Alberto Gnerro, l'intervista
Una giornata con l'incredibile Alberto Gnerro, l'arrampicatore sportivo conosciuto per la sua forza da tutti i climbers, si racconta…
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Alberto Gnerro
Planetmountain.com
Avevamo chiesto ad Alberto Gnerro, biellese, arrampicatore sportivo, garista, conosciuto per la sua forza da tutto il popolo dei climbers, di scriverci qualcosa della sua ultima performance: "Reinis Vibes" 8c/c+, via di Massone (Arco), risolta da Alberto al 6° tentativo (o come dice lui dopo "un bel lavorato"). Questa volta però - abbiamo aggiunto - devi raccontarci qualcosa in più dei soliti "nome e grado"… Eccoci (eccovi) accontentati.
"Notte insonne! Mi sveglio stanco e nervoso: colpa di quel treno a vapore che mi dormiva accanto! Fortunatamente la mattina è splendida. Ma è un'illusione che dura poco. Tempo di finire la colazione - a base di Muccarella (stupenda) e fette biscottate al cappuccino (manca solo il vov) - e le nuvole sono ovunque; non lasciano presagire gran che di buono.
Arriviamo per primi a Coltura. E, mentre aspettiamo Gippo, Ulla, Cristian, Leo e il resto della banda, iniziamo a scaldarci con cautela. Difficilmente inizio dal 6b, ma qui la scalata appare diversa dagli altri posti della Valle del Sarca. Poi tocca a un bel 7a boulderoso. E sì, oggi ho proprio deciso di fare solo tiri facili. E' il quarto giorno che scalo: la pelle e le fibre a mia disposizione sono abbastanza provate. Ho deciso: farò giusto ancora un 7b/7b+. Stefano vede una bella linea, legge la guida, e mi consiglia Odissea plus 7b+. Ma sì, dai, faccio questa!
Parto e capisco subito che la via e abbastanza tecnica… Ma anche sul 'tirare' non scherza! Oggi sono proprio duro come un legno: al quarto spit ho gli avambracci della consistenza del cemento pronto. Secondo me questo tiro potrebbe essere qualcosina in più… Eh sì il mio amico è proprio un burlone! Mica mi aveva detto che per fare Odissea plus dovevo prima sorbirmi una bella Odissea (quella vera!) sul primo tiro di 8a… Raggiungo la catena, senza cadere. Sono contento, questo stile di arrampicata mi ha sempre dato enorme soddisfazione. Comunque sono stanco. Faccio ancora un tiro per defaticare poi basta.
Però ho ancora in testa la presa di quella via al Pueblo di Massone… Il giorno prima l'avevo accarezzata due volte ma per non fargli troppo male avevo deciso di lasciarla al volo… nello stesso momento che dalla mia bocca uscivano un misto di fiato e varie altre cose irripetibili. La decisione è presa: direzione sud, verso il Pueblo. Stefano il mio compagno di viaggio mi dice di non farmi problemi: se voglio guida lui. Gli dico di stare tranquillo e lui, presa la palla al balzo, dopo 30 secondi cade in un sonno devastante.
Sosta al bar Giulia, ma neanche due caffè macchiati e un litro e mezzo di coca light mi fanno passare il sonno che mi trascino dal mattino. Dopo poco siamo ai piedi della falesia: "il solito bordello di gente" penso tra me. Due parole con Rolando sulle vie che ho provato a Coltura, e poi via di nuovo per il secondo breve riscaldamento della giornata. Piccola sosta. Preparo le mie Zlipper da GP, prendo la corda nuova di Leo - che praticamente non ha ancora svernato - e la metto ai blocchi di partenza. Mi infilo le scarpette molto consumate (per una maggiore sensibilità e morbidezza), e parto.
Primo problema al quarto spit: dopo c'è quell'odioso 'lancetto'. Lo risolvo con un metodo statico che richiede meno decisione, ma un pò più di power (stile: 'incredibile Gnerro', n.d.r.). Da lì è solo un problema di resistenza fino agli ultimi tre metri del grande strapiombo dove mi fermo per recuperare. Riparto. Blocco con la mano destra. Vado alla prima pietra incollata di sinistro. Mi metto in lolotte da vero 'fighetta anni novanta'. Prendo la seconda cannetta verticale, ci accoppio con la mano sinistra ed esco sulla tacca, fuori dallo strapiombo, di mano destra…
Mi sento molto bene! Prendo uno svasetto intermedio, lancio verso la presa finale della via… ma più che la sensazione di voler stritolare una presa mi sembra di accarezzare i glutei di una donna mentre passeggia per il Corso il sabato pomeriggio (anche se io il Corso, purtroppo per lui, l'ho visto ben poche volte)... E via giù verso il basso a 200 all'ora lasciando, alcuni metri sopra la mia testa, una serie di parole irripetibili.
Mi tiro su fino al passaggio. Tasto lo svaso fuori dallo strapiombo e mi accorgo che proprio svaso-svaso non è perché nasconde una piccola tacca che, sebbene piccola, sempre tacca è! Il mio solito vizio di non guardare bene le vie!
Scendo, sono un po' 'smarronato'. Anche se sono quasi le sette di sera, non c'e un filo d'aria. Non sono certo le condizioni ideali per provare un tiro cosi duro. Forse mi conveniva stare a Coltura con gli altri. Ma ormai sono qua e mi concedo ancora un tentativo, dopo, fatta o non fatta, si torna a casa.
Si sta facendo sempre più scuro. Ri-Zlipper da corsa e… ri-parto. Il recupero non è stato così lungo, e patisco la prima parte. Ma ormai sono sul finale. La destra esce dallo strapiombo e prende la piccola tacca intermedia che mi permette di raggiungere la banchetta prima dell'uscita più facile. Sì facile… ma è talmente buio che stento a vedere gli appoggi per i piedi. Fortunatamente non sono male e richiedono poca precisione. OK sono in sosta... cala. Bella via! Anche se so che qualcuno dirà: eh già, quando le fai sono tutte belle! Penso che tornerò per ripeterla come allenamento.
E' stata una buona giornata, stasera pago io! Naturalmente al ristorante viaggiante Itaca: il menu prevede pasta al pesto con parmigiano, quindi piselli e carote seguiti da un'insalata verde vecchia di quattro giorni… Era comunque buona vero Nic & Leo?
Ciao, Alberto."
IL CURRICULUM
L’inizio
"Maggio 1986: inizio ad arrampicare con un corso del CAI di Biella che coincide con la fine della mia stagione agonistica nello sci. Decido quasi subito che l'arrampicata è il mio sport.
Primo anno
Dopo 6 mesi faccio il mio primo 7a. Giusto dopo un anno arriva il mio primo 7c+ al Monte Fenera in Valsesia, su una via chiodata da me e dal mio compagno di allora Mauro.
Primo 8a
A ottobre dell'anno dopo faccio il primo 8a a vista, in gara. A novembre nello stesso giorno faccio Noi 8b+ e salgo a vista Margarina 8a che, a tutt'oggi, resta una onsight irripetuta. Nello stesso anno arriva quello che per me sono tra i più bei ricordi: la salita 'a vista' di "En un combat douteux" 8a ed il lavorato di Sortileges 8b, allora una via mitica.Quel giorno, a Cimai, alcuni tedeschi chiesero ad un mio amico quanti tentativi avessi fatto su "En un combat douteux"; quando rispose che ero a vista i due scoppiarono a ridere: pensavano ad uno scherzo…
L’allenamento
Fino al 1991 mi sono dedicato interamente alla scalata e all'allenamento con la ferma motivazione di provare a fare bene. Allora il menu prevedeva: lunghe sedute al trave (fino a 3-4 ore al giorno) e arrampicata nel fine settimana.
Il trave
Ho visto il trave per la prima volta da un amico. E, così per provare, mi sono sospeso su un braccio ad una lista da 1,5 centimetri. Gli amici sono rimasti un po' stupiti…
Lento… ma a vista
Nei primi anni la mia scalata era caratterizzata dall'eccessiva lentezza ed il mio stile preferito era salire 'a vista'. Ho dei bei ricordi come l'onsight di "J'irai cracher sur vos tombes" (Pasqua 1988). Quel giorno c'erano dei francesi che mi osservavano: erano Francois Legrand e Serge Blein, dopo un po' li avrei ritrovati in gara.
Proseguendo
Le vie e le realizzazioni sulle vie a vista si susseguono. Riesco a vista su vie come Outsider a Cornalba (aprile 1990) e Flashdance a San Nicolò sempre nel '90) ed altre ancora.
Verticale o semi strapiombante
Il mio stile preferito di scalata resta comunque il verticale o semi strapiombante E' questo il terreno in cui riesco ad esprimermi al massimo: lì l'arrampicata non è solo questione fisica ma anche celebrale. E ancora oggi penso di riuscire a fare la differenza con molti altri arrampicatori.
Il Cubo
Per me è stata importante anche la chiodatura del Cubo in Valle d'Aosta. Dopo un lungo periodo di demotivazione per cause che non avevano niente a che fare col mondo verticale, il Cubo mi ha ridato un po' di vigore e la forza di ritornare il climber motivato che ero prima. Qui ho chiodato alcune tra le vie più dure della Valle: circa il 70% sono comprese tra l'8a e l'8c. Tutto ciò con gran fatica vista la scarsa qualità della roccia e la povertà di prese naturali.
Farsi del male
Arrivati al 1997… mi rompo un estensore del dito. Un problema che mi trascinerò per circa 8 mesi prima che un bravo medico riesca a risolvermelo.
La via più dura
Proprio alcuni giorni prima di operarmi, con un anulare grosso come un pollice, riesco a liberare L'Avaro a Sarre, la via più dura che ho fatto anche se purtroppo e' costruita, ma ormai credo che le vie completamente naturali di questo livello le puoi contare su una mano.
Relax post operatorio
A pensarci bene sono proprio contento di essermi rotto l'estensore. Per la prima volta da quando scalavo ho fatto un periodo di completo riposo. Un periodo in cui non ho più fatto le gare e in cui mi sono un po' staccato dall'ambiente.
Ritorno in pista
Decido di ritornare alle gare nel 2000, iniziando con la vittoria di Montevecchia e proseguendo poi con un bell'anno ricco di soddisfazioni.
Il nuovo millennio
Siamo alla fine del 2000 mi faccio di nuovo male e questa volta all'anulare sinistro, precisamente alla puleggia. Nei primi mesi rallento un po' gli allenamenti sul muro per non compromettere le gare. In questo modo nel giro di due mesi raggiungo una nuova freschezza ed una voglia rinnovata di scalare. Così in Aprile mi riescono una quindicina di vie del grado 8 a vista ed un bel lavorato a Massone, "Reinis Vibes" 8c/c+.
L'inizio è buono, speriamo lo sia anche il resto."
"Notte insonne! Mi sveglio stanco e nervoso: colpa di quel treno a vapore che mi dormiva accanto! Fortunatamente la mattina è splendida. Ma è un'illusione che dura poco. Tempo di finire la colazione - a base di Muccarella (stupenda) e fette biscottate al cappuccino (manca solo il vov) - e le nuvole sono ovunque; non lasciano presagire gran che di buono.
Arriviamo per primi a Coltura. E, mentre aspettiamo Gippo, Ulla, Cristian, Leo e il resto della banda, iniziamo a scaldarci con cautela. Difficilmente inizio dal 6b, ma qui la scalata appare diversa dagli altri posti della Valle del Sarca. Poi tocca a un bel 7a boulderoso. E sì, oggi ho proprio deciso di fare solo tiri facili. E' il quarto giorno che scalo: la pelle e le fibre a mia disposizione sono abbastanza provate. Ho deciso: farò giusto ancora un 7b/7b+. Stefano vede una bella linea, legge la guida, e mi consiglia Odissea plus 7b+. Ma sì, dai, faccio questa!
Parto e capisco subito che la via e abbastanza tecnica… Ma anche sul 'tirare' non scherza! Oggi sono proprio duro come un legno: al quarto spit ho gli avambracci della consistenza del cemento pronto. Secondo me questo tiro potrebbe essere qualcosina in più… Eh sì il mio amico è proprio un burlone! Mica mi aveva detto che per fare Odissea plus dovevo prima sorbirmi una bella Odissea (quella vera!) sul primo tiro di 8a… Raggiungo la catena, senza cadere. Sono contento, questo stile di arrampicata mi ha sempre dato enorme soddisfazione. Comunque sono stanco. Faccio ancora un tiro per defaticare poi basta.
Però ho ancora in testa la presa di quella via al Pueblo di Massone… Il giorno prima l'avevo accarezzata due volte ma per non fargli troppo male avevo deciso di lasciarla al volo… nello stesso momento che dalla mia bocca uscivano un misto di fiato e varie altre cose irripetibili. La decisione è presa: direzione sud, verso il Pueblo. Stefano il mio compagno di viaggio mi dice di non farmi problemi: se voglio guida lui. Gli dico di stare tranquillo e lui, presa la palla al balzo, dopo 30 secondi cade in un sonno devastante.
Sosta al bar Giulia, ma neanche due caffè macchiati e un litro e mezzo di coca light mi fanno passare il sonno che mi trascino dal mattino. Dopo poco siamo ai piedi della falesia: "il solito bordello di gente" penso tra me. Due parole con Rolando sulle vie che ho provato a Coltura, e poi via di nuovo per il secondo breve riscaldamento della giornata. Piccola sosta. Preparo le mie Zlipper da GP, prendo la corda nuova di Leo - che praticamente non ha ancora svernato - e la metto ai blocchi di partenza. Mi infilo le scarpette molto consumate (per una maggiore sensibilità e morbidezza), e parto.
Primo problema al quarto spit: dopo c'è quell'odioso 'lancetto'. Lo risolvo con un metodo statico che richiede meno decisione, ma un pò più di power (stile: 'incredibile Gnerro', n.d.r.). Da lì è solo un problema di resistenza fino agli ultimi tre metri del grande strapiombo dove mi fermo per recuperare. Riparto. Blocco con la mano destra. Vado alla prima pietra incollata di sinistro. Mi metto in lolotte da vero 'fighetta anni novanta'. Prendo la seconda cannetta verticale, ci accoppio con la mano sinistra ed esco sulla tacca, fuori dallo strapiombo, di mano destra…
Mi sento molto bene! Prendo uno svasetto intermedio, lancio verso la presa finale della via… ma più che la sensazione di voler stritolare una presa mi sembra di accarezzare i glutei di una donna mentre passeggia per il Corso il sabato pomeriggio (anche se io il Corso, purtroppo per lui, l'ho visto ben poche volte)... E via giù verso il basso a 200 all'ora lasciando, alcuni metri sopra la mia testa, una serie di parole irripetibili.
Mi tiro su fino al passaggio. Tasto lo svaso fuori dallo strapiombo e mi accorgo che proprio svaso-svaso non è perché nasconde una piccola tacca che, sebbene piccola, sempre tacca è! Il mio solito vizio di non guardare bene le vie!
Scendo, sono un po' 'smarronato'. Anche se sono quasi le sette di sera, non c'e un filo d'aria. Non sono certo le condizioni ideali per provare un tiro cosi duro. Forse mi conveniva stare a Coltura con gli altri. Ma ormai sono qua e mi concedo ancora un tentativo, dopo, fatta o non fatta, si torna a casa.
Si sta facendo sempre più scuro. Ri-Zlipper da corsa e… ri-parto. Il recupero non è stato così lungo, e patisco la prima parte. Ma ormai sono sul finale. La destra esce dallo strapiombo e prende la piccola tacca intermedia che mi permette di raggiungere la banchetta prima dell'uscita più facile. Sì facile… ma è talmente buio che stento a vedere gli appoggi per i piedi. Fortunatamente non sono male e richiedono poca precisione. OK sono in sosta... cala. Bella via! Anche se so che qualcuno dirà: eh già, quando le fai sono tutte belle! Penso che tornerò per ripeterla come allenamento.
E' stata una buona giornata, stasera pago io! Naturalmente al ristorante viaggiante Itaca: il menu prevede pasta al pesto con parmigiano, quindi piselli e carote seguiti da un'insalata verde vecchia di quattro giorni… Era comunque buona vero Nic & Leo?
Ciao, Alberto."
IL CURRICULUM
L’inizio
"Maggio 1986: inizio ad arrampicare con un corso del CAI di Biella che coincide con la fine della mia stagione agonistica nello sci. Decido quasi subito che l'arrampicata è il mio sport.
Primo anno
Dopo 6 mesi faccio il mio primo 7a. Giusto dopo un anno arriva il mio primo 7c+ al Monte Fenera in Valsesia, su una via chiodata da me e dal mio compagno di allora Mauro.
Primo 8a
A ottobre dell'anno dopo faccio il primo 8a a vista, in gara. A novembre nello stesso giorno faccio Noi 8b+ e salgo a vista Margarina 8a che, a tutt'oggi, resta una onsight irripetuta. Nello stesso anno arriva quello che per me sono tra i più bei ricordi: la salita 'a vista' di "En un combat douteux" 8a ed il lavorato di Sortileges 8b, allora una via mitica.Quel giorno, a Cimai, alcuni tedeschi chiesero ad un mio amico quanti tentativi avessi fatto su "En un combat douteux"; quando rispose che ero a vista i due scoppiarono a ridere: pensavano ad uno scherzo…
L’allenamento
Fino al 1991 mi sono dedicato interamente alla scalata e all'allenamento con la ferma motivazione di provare a fare bene. Allora il menu prevedeva: lunghe sedute al trave (fino a 3-4 ore al giorno) e arrampicata nel fine settimana.
Il trave
Ho visto il trave per la prima volta da un amico. E, così per provare, mi sono sospeso su un braccio ad una lista da 1,5 centimetri. Gli amici sono rimasti un po' stupiti…
Lento… ma a vista
Nei primi anni la mia scalata era caratterizzata dall'eccessiva lentezza ed il mio stile preferito era salire 'a vista'. Ho dei bei ricordi come l'onsight di "J'irai cracher sur vos tombes" (Pasqua 1988). Quel giorno c'erano dei francesi che mi osservavano: erano Francois Legrand e Serge Blein, dopo un po' li avrei ritrovati in gara.
Proseguendo
Le vie e le realizzazioni sulle vie a vista si susseguono. Riesco a vista su vie come Outsider a Cornalba (aprile 1990) e Flashdance a San Nicolò sempre nel '90) ed altre ancora.
Verticale o semi strapiombante
Il mio stile preferito di scalata resta comunque il verticale o semi strapiombante E' questo il terreno in cui riesco ad esprimermi al massimo: lì l'arrampicata non è solo questione fisica ma anche celebrale. E ancora oggi penso di riuscire a fare la differenza con molti altri arrampicatori.
Il Cubo
Per me è stata importante anche la chiodatura del Cubo in Valle d'Aosta. Dopo un lungo periodo di demotivazione per cause che non avevano niente a che fare col mondo verticale, il Cubo mi ha ridato un po' di vigore e la forza di ritornare il climber motivato che ero prima. Qui ho chiodato alcune tra le vie più dure della Valle: circa il 70% sono comprese tra l'8a e l'8c. Tutto ciò con gran fatica vista la scarsa qualità della roccia e la povertà di prese naturali.
Farsi del male
Arrivati al 1997… mi rompo un estensore del dito. Un problema che mi trascinerò per circa 8 mesi prima che un bravo medico riesca a risolvermelo.
La via più dura
Proprio alcuni giorni prima di operarmi, con un anulare grosso come un pollice, riesco a liberare L'Avaro a Sarre, la via più dura che ho fatto anche se purtroppo e' costruita, ma ormai credo che le vie completamente naturali di questo livello le puoi contare su una mano.
Relax post operatorio
A pensarci bene sono proprio contento di essermi rotto l'estensore. Per la prima volta da quando scalavo ho fatto un periodo di completo riposo. Un periodo in cui non ho più fatto le gare e in cui mi sono un po' staccato dall'ambiente.
Ritorno in pista
Decido di ritornare alle gare nel 2000, iniziando con la vittoria di Montevecchia e proseguendo poi con un bell'anno ricco di soddisfazioni.
Il nuovo millennio
Siamo alla fine del 2000 mi faccio di nuovo male e questa volta all'anulare sinistro, precisamente alla puleggia. Nei primi mesi rallento un po' gli allenamenti sul muro per non compromettere le gare. In questo modo nel giro di due mesi raggiungo una nuova freschezza ed una voglia rinnovata di scalare. Così in Aprile mi riescono una quindicina di vie del grado 8 a vista ed un bel lavorato a Massone, "Reinis Vibes" 8c/c+.
L'inizio è buono, speriamo lo sia anche il resto."
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