta dalla neve e dal vento praticamente in tempo reale. Entrambe le volte abbiamo dovuto abbandonare l’idea di salire oltre C2 perché le condizioni erano veramente difficili e anche fare un semplice tè o camminare diventava impossibile.
In una terza rotazione, Matteo era a letto stroncato dal mal di denti così io ho deciso di raggiungere gli altri sul Broad Peak per un tentativo. Direttamente da CB del K2 sono andato a C2 del BP e il giorno seguente siamo saliti fino ai 7000 m del C3, ma la mattina seguente la situazione era la stessa già vissuta. Brutto tempo e possibilità solo di scendere!
Nei giorni successivi la situazione si è ribaltata, infatti io mi sono fermato al CB per qualche giorno bloccato dal mal di schiena (in ghiacciaio ogni 10 giorni bisogna spostare le tende e ovviamente noi non avevamo nessuno che lo faceva per noi) mentre Matteo ha fatto una rotazione con Federica Mingolla e Silvia Loreggian fino a C1.
In questi giorni bloccato in tenda continuavo a pensare per non perdere la motivazione “ascolta il tuo corpo e riposati”.
Allora quando è arrivato il momento del summit push? Ci dai qualche indicazione della tua salita, partendo dal campo base?
Verso fine luglio si è prospettata una finestra senza vento e sia i francesi sia noi ci siamo organizzati per sfruttarla al meglio. Blutch era su un’altra via e Benjamin tentava il record di velocità per cui ci confrontavamo solo con Liv e Zeb ed è stato bello trovarli ad ogni campo ed anche in cima!
Siamo partiti dal campo base il 26 alle 5 di mattina e siamo saliti abbastanza veloce a C2 dove avevamo il materiale. Era la prima volta che salivamo senza neve e senza vento ed è stato bellissimo. Matteo e io avevamo deciso di non lasciare montata la tenda per non trovarla distrutta dal vento, come è stato per quasi tutti, ma ovviamente non avevamo occupata la nostra piazzola, cosi arrivati a C2 verso le 16 abbiamo avuto il primo problema: tutte le piazzole esistenti erano occupate. Così abbiamo dovuto crearne una in un posto molto piccolo e scomodo e questo ci ha impegnato parecchio. La notte a C2 non è stata il massimo, infatti la piazzola era inclinata verso monte per non far crollare la tenda a valle e abbiamo dormito praticamente abbracciati. Ma siamo comunque riusciti a riposare un po'.
La mattina prima della partenza abbiamo ospitato Marco Majori per un tè e poi gli abbiamo lasciato la nostra tenda per riposare visto che quelle della spedizione delle ragazze erano occupate da pakistani. La salita a C3 è stata impegnativa perché la decina di clienti che saliva rallentava parecchio il ritmo, e noi essendoci caricati in spalla tutto il materiale per il C3 non potevamo superare molto, così con pazienza e calma siamo arrivati a C3 verso le 17. Qui finalmente la conformazione della montagna permette di avere una piazzola in piano e dopo aver montato il campo ci siamo messi a fare acqua e mangiare.
Quella sera del 27 luglio, tutte le spedizioni sono partite alle 20, mentre noi poco dopo abbiamo cercato di dormire. La sveglia era puntata a mezzanotte, ma purtroppo io per un problema di stomaco non sono riuscito a dormire neanche un minuto. Povero Matteo, in quelle 4 ore continuavo a muovermi e sono anche dovuto uscire dalla tenda. A mezzanotte il vento soffiava forte e ci siamo organizzati per fare colazione e prepararci, ma siamo riusciti a partire soltanto alle 2:30 di mattina. Il vento ci ha accompagnato fino a C4, cosi come un freddo pungente. Ogni tanto nel tratto tra C3 e C4 chiedevo a Matteo di fermarci, e appena mi sedevo mi addormentavo, ma una meravigliosa alba dal versante cinese ci ha risvegliato per bene e il sole ha cominciato a scaldarci.
Poco dopo ci ha raggiunto Benjamin che abbiamo abbracciato e incitato a continuare con il suo ritmo esagerato e arrivati a C4 è arrivato anche Sebastian. Dopo aver bevuto, ci siamo sdraiati e ci siamo permessi 15 minuti di sonno al sole! Da qui si vedeva la cima e le spedizioni che erano partite la sera precedente erano sul pendio sotto la vetta, qui con Matteo ci siamo convinti che avremmo raggiunto la cima. Il sole cominciava a scaldare parecchio, così ho deciso di togliere la tuta l’alta quota per non sudare troppo e per essere più comodo.
Alle 8 del mattino siamo ripartiti da C4 verso il Collo di Bottiglia, dapprima con poca pendenza poi man mano sempre di più, e una volta sotto al seracco ci siamo incrociati con tutte le persone che scendevano dalla cima. Essere sotto non era bellissimo perché ci arrivava addosso di tutto, neve, ghiaccio e rocce, inoltre tutte queste persone in discesa distruggevano la traccia di salita. Fino a quel momento era stato comodo avere una traccia buona da seguire, da qui in su è stata una sofferenza con gradini alti 60/80 cm inutilizzabili.
Matteo in questo tratto ha iniziato a rallentare parecchio e all’inizio ho provato a spronarlo perché cercasse di racimolare tutte le energie e aumentasse il ritmo per riuscire a toglierci da sotto il seracco il più velocemente possibile, ma vedendo che aveva esaurito tutte le energie ho cominciato a preoccuparmi per l'orario. Arrivati al traverso sotto al seracco ci siamo seduti un attimo e dopo essermi assicurato che Matteo non stesse male, abbiamo deciso che io avrei continuato da solo e che lui sarebbe sceso al C3.
Fino a quel momento era sempre stato davanti lui per avere il suo ritmo e salire insieme, dal traverso sono entrato in uno stato di trance dove pensavo solo alla cima e non mi sono mai più fermato. Ci siamo divisi alle 13:15 ad una quota di 8200 metri circa e io alle 16:45 sono arrivato in cima.
Il tempo? La fatica? Com'era per te, la prima volta a quelle quote?
Il tempo era perfetto e anche la velocità che avevo preso era ottima, a quelle quote normalmente si salgono 60 m di dislivello all’ora, io stavo andando al doppio e stavo bene, probabilmente era stato perfetto salire molto lentamente all’inizio. Ho mantenuto una respirazione intensa con la bocca per tutte quelle ore e questo mi ha distrutto un pò labbra, bocca e gola, ma per il resto non pensavo a nulla, dovevo solo salire e arrivare in cima.
Sono salito fino a 8500 metri senza tuta da alta quota, ma arrivato quasi in cima il sole è sceso dietro e anche se non era ancora freddissimo, avevo paura che se ci fosse stato vento in cima, avrei avuto problemi, così mi sono dovuto rimettere la tuta sul pendio finale a 40°. L’operazione è stata complessa perché non dovevo assolutamente commettere errori che potevano essere fatali. Non potevo permettermi di far cadere nulla. Cosi ho tolto imbrago, scarponi e ramponi, ho estratto la tuta dallo zaino e ho ripetuto le operazioni al contrario, sempre cercando di stare molto tranquillo e preciso. Avrò impiegato circa 20 minuti. Purtroppo quando ho preso la tuta dallo zaino ho fatto cadere la bottiglia d’acqua, l’unica acqua che mi era rimasta tra l'altro, e anche le moffole di scorta, li ho visti cadere e non ho potuto fare nulla. Meglio questi che gli scarponi!
Poi la cima. Quella cima! Ci descrivi quel momento?
Sì, appena arrivato in cima ho visto Zeb e Liv, fortunatamente erano reali e non era un’allucinazione data dalla quota! Li ho aiutati a decollare tenendogli la vela, e poi li ho molto invidiati quando sono volati via! Ovviamente ero molto felice per loro, come me si erano impegnati molto e stavano riuscendo nella loro impresa nel fare il primo volo della storia in parapendio tandem dalla cima del K2! Poco prima era decollato anche Blutch, ma io questo l’ho saputo solo una volta rientrato al campo base.
In quel momento ero molto stanco ma concentratissimo nel non commettere errori, le emozioni che ho provato sono state molto asciutte, senza pensarci troppo ho fatto alcune foto e due video (dove facevo fatica a parlare dopo aver respirato a pieni polmoni per le ultime ore) e ho cominciato subito la discesa. Non avevo molta esperienza di 8000 ma sapevo che arrivare in cima alle 16:45 era comunque tardi, così dopo esser stato 15 minuti circa sul punto più alto sono ripartito verso il basso.
La discesa, verso il buio.
Quando ero sulla cima dopo che i due francesi sono decollati sono rimasto complettamente da solo. Matteo era già a C3, e vedevo 800 metri più in basso C4 dove c’erano 3 tende (Marco Majori e Federico Secchi con i portatori Pakistani). Dopo aver mandato un messaggio a mia moglie sono ripartito concentrato per scendere.
Ho cominciato la discesa verso le 17 e sono arrivato alla tenda a C3 dove mi aspettava Matteo, in tutto questo tempo ho eseguito una serie di manovre, tipo inserire la corda nel discensore e calarmi, tutte in modo automatico ma sempre attento a non fare errori. Ripetuto un numero infinito di volte. Dove non c’erano le corde fisse camminavo con piccozza e bastoncino in mano per potermi fermare nel caso fossi caduto, e quando il mio passo era meno stabile per la stanchezza, mi fermavo e mi sedevo per fare due o tre respiri, poi ripartivo quasi subito per non addormentarmi.
Dopo poco meno di 3 ore di discesa mi sono fermato a C4 per salutare Federico e Marco e sono ripartito subito verso Matteo al quale ho chiesto di prepararmi dell’acqua visto che erano parecchie ore che non bevevo. Ormai era diventato buio, mi sono messo la frontale in testa e sono ripartito calandomi dal salto verticale sotto il campo con il pensiero verso il traverso dove non c’erano più le corde fisse. Infatti tra C4 e C3 c’erano 200-300 metri di traverso in direzione ovest che erano privi di corde fisse, questa era una delle parti che mi spaventava di più e affrontarlo al buio richiedeva più concentrazione. Sono arrivato in tenda da Matteo dopo un’altro paio d’ore, verso le 21:30, purtroppo era troppo tempo che non bevevo e sono riuscito solamente a buttar giù solo un paio di piccoli sorsi e mi sono addormentato.
Il giorno dopo Matteo ed io siamo ripartiti da C3 al mattino, neanche troppo presto visto che il vento era tornato a farci visita, e alle 13 dopo tutta la discesa tra rocce e valanghe ci siamo abbracciati con Pietro (il papà di Matteo) e il cugino alla base dello Sperone Abruzzi. Con molta calma siamo rientrati al campo base nel pomeriggio per festeggiare con tutti.
Adesso che sei stato lì, cosa pensi della prima salita 70 anni fa?
Credo che per quegli anni, con l’attrezzatura che avevano e con le conoscenze che c’erano, sia stata un’impresa importantissima. Credo anche che su una montagna così ci vogliano molte cose che si devono allineare e bisogna assolutamente essere motivati e pronti per il momento giusto.
Al giorno d’oggi abbiamo sicuramente molte informazioni in più e l’attrezzatura è migliorata, ma la scelta della strategia giusta è comunque fondamentale. Sono stato fortunato che il mio corpo ha sempre assecondato la mia testa e sono contento delle tempistiche che ho tenuto durante la giornata della cima. Quel giorno infatti sono partito e rientrato a C3 in 19 ore, rimanendo in cima solo pochi minuti per non perdere lucidità. Bisogna cercare di limitare la permanenza oltre i 7500 metri, ovvero bisogna rimanere il meno possibile nella cosiddetta “zona della morte”. Proprio per questo motivo avevo deciso di non fermarmi a dormire a C4 e anche se sono stato veloce, ho avuto effetti collaterali alle labbra, alla bocca e naso che si sono protratti per parecchio tempo.
In questi giorni ho letto un sacco di notizie sulle spedizioni presenti e mi fa un po' sorridere come alcune vengono descritte, con omissioni e informazioni non complete che tendono a minimizzare quello che è successo. Giusto per precisare, quest’anno al K2 io e Matteo oltre a Blutch, siamo stati gli unici a salire senza nessun tipo di aiuto esterno, senza portatori e senza ossigeno. Come lo chiamava Hermann Buhl, in “stile Alpi occidentali”.
Hai fatto diverse super salite in passato, dalle Alpi alla Patagonia. Come la giudichi questa del K2?
Ovviamente noi eravamo in Himalaya per la ricorrenza dello Sperone Abruzzi e la scelta poteva essere solamente quella di ripetere questa via. Sono stato tentato più volte di unirmi a Blutch e lui è sempre stato disponibilissimo, ma essendo il primo 8000 e non sapendo come avrei reagito alla quota sono rimasto fedele alla scelta. La salita è senza dubbio impegnativa sotto molti punti di vista, ma tecnicamente non l’ho trovata cosi difficile, non esiste un vero ostacolo insuperabile come lo potresti avere su altri tipi di vie.
Abbiamo trovato più difficile la via nelle prime rotazioni perchè oltre C1 le corde fisse presenti erano quelle degli anni passati e in alcuni casi le abbiamo dovute anche sistemare, fissandone alcuni pezzi con altrettante corde recuperate. Nella salita di fine luglio le spedizioni commerciali avevano posizionato le corde fisse mancanti e essendo saliti fino in cima avevano tracciato la via, cosa che ci ha permesso di salire in cima senza ulteriori sforzi o rischi particolari.
Se dovessi tornare ora su un’8000 cercherei di seguire meglio quello che mi piace e probabilmente sceglierei di esplorare di più allontanandomi dalle spedizioni commerciali. Forse il vero ostacolo qui a queste quote è più mentale e fisico che tecnico, e anche se è difficile gestire il tempo di attesa al campo base, io non ho mai avuto dubbi di non potercela fare, era solo importante essere preparati per dare il massimo e salire al momento giusto al posto giusto.
Ho passato due mesi a sognare, guardando la “Magic Line” e in una giornata di brutto tempo sono andato anche a portare un fiore alla targa di Renato Casarotto, che questo mi abbia portato fortuna? Oppure sono solo stato bravo a corteggiare con rispetto la “Grande Montagna”?
Il capitolo K2 2024 non si è chiuso lì comunque. C'è stato il tentativo della spedizione femminile, la cima di Federico Secchi, il tentativo ed incidente di Marco Majori, l'aiuto di Benjamin Védrines, la discesa in parapendio di Védrines, Liv Sansoz, Bertrand Roche, Jean-Yves Fredriksen. Insomma, una stagione densissima...
Come raccontavo prima, tutto quello che hai appena detto lo abbiamo vissuto in pieno, abbiamo scalato e volato con i ragazzi francesi, ci siamo divertiti al campo base con le ragazze, ci siamo confrontati con Secchi e Majori incontrandoci sia sul K2 sia sul Broad Peak e siamo stati coinvolti nel soccorso che ha impegnato tutti. Benjamin e Sebastian fortunatamente erano a C2 quando servivano e sono stati bravissimi, ma sono solo la punta dell’iceberg. In quei momenti ho visto tante persone che con volontà si sono subito messe a disposizione per aiutare il più possibile. L’umanità vissuta con tutti, sopratutto con i ragazzi pakistani, i cuochi e gli ufficiali di collegamento, è stata unica e mi ha fatto un pò sentire in famiglia!
Tirando le somme della nostra spedizione, sono e siamo molto contenti perché è stata un successo, una piccola spedizione con logistica ridotta al minimo! Siamo riusciti a salire le due cime di cui avevamo il permesso! Infatti, Gianluca e Cesar erano in cima al Broad Peak alle 10 del mattino del 27 luglio e il giorno dopo, il 28 luglio alle 16:45, mettevo piede sulla cima del K2!
Beh complimenti ancora. Ultima domanda Tommy, visto che ormai è passato esattamente un mese dalla tua salita: dove ti sta portando la mente adesso?
Adesso sono in una fase di “relax”, infatti ho un po' di lavori da fare e sto sistemando tutto il materiale fatto in due mesi. Sinceramente non sono particolarmente soddisfatto del materiale fotografico, ma d’altra parte avevo deciso di concentrarmi sull’alpinista e non sul fotografo e sono contento di quel risultato.
Sono comunque molto soddisfatto di come ho affrontato tutta la spedizione e la salita e sono consapevole delle grandissime emozioni che, in quei momenti rimanevano asciutte per permettermi di rimanere concentrato, ma che ora si espandono facendomi capire molte cose.
Adesso sono più consapevole di quello che posso fare, sono dispiaciuto che Matteo non sia arrivato con me in vetta, e sono felice di avere una moglie splendida che oltre a permettermi di vivere queste avventure mi supporta in modo meraviglioso aiutandomi in tutto e per tutto! Sia a livello alpinistico sia famigliare sto proprio vivendo un bel momento!
Lamantia ringrazia: Millet, Alba Optics, Hdry, DF Sport Specialist, Blue Ice, Scarpa, Tiberino Outfood
La spedizone ringrazia: Banca Sella, CAAI, CAI Biella e Allianz Bank.