Ulju Mountain Film Festival, in Sud Corea buona la prima
Vivere un film festival della montagna come un'avventura? So già che state pensando ad un claim pubblicitario (insomma, usando un francesismo, ad una “marchetta”). Vi assicuro che non è così. Perché quello che abbiamo vissuto al 1° Film Festival della montagna di Ulju, nella regione di Ulsan nel sud est della Corea, non è stato semplicemente un viaggio in Asia Orientale, con tutte le sue classiche emozioni, stupori, incomprensioni. No, è stato anche, e soprattutto, una piccola avventura umana con tanto di finale “a sorpresa” quasi... drammatico. Poi, come si dice, tutto è relativo: l'avventura può avere mille sfaccettature personali, non necessariamente tutte estreme.
Ma partiamo dall'inizio o quasi. Cominciamo dall'inaugurazione. Come spiegarvi lo stupore del nostro arrivo nella sede del Festival? Sarà che da bravi italiani eravamo un po' in ritardo. Sarà anche che per un disguido si erano dimenticati di noi. Ma quando trafelati arriviamo all'ingresso della cittadella dell'Uiju Mountain Film Festival, ci blocchiamo stupiti ed increduli. Decine di poliziotti, addetti alla security e volontari presiedono l'ingresso. Chi dirige il traffico verso i parcheggi. Chi, e sono i più, rotea spade spaziali, pardon “bastoni luminosi”, nell'aria... Insomma sul campo c'è uno spiegamento di forze mai visto. Incredulità, appunto... ma che ci facciamo noi qui?
Indomiti ci riprendiamo subito e percorriamo il gran viale d'ingresso contornato dai manifesti di tutti i film (meno il nostro, anche questo per un disguido... stavolta però tutto nostro). Ma non c'è tempo per pensarci più di tanto che già dobbiamo affrontare il green carpet. Lo spaesamento di tutti noi è massimo. Di fronte abbiamo il grande spazio delle proiezioni all'aperto: palco e schermo enormi e un'altrettanto enorme platea coperta. Ci saranno state mille persone. Tutte che applaudono. Sogniamo o siamo desti? Ah, dimenticavo, piove a dirotto però nessuno sembra farci caso. Fatto sta che abbagliati dai fari e dai flash dei fotografi ci viene spontaneo pensare che in fondo è giusto così. E che, finalmente, il lavoro (difficile) dei registi e la loro immensa passione viene riconosciuta. Non succede spesso, soprattutto a noi filmaker dell'outdoor. Così, per questa volta, ci godiamo felici e anche con un po' d'imbarazzo le luci della ribalta.
Poi la serata va avanti, come il nubifragio. Il Festival si presenta. C'è una Giuria internazionale di gran livello. La presidente è Bernadette McDonald (scrittrice e fondatrice del Banff Centre for Mountain Culture). Poi ci sono Javier Barayazarra (direttore del Bilbao Mendi Film Festival), Marco Preti (regista e storico protagonista della nuova arrampicata nata negli anni '80), Kim Eunyoung (docente di Cinema dell'Università di Chugye) e Cho Minsoo (attrice e magnifica protagonista di Pietà, film vincitore del leone d'oro a Venezia). C'è anche Reinhold Messner in veste di assoluta guest star della manifestazione. Per fargli una sorpresa hanno distribuito al pubblico una maschera con impressa la sua faccia. Dobbiamo mettercela quando sale sul palco. Noi siamo sicuramente sorpresi e forse un po' anche lui. Intanto la pioggia continua ad imperversare, ma non ferma lo spettacolo di balli, musica e anche le performance teatrali di Park Jaedong, l'imperdibile direttore del Festival. Dopo la proiezione di Meru, la prima giornata si chiude con un gran ricevimento. E' tutto ottimo. Anche il clima che sembra essersi da subito creato nel gruppo dei registi. Sarà perché siamo tutti molti distanti da casa, oppure perché stiamo già entrando nell'atmosfera della nostra piccola avventura? In ogni caso la sensazione è che tutti percepiscano di vivere una grande e particolare esperienza.
A proposito di grandezza. Il giorno dopo ci rendiamo conto meglio del tutto. Il villaggio del Festival è qualcosa di mai visto. Ci spiegano che fino a tre anni fa non c'era nulla e che quello che vediamo è interamente ed esclusivamente dedicato al Mountain Film Festival. L'area è grandissima. Una moderna palazzina su due piani ospita una sala cinematografica, la sala stampa, la reception per gli ospiti, la sala interviste, un museo e tutti i servizi. Il tutto è inserito in una sorta di area anfiteatro esterna su più livelli: la spianata di base è occupata dal grande spazio (lo stesso della serata d'inaugurazione) dedicato alle proiezioni principali. Adiacenti ci sono i ristorantini all'aperto. Più su due tendoni con altre due sale di proiezione da circa 400-500 posti ciascuna. C'è anche una cascata artificiale che spunta dalle rocce e che di sera si illumina dei colori dell'arcobaleno. E più in là c'è l'altra sorpresa: la struttura di arrampicata. Immensa! La parete del Lead è enorme, ultra strapiombante e modernissima. Quella dello speed ha 4 piste. Quella del boulder è lunghissima. Sono tutte coperte. Raramente abbiamo visto qualcosa di simile, anzi forse in giro non c'è nulla di simile. Nei giorni del Festival nelle gare Lead, Speed e Boulder sono scesi in campo oltre 500 atleti. Niente male! Anche per il pubblico che ad ogni volo, ad ogni top, insomma per qualsiasi cosa dimostrava il suo entusiasmo.
D'altra parte tutte le proiezioni, compresa naturalmente l'affollatissima conferenza di Messner, sono andate sold out. L'organizzazione si aspettava 50.000 visitatori. Non abbiamo voluto fare i pignoli, non le abbiamo contate. Sappiamo solo che erano tantissime. Un fiume di tutte le età: famiglie, ragazzi, ragazze, bambini, giovani e meno giovani. Moltissimi vestivano la “divisa d'ordinanza” da trekking, ovviamente con annessi gli immancabili bastoncini. Tanti i gruppi che di primo mattino s'incamminavano per i sentieri dei boschi che circondano il villaggio. Insomma, in quei giorni pareva che Ulju con i suoi alberghi (che per la verità a volte andavano un po' oltre il nostro, seppur opinabile, gusto architettonico) fosse il centro della Corea. Ma forse anche questa è solo un'impressione. Di certo per noi il confronto con questo mondo, e se volete con la sua idea di montagna e anche di alpinismo, è stato stimolante. Per esempio le domande dei “question time” alla fine dei film riuscivano sempre a spiazzarti, a vedere angolazioni che mai avremmo immaginato. E questa è stata forse la cosa più interessante: toccare con mano come in questo mondo globale e globalizzato possano esistere ancora, per fortuna, diversi punti di vista e diverse culture. Perché la diversità è sempre una ricchezza.
E' un po' quello che dimostravano anche i 24 film del Concorso internazionale. 24 opere che coprivano tutte, o quasi, le sfaccettature dell'andar per monti, dalle imprese alpinistiche e d'esplorazione a quelle umane e sociali del vivere la montagna. Forse anche per questa molteciplicità di sguardi e di esperienze è stato così intenso il rapporto tra i registi. Sarà stato solo per la sindrome da jet lag, oppure per la voglia di tirar tardi, ma la festa, le discussioni e lo scambio di idee si protraevano fino a notte fonda. A parlar di tutto, a scherzare su tutto. Tanto che una notte a parlar di montagna e politica e “disastri” internazionali c'erano un pachistano, un belga, uno spagnolo, un nepalese, una statunitense, un italiano e una inglese... Non hanno di certo cambiato il mondo, ma è stato interessante ascoltarli, percepire la loro passione.
Ci sarebbero tante altre cose da dire. Ma ormai siamo andati lunghi oltre ogni “moderna” misura. Per i pochi che sono arrivati fin qui, resta solo da dar conto di quel “quasi dramma” accennato all'inizio. E' presto detto: l'ultimo giorno, quello della partenza, sulla regione di Ulsan e quindi su Ulju si è scatenato un uragano. Morale i più fortunati (due) sono riusciti a partire in tempo per prendere il loro volo a Seul. Un altro gruppo è riuscito a “scappare” ma inevitabilmente ha perso il volo guadagnando però una bella visita alla stupefacente megalopoli coreana. Gli altri, i più sfortunati, sono stati bloccati dall'inondazione... Un'avventura inaspettata e di cui tutti, compresi gli organizzatori avrebbero fatto a meno. Alla fine però resta l'esperienza complessiva (a parte l'uragano) assolutamente imperdibile. Sì, è stato davvero bello questo viaggio. E da parte nostra non resta che augurare lunga vita al Ulju Mountain Film Festival. Thank you South Korea!
di Vinicio Stefanello
I VINCITORI DEL 1° ULJU MOUNTAIN FILM FESTIVAL 2016
Grand Prize: Jurek by Paweł Wysoczański
Best Alpinism Film: A Line Across the Sky by Peter Mortimer, Josh Lowell
Best Climbing Film: Panaroma by Jon Herranz
Best Adventure & Exploration Film: The Great Alone by Greg Kohs
Best Nature & People Film: Samuel in the Clouds by Pieter Van Eecke
Special Jury Prize: Denali by Ben Knight
Audience Award: A Line Across the Sky by Peter Mortimer, Josh Lowell
TUTTI I FILM IN CONCORSO INTERNAZIONALE 1° ULJU MOUNTAIN FILM FESTIVAL 2016
K2 and the Invisible Footmen by Iara Lee
The Great Alone by Greg Kohs
Samuel in the Clouds by Pieter Van Eecke
Echoes by Aline Suter, Céline Carridroit
Story of Annapurna by Anna
A Line Across the Sky by Peter Mortimer, Josh Lowell
Jurek by Paweł Wysoczański
Tom by Angel Esteban, Elena Goatelli
Reach Your Limits by Dimo Petkov
Drawing the Tiger by Amy Benson, Ramyata Limbu
Golden Gate by Jon Glassberg
Snowflake by Ben Sturgulewski
The Place by Julia Popławska
The Time of Two Boys by Jeon Seungbae
Denali by Ben Knight
Operation Moffat by Jen Randall, Claire Carter
Big Men by Jordi Canyigueral
The Important Places by Forest Woodward, Gnarly Bay
Eclipse by Anthony Bonello
Kaxkagorri by Jose Ramón Agirre
First Ascent – Kunyang Chhish East by Matteo Vettorel
Chris Bonington - Life and Climbs by Vinicio Stefanello
Panaroma by Jon Herranz
Showdown at Horseshoe Hell by Nick Rosen, Zachary Barr