L'America e l'arrampicata tra presente e futuro: intervista a Enrico Baistrocchi dopo un anno in California

E' un anno che Enrico Baistrocchi, con tutta la famiglia, si è trasferito a San Diego in California per lavorare come Tracciatore e Coach presso uno dei centri di arrampicata indoor più importanti degli Stati Uniti. E' tempo dunque di primi bilanci ma anche di capire attraverso questa sua esperienza quali siano la filosofia, lo sviluppo e l'organizzazione del movimento dell'arrampicata sportiva statunitense.
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Alex Puccio in finale ai ProAm
Jen Gold

Enrico ormai è più di un anno che ti sei trasferito con la famiglia a San Diego per lavorare come Tracciatore e Coach presso MesaRim Climbing and Fitness Gym ma anche come distributore del marchio E9. Come sta andando? Voglio dire come va con il lavoro, la famiglia, l’arrampicata… è stato difficile ambientarsi?
Direi che va alla grande! Sinceramente stiamo iniziando ora a vivere realmente negli Stati Uniti. Il primo anno è stato un frenetico e turbinante susseguirsi di eventi legati a tutto quello che cambiare vita comporta. Dagli aspetti prettamente tecnici di un trasloco intercontinentale alle peripezie legate all'ottenimento dei visti, passando per le difficoltà di creare un business dal niente in uno stato completamente diverso (ma molto meno complicato dell'Italia) e senza dimenticarsi dei momenti difficili lontano dall'affetto di famiglia e amici: il tutto calati in una cultura totalmente diversa! Fortunatamente però siamo quasi sempre stati assieme e questo ci ha dato un'energia diversa e una forza maggiore che, vedendo crescere le bambine completamente bilingue, si è trasformata nella consapevolezza di stare facendo qualcosa di positivo per il loro futuro. Quindi ben venga trovare un po' lungo per me e Gaia.

Giusto per avere un’idea: a quale progetto stai lavorando adesso?
I questi giorni ho appena finito di tracciare a MesaRim per la seconda tappa dell'USAC ProAM: in buona sostanza si tratta di una prova generale per le qualificazioni Nazionali in vista dei campionati statunitensi a inizio Febbraio a SLC. Il livello è stato decisamente alto con tra i partecipanti finalisti di coppa del mondo come Sean Bailey, Nathaniel Coleman, Alex Puccio e il nostro Gabriele Moroni che ha tenuto alta la bandiera dominando l'appuntamento! La settimana successiva sono invece volato a Sacramento per tracciare un'altra gara Pro per la Touchstone Series. Tra pochi giorni invece sarò nel team dei tracciatori per i Regionals a L.A.

Puoi darci un’idea dei numeri del movimento e dello sviluppo dell’arrampicata (indoor e outdoor) lì a San Diego e in California?
La California penso rappresenti in sostanza almeno il 50% del mercato arrampicatorio statunitense in termini di numero di arrampicatori, palestre ed indotto. MesaRim attualmente conta 3 centri a San Diego: 2 palestre ed un Training Center espressamente creato per allenamento di atleti e per fornire un servizio diverso in termini di tracciatura e strumenti di allenamento. Per dare un'idea delle dimensioni l'altezza media della struture lead è di 15/16 mt per una 80ina di catene, quindi 150/200 vie circa, e mediamente abbiamo 150/175 boulder tracciati per ogni facility. Il training center ha solo blocchi, circa 250,e poi area Pan Gullich, regolare e con piramidi, travi, rack per lavoro funzionale; e poi una serie di profili "a tema" con solo volumi geometrici, solo volumi o prese "giga" per tracciare comp style,system wall, moon board e bla bla, bla... in poche parole il posto perfetto dove tracciare ed allenarsi a qualsiasi livello. Per esempio, il Team atleti giovanile a MesaRim supera abbondantemente le 100 unità ed abbiamo una media ingressi giornalieri tra tutte e 3 le palestre che conta diverse centinaia per ogni struttura.

Paese che vai arrampicata che trovi… Cominciamo dall’arrampicata indoor, quali sono le differenze che saltano subito agli occhi rispetto all’Italia (e all’Europa). Per esempio sul tipo di impianti e organizzazione?
Di sicuro dobbiamo fare una debita premessa: MesaRim penso sia in assoluto una delle migliori palestre negli Stati Uniti e all'avanguardia in termini di sviluppo della filosofia e della cultura della comunity arrampicatoria: non a caso hanno scommesso su un tracciatore ed un coach "europeo" proprio per questa loro volontà di variare il più possibile il knowledge ed il servizio da proporre all'interno della loro comunità: ho avuto una gran botta di culo che le nostre strade si siano incontrate.
Detto ciò ci troviamo in California dove la cultura del benessere fisico attraverso l'attività motoria è fortemente radicata: è quindi abbastanza semplice capire il perché di certi numeri decisamente superiori rispetto ad una palestra di pari livello italiana. Italia e California si possono facilmente comparare: l'Italia è il 30% più piccola in termini di superfiice ma è una volta e mezza più popolata. Con centinaia di accessi giornalieri è facile immaginare quanto sia importante una gestione accurata e minuziosa. La rotazione delle vie e dei blocchi non supera mai le 6/10 settimane anche perché più utenti significa più salite e quindi più consumo delle prese. Siamo un team di 5/6 tracciatori che lavorano full-time in tutti e tre gli impianti: iniziamo la mattina alle 7 e finiamo alle 15,30 così da non occupare il centro negli orari "caldi"; le palestre aprono alle 6 di mattina e non è raro trovare già 20 persone all'apertura! Stesso discorso per il training center dove tracciamo principalmente in 2/3 e dove sviluppiamo i programmi di allenamento seguiti e messi in pratica da una 15 di coaches. Ogni settore ha il suo responsabile che poi fa riferimento al management... in poche parole un'azienda con organigramma a tutti gli effetti!

Qual è il tipo di utente / arrampicatore medio con cui hai a che fare in palestra?
L'utente medio non differisce da quello Europeo: passi facilmente dal teen-ager alle prime armi al 60enne old-school sempre motivato a tirare duro. La più grande differenza è nell'accessibilità che viene proposta al cliente ed al nuovo consumatore. La nostra filosofia è quella di proporre vie dove chiunque possa facilmente arrampicare ed imparare a farlo. Questo non su poche linee ma sostanzialmente ovunque la geometria del muro lo consenta. Da qui una grossissima affluenza di beginners che col tempo trovano nella rotazione delle vie e nel cambio delle prese (il mercato delle prese d'arrampicata è mostruoso) un facile motivo per continuare a divertirsi ed ingaggiarsi senza dimenticare la facilità dell'inserirsi in una comunity fortemente attenzionata dal Management: per intenderci abbiamo anche un Culture and Social Media Department che si occupa solo di quello.

E l’arrampicata outdoor come si confronta e interseca con il movimento indoor?
Parlando di indoor ed outdoor anche qui non trovo grosse differenze con l'Italia: c'è chi pratica l'arrampicata indoor per allenarsi in attesa del weekend o delle vacanze perseguendo obiettivi su roccia e chi invece fa dell'arrampicata indoor una vera e propria disciplina sportiva fine a se stessa. Tutte le palestre, ma direi tutti gli USA, sono pesantemente Air Conditioning Dependent e quindi è incredibile vedere nei torridi weekend estivi centinaia di persone in cerca di fresco in palestra invece che in un centro commerciale.

Qual è la “filosofia" che muove gli arrampicatori statunitensi con cui hai a che fare? E il “mercato” americano come guarda all’arrampicata?
Come detto prima tante filosofie sono alla base del frequentare un centro d'arrampicata indoor: voglia di allenarsi e migliorare, mantenere un benessere fisico e psicologico praticando una disciplina a voler ben vedere unica, essere pronti per qualche salita outdoor o più semplicemente spingere i propri limiti e cercare di dimostrare a se stessi di essere in grado di fare: "yes we can" a volte può sembrare un motto da esaltati o da illusi ma se c'è una cosa da riconoscere agli americani è che si danno sempre un gran da fare e ci credono veramente... e i risultati arrivano e gli danno ragione!

Le competizioni di arrampicata negli States, com’è la situazione?
Per quello che ho potuto vedere e vivere io in questo anno di tracciature di eventi c'è di sicuro un grosso supporto ed organizzazione da parte della Federazione Americana, USAC, per le competizioni giovanili e senior. Il movimento parte dalla base, dai giovani, e le gare youth hanno un grosso seguito ed affluenza. Si parte dalle gare Regional, che comprendono tutto lo Stato, per qualificarsi alle Divisional, più Stati, fino a qualificarsi per i Nationals; senza contare tutte le gare "cittadine" che prendono il nome di locals. Alla base c'è grossa organizzazione, anche perché ci sono grossi numeri in termini di affluenza, si superano facilmente le centinaia di partecipanti, e le gare hanno un'iscrizione abbastanza alta: circa 50$ per evento; è un gatto che si morde la coda perché di conseguenza anche gli sponsor sono interessati a partecipare e gli indotti crescono.

Che impatto ha avuto la notizia della partecipazione alle Olimpiadi di Tokio 2020?
La notizia olimpica ha generato chiaramente grosso entusiasmo e voglia di fare bene e di sicuro aumentato l'attenzione attorno ad un mercato, quello delle palestre indoor, in fortissima espansione.

Ritornando alla gara che avete organizzando a San Diego… ci puoi fare un raffronto con una competizione europea e/o italiana a cui hai lavorato?
Come detto prima penso che la più grossa differenza la facciano i budget che ruotano attorno alle gare grazie a sponsor, impegno federale, dirette televisive, etc. A Mesarim c'era un montepremio totale superiore ai 10.000$, e l'iscrizione costava 75$. Per le finali c'era parecchio pubblico, pagante,e questo porta maggiore attenzione anche a tutto ciò che ruota attorno alla gara: booth per i vendors, musica, luci, dj... è tutto un volano che gira e cresce!

E dal punto di vista tecnico?
Dal punto di vista tecnico invece le regole e l'attribuzione dei punteggi sono decisamente diversi soprattutto per il boulder e la maggiore differenza la fanno di sicuro le prese! Come detto il mercato è enorme e da qui ne deriva un sacco di scelta ed altissima qualità. Non sono ancora molto affermati i volumi in legno geometrici, le cosiddette piramidi, ma penso si allineeranno presto in vista delle Olimpiadi e delle Gare Internazionali sempre più tracciate da europei.

Infine… cosa rimpiangi dell’Italia e cosa hai imparato e cosa “importeresti” da noi di questa esperienza negli States?
Sai è veramente difficile fare un bilancio e trarre adesso delle conclusioni: noi non siamo scappati dall'Italia, stavamo benissimo e lavorativamente non potevo certo lamentarmi lavorando in uno dei centri migliori non solo d'Italia ma forse d'Europa. E' chiaro che a volte è dura senza famiglia e amici e le culture sono veramente distanti... non pensavo così tanto. Allo stesso tempo ci sono delle cose qui che aiutano a vivere meglio come il clima, la natura, l'educazione e la coscienza civica ed anche la sicurezza in generale; ho avuto la conferma che in Italia siamo bravi a raccontare la verità un po' troppo spesso come ci fa comodo dipingendo gli Stati Uniti a volte come non sono realmente!
Di sicuro ho imparato molto in termini di organizzazione del lavoro e di gestione "a monte" della sala ed un impianto in generale: chiaro che questo richieda tempo e risorse e sia molto più facile con grossi numeri ed indotti andare in questa direzione! Il servizio e l'attenzione al cliente è la cosa più importante negli USA e si vede!
Qualche "trucchetto" e "concetto" interessante dal punto di vista della tracciatura e dell'allenamento me lo sono messo in tasca e magari lo condividerò nel prossimo corso tracciatori che terrò nel periodo natalizio per la FASI: sarà una bella occasione per condividere le mie esperienze recenti e passare un po' di tempo con alcuni amici!
Per quanto riguarda invece la distribuzione di E9 sono orgoglioso del lavoro che stiamo facendo e della professionalità e passione che ci stiamo mettendo nell' imparare ogni giorno qualcosa di nuovo in un mercato diverso come quello americano. Per dirti quello che ho imparato in un anno probabilmente dovrei scrivere un libro... a quattro mani col Calibba!
Ah, dimenticavo... Di sicuro non importerei in Italia il mio inglese! E' rimasto il mio perfetto "Italian English" ma almeno dopo un anno capisco qualcosa in più ed ormai le bambine sono in grado di tradurre quando ne ho bisogno!





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