Alberto Gnerro

Intervista con Alberto Gnerro, da quasi 20 anni uno dei più forti ed attivi arrampicatori sportivi in Italia e non solo.
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Alberto Gnerro sale Lucky Man 8b+, Gressoney.
Andrea Gallo

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Alberto Gnerro? Chi non ha mai sentito parlare di Ground Zero o SS26? Del Cubo e il Tetto di Sarre? Delle leggendarie battaglie di Alberto agli inizi degli anni novanta su pezzi di storia come Outsider a Cornalba o Flashdance in Val San Nicolò? Del suo allenamento e della sue dietà al limite del maniacale? Insomma, della sua dedizione totale per il mondo verticale?

Se avete alzato la mano, crediamo siete davvero in pochi. Perchè Alberto è stato, ed è ancora, semplicemente uno delle figure più importanti in Italia ed al estero per l'arrampicata sportiva al limite del possibile, che spazia dal a-vista al lavorato. Dopo quasi due decenni ai vertici di questo sport ci pareva doveroso sentire uno dei maggior interpreti che, per fortuna nostra, è un "made in Italy" doc. Più precisamente un made in Biella, dove regnano le risaie. Strano posto, direbbe qualcuno, per trovare un Re Leone del verticale...


Alberto, alla fine del 2007 hai festeggiato la prima salita di Hacuna, un nuovo 9a. La domanda viene spontanea: 39 anni e come non sentirli?
Hakuna è forse l'ultimo capitolo del Cubo per me….forse resta ancora una linea ma sicuramente meno importante. Non amo granché le congiunzioni delle vie. Ho sempre preferito le linee dirette ma Hakuna a vederla mi sembrava cosi logica che proprio non potevo evitarla. Questa via è solo il segnale che l'arrampicata sa offrirci sempre nuove motivazioni che unite all'entusiasmo, ad una buona dieta e ad una certa regolarità possono limitare molto l'invecchiamento. E' chiaro comunque che la freschezza, soprattutto quella mentale, fa la differenza. In ogni caso l'arrampicata deve avere qualcosa di speciale. Se guardo in molti altri sport, gente della nostra stessa età sembra molto meno giovane.

Parlando di motivazioni - raccontaci come hai vissuto l'arrampicata più di 20 anni fa.
Quando ho iniziato 22 anni fa ero un ragazzino che probabilmente aveva avuto la fortuna di trovare la sua strada. Arrivavo già dallo sport. La ginnastica e poi lo sci…ma l'arrampicata mi ha letteralmente bruciato dentro. Ho smesso subito di gareggiare sugli sci e in un anno ho perso dieci chili. L'arrampicata vent'anni fà credo fosse qualcosa di assolutamente fantastico…Forse erano i miei occhi da ragazzo a dipingerla in un altra maniera.. Erano comunque gli inizi dell'arrampicata sportiva, le prime gare su roccia ma sopratutto i miti come Edlinger, Moffat, Güllich che con il loro carisma sapevano infondere motivazioni ai giovani che iniziavano in quegli anni. Io sono vissuto a cavallo di due epoche e sono ancora qui oggi per raccontare qualcosa. Di quegli anni mi ricordo sempre con piacere i miei viaggi in terra francese. Buoux, il Brianconnais e poi Cimai. Lì incontravamo i nostri miti e ci scalavamo a fianco. Incontravo spesso Edlinger nelle falesie di Briancon. Nei suoi gesti era felino, talmente naturale che quasi sembrava costruito. Pantaloni di lycra, sacchetti della magnesite leopardati e fascetta in testa… era lo stile di allora! L'arrampicata era per noi un affare itinerante legato alla scoperta. La fortunata scarsità di falesie che c'e dalle nostre parti ci costringeva a muoverci e ad aprire le nostre menti.

Quasi vent'anni fa hai salito Flashdance a vista in Val San Nicolò, a Cornalba invece Outsider. Realizzazioni importanti all'epoca, forse anche adesso. Puoi mettercele in prospettiva?
Sono passati più di diciotto anni da quel periodo. Parlando con gli occhi di chi ha visto vie ed arrampicatori d'ogni genere ti posso dire che quelle vie di allora nella loro difficoltà sono attuali ancora oggi, e che il fatto che nessuno le abbia mai ripetute in quello stile - e qualcuno forte di oggi ci ha comunque provato - dimostra che ero avanti rispetto ai tempi. Outsider fatta il 1° aprile del 1990 è stata una scelta casuale. Nessuna premeditazione o preparazione. Un 6c ed un 7b di riscaldamento e poi inconsapevolmente ho detto “faccio un giro qua”… ed in effetti alla fine di giri ne feci solo uno. Senza moschettoni in posto, munito solo della magnesite, di una grande resistenza e di quella matematica fantasia del gesto di cui, in quei tempi, ero veramente padrone. Flashdance in Val San Nicolò è arrivato un pò meno per caso. Avevo salito un ora prima Kendo e la facilità con cui l' avevo fatta era segno di una grandissima forma. In un tempo relativamente breve che si quantifica in 30 minuti vengo a capo di una via che mi fa ancora oggi sognare. Arrivavo da altri sport e sapevo che bisognava faticare per arrivare lontano. Poi l'arrampicata è uno sport che non regala niente. Devi essere lì tutti i giorni, concentrato in quello che devi fare. E allora trazioni, isometria, ripetute sui tiri, dieta. Quando hai quell'età hai un energia infinita. Se hai deciso di arrivare ed hai i numeri nessuno ti può fermare.

Di cosa vai più fiero?
Costanza, motivazione e disillusione rimangono i mie lati migliori…

A Gressoney la tua SS26 è scesa un mezzo grado dopo la ripetizione di Gabriele Moroni, uno dei talenti indiscussi della scena italiani ed internazionali. Che ne pensi a proposito?
A mio avviso potrebbe essere una valutazione poco obiettiva visto il numero di tentativi e il fatto che la via fosse già conosciuta nella prima parte. Dall'altra quando uno apre una via alle volte si fossilizza su dei metodi che alla fine forse sono più duri di quello che potrebbero effettivamente essere. Nel dare il grado ho fatto un pò di matematica - mi sono basato sul fatto che la prima parte era stata data dai primi ripetitori 8c. Quindi sommando alla prima parte tutto quello che c'era sopra mi sembrava potesse essere quel grado. Senza contare che comunque sulla prima parte di via nei giorni che l'ho fatta, camminavo! Non voglio fare troppa polemica su 1/4 di grado… ma credo comunque che se fai un 8c+ in 25 tentativi non puoi farne un altro in 5. Al di là di questo SS 26 rimane comunque una via fantastica visto anche il fatto che sia tutta naturale.

A parte le difficoltà, come vedi sia cambiata l'arrampicata?
Alle volte credo che siamo più noi che cambiamo e come vediamo le cose. Forse a noi sembra cambiato molto, ma poi credo che alla fine i giovani di oggi vivano i nostri stessi sogni e le nostre emozioni giovanili. Forse è cambiato un pò il senso del nuovo. E poi sicuramente le sale di arrampicata hanno trasformato questo sport in qualcosa di più accessibile e divertente, quasi un centro di aggregazione. La roccia rimane un mondo a parte, un pò meno accessibile oltre al fatto che richieda grosse motivazioni per ottenere buoni risultati.

Guardando in giro si vedono 8c confermati a vista, e adesso anche l'8c+...
Se fosse fatto in tutti gli stili e in tutte le parti del mondo direi che ci siamo… ma al momento c'e solo un posto dove si fanno certe prestazioni. 8c+ mi sembra veramente molto. Per mia esperienza personale dalle nostre parti i gradi sono un po piu stringati.

Cosa manca per fare l' 9b?
Basta solo provarlo come fa un centometrista in pista e poi nella giornata giusta salterà fuori… chiaramente bisogna avere la struttura rocciosa adatta. Salire un 9b di 15 metri mi sembra ancora impossibile.

Cos'è per te l'allenamento?
L'allenamento di una volta era qualcosa di ossessivo. Ora è un pò come il cibo - a 39 anni bisogna calibrarlo al meglio altrimenti rischi di ingolfarti, sebbene la voglia di allenarmi rimane sempre enorme. Direi che più che fisico si tratta di un momento mentale indispensabile.

Parlando di cibo…
All'inizio negli anni 80' era qualcosa di ascetico per me. Era una forma di disciplina, un mezzo per controllare la mente! Allora c'era la macrobiotica tra gli arrampicatori. Piano piano va fuori moda anche questa e si torna a qualcosa di più normale. Oggi mangio di tutto ma senza esagerare. Purtroppo abbiamo a che fare con il peso ed essere il più leggero possibile restando comunque dentro standard di decenza, è sicuramente conveniente.

Il doping esiste secondo te?
Si perchè siamo uomini e quindi tali, molto deboli. Esiste in tutti gli sport e l'arrampicata non ne rimane fuori. Non è tanto una questione di fregare gli altri, quanto se stessi. Probabilmente chi ne fa uso non ha specchi in casa dove guardarsi.

Dopo tutti questi anni cosa significa ancora per te la falesia?
Visto che ormai le apparizioni in gara sono sempre più sporadiche, la falesia e la chiodatura di nuove aree rimangono il fulcro della mia vita verticale. Ma ho sempre più bisogno di trovare vie nuove. Di spaccarmi le dita a forza di ripetute al Cubo e a Gressoney sono ormai stanco. Si cambia. Ho comunque nuove falesie e prossimamente forse riuscirò a liberare una linea incredibile che un amico mi ha regalato. Credo che sia la linea più bella che io possa mai salire nello stile lavorato. Ancora più bella di SS26. Un regalo della natura…

Ha parlato di chiodatura di nuova area
L'arrampicata va avanti se nascono nuove falesie ma qualcuno e tante volte gli stessi climber fanno finta di non capire. La gente che chioda è poca. Tutti sono alla ricerca del pacco già confezionato Quello che manca da noi è una figura professionale che possa occuparsi solo di quello. Crearle sarebbe un investimento saggio che farebbe bene al nostro sport, come sarebbe importante investire da parte delle aziende sugli atleti di alto livello in modo che possano svolgere questa attività in maniera totalmente professionistica. Qualità a scapito della quantità.

Che ne pensi dei vari stili, l'a-vista, il lavorato, il boulder...
Il boulder è scuola di tecnica e sensazione… da fare assolutamente in vista della falesia. Il lavorato è il terreno in cui qualcuno esprime al meglio gli insegnamenti derivanti dal boulder. Per me è una sorta di ginnastica verticale. La on-sight rimane la regina dell' arrampicata. La scelta più difficile da seguire!

Le prime salite?
Beh se tu chiodi una via, te la pulisci, tiri fuori iI movimenti e questa via può rappresentare il limite della scalata di oggi, credo che fare la prima libera ad opera di chi l'ha fatta sia legittimo. Non dico che non sia la stessa cosa su di un grado più basso ma vedere delle vie di 7c o 8a che non si possono provare per mesi o anni, solo perchè non sono state ancora liberate, fà un pò ridere.

E adesso che hai smesso di gareggiare da un pò, come interpreti quel periodo?
A livello di crescita mentale e sportivo è stato la cosa più importante. Un'esperienza da fare per capirsi e confrontarsi agli altri con coraggio. Bisogna solo saperle affrontare nella maniera giusta. Era un pò quello che mi mancava e molte volte il mio lato emotivo non mi lasciava sprigionare l'energia che avevo in allenamento. Forse ritornerò a fare qualche gara, giusto per rimettermi un po' in gioco e riassaporare i tempi passati.

Le gare vengano fatti anche nella tua palestra, aperta un paio di anni fa tra le risaie di Biella.
L'apertura della Runout, anche se oggi rappresenta un grosso impegno che si può quindi definire come lavoro, mi da l'opportunità di vivere la passione ancora in maniera piu completa. L'insegnamento ed il fatto di trasmettere cio che mi ha dato l'arrampicata in piu di 20 anni, non solo a livello fisico ma anche psicologico rimane oltre che una motivazione, quasi un obbligo. Qualche volta ti trovi a spiegare dei concetti banali che per chi viene sono un piatto servito, ma per me sono stati anni di lunghe prove applicate sul campo. All'inizio non è stato facile visto anche il bacino limitato per una citta come Biella, ma già al secondo anno di apertura sembra che la scelta fatta possa portare ad uno sviluppo sempre maggiore di questa attività. Bisogna comunque essere propositivi e portare argomenti nuovi. Pubbblicità, corsi ed organizzazione di gare sono tutte cose che aiutano a far conoscere questo sport. La palestra diventa cosi il mezzo per alcuni di allenarsi su di un terreno molto speciale e conveniente, mentre per altri oltre ad un gioco diventa anche uno strumento di fitness.

Che cosa ti aspetti o che cosa ti saresti aspettato dall'arrampicata?
Quello che mi aspetto è il fatto di mantenere la voglia e di sognare vie dure ancora per qualche anno. Quello che mi sarei aspettato visto anche gli inizi promettenti che l'arrampicata ha saputo dare sin da subito, è il fatto di poter vivere pienamente di questo sport anche a livello economico. Effettivamente non riesco a capire che cosa manchi all'arrampicata per consacrarsi definitivamente come uno sport molto importante, dando la possibilità agli atleti di poter essere dei veri professionisti. Sicuramente mantenere alto il livello in questi anni mi ha richiesto molti sacrifici da parte mia ma anche da parte di altre persone alle quali ho dovuto rubare del tempo per potermi allenare. Dal punto di vista della passione mi ha dato molto, dall'altra parte ti lascia un po' a bocca asciutta. Tutto questo ti porta a vivere nel compromesso e nel dover dividerti tra lavoro e sport. Alle volte sogno ancora che sia possibile a quarant' anni vivere di arrampicata, ma ti rendi conto che è utopia. Il sogno che mi rimane ancora da realizzare è quello di poter scalare e stare in giro per un lungo periodo… ma questi sono solo sogni!

Comunque da poco è nata la tua figlia, ora hai anche una famiglia. La sfida continua?
Più che sfida direi un evoluzione a livello personale. Un valore aggiunto alla vita di tutti i giorni ed una nuova carica canalizzata a quello che sto facendo da anni.


Note:
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Gnerro intervista 2001
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Expo C.A.M.P.
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www.doctorgnerro.it



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