Lecco: tre giorni per la Ovest del Cerro Torre
Il 28, 29, 30 ottobre, trent'anni dopo la "prima" alla Ovest del Cerro Torre, Lecco si è ritrovata per ricordare quella storica salita. L'ha fatto con commozione e grande partecipazione, ripensando al passato e guardando al futuro, sognando quello che è stato ma anche quello che sarà.
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Pubblico alla serata di giovedì
Giulio Malfer
Giovedì 28, venerdì 29 e sabato 30 ottobre, trent'anni dopo la "prima" alla Ovest del Cerro Torre, Lecco si è ritrovata per ricordare quella storica salita. L'ha fatto con commozione e grande partecipazione, ripensando al passato e guardando al futuro, sognando quello che è stato ma anche quello che sarà. Sì, perché ci sono sogni che continuano a essere tali anche quando si realizzano. Come ci sono montagne (il Torre è una di queste) che rimangono inafferrabili anche dopo la cima. Non è forse per questo che gli alpinisti continuano a sognarle? Non è proprio per questo che mettono in gioco tutto per raggiungerle? Difficile trovare un'unica risposta, com'è impossibile immaginare un sogno che li comprenda tutti. Ma, dopo le tre giornate lecchesi, una cosa è certa: la condivisione dei sogni, quelli di ieri e quelli di oggi, può fare grande l'alpinismo e gli alpinisti... e, a volte, può riuscire anche nell'impossibile impresa di metterli d'accordo. E' cosa rara che gli alpinisti siano tutti d'accordo, ma a Lecco (per miracolo?) è successo anche questo... Di certo, infatti, alpinisti e spettatori di ogni età erano d'accordo dopo la serata di giovedì: è stata bellissima!, dicevano. Sì, perché lo straordinario viaggio sulla parete ovest ha davvero conquistato il pubblico che affollava il teatro del Cenacolo Francescano. Per un'ora e mezza c'è stato spazio solo per le immagini, la musica e le brevi didascalie che hanno cavalcato le emozioni di quest'avventura tutta lecchese. Una storia, in tre tappe, iniziata nel '58 dai "Ragni" Walter Bonatti e Carlo Mauri che, nel ruolo d'esploratori dell'impossibile, per primi misero mano all'immensa e difficilissima Ovest del Torre. Continuata poi, nel 1970, con la spedizione - di cui lo stesso Carlo Mauri fu capo - che si spinse ancora più in alto fino al cuore della parete. E quindi conclusasi nel 1974 con l'ultima tappa che vide la spedizione dei Ragni raggiungere la vetta con Casimiro Ferrari, Mario Conti, Pino Negri e Daniele Chiappa. Inutile dire che il filo che unisce la città della Grigna a queste tre avventure è fin troppo evidente. Inutile sottolineare che in sala era quasi palpabile la commozione del pubblico nel seguire gli immensi sforzi e la trepidazione per quella cima.
Una partecipazione che è arrivata al culmine quando è apparsa la foto di gruppo degli alpinisti e dei famigliari, seguita da quelle del taglio della torta di fine spedizione da parte di ciascun protagonista con la propria moglie o fidanzata. E' stato allora che è successo: per un attimo il tempo, dilatato dall'emozione, non ha più avuto dimensione. In quegli istanti il passato è sembrato coincidere con il presente: era come se Lecco prendesse coscienza di com'era e allo stesso tempo di cos'è adesso. E, netta, convincente, si è avvertita la sensazione che in sala ci fossero proprio tutti, anche quelli che non ci sono più. Accanto ai protagonisti c'erano i figli, quelli all'epoca già nati e quelli che sarebbero venuti. C'erano madri, padri, fratelli, sorelle, amici. C'era la storia di una città e c'era il legame di questa terra con le montagne di casa e del mondo. C'era una salita fortemente voluta da quei 12 alpinisti ma anche da tutta la città. E intatta, poi, c'era l'emozione vissuta quel 13 gennaio del '74 da Daniele Chiappa - uno dei quattro di quella mitica cumbre - che ha realizzato e reso viva questa magnifica storia per immagini ed emozioni. Sicuramente vivo, poi, è stato il ricordo di Casimiro Miro Ferrari, rievocato da Walter Bonatti, Gigi Alippi, Mario Conti, Carlo Aldè, Giuliano Maresi e Daniele Chiappa che l'hanno ricordato presentando il libro "Casimiro Ferrari, l'ultimo re della Patagonia" di Alberto Benini. E' un'immagine dai contorni reali e insieme fantastici quella che è uscita dai loro racconti. Era come il vento della Patagonia, il Miro. Era travolgente e anche terribile come le bufere patagoniche, il capo spedizione degli eroi del '74, come di molte altre spedizioni e cime. Era un alpinista e un uomo eccezionale, difficile come quelle pareti alla fine del mondo che per molti anni sono state meta dei suoi viaggi e dei suoi sogni. La Patagonia, forse, era la sola terra che potesse accoglierne l'inquietudine e insieme comprenderne la grandezza. Tanto da divenire la sua casa, tanto che quelle montagne porteranno per sempre il ricordo del suo passaggio. Si è sempre occupato dei giovani, Casimiro. Ha sempre cercato di stimolarli. "Mi raccomando i giovani" disse all'attuale Presidente dei Ragni, Alberto Pirovano. Del resto, ciò che contraddistingue l'alpinismo lecchese è proprio la continuità: la passione e l'arte di salire la montagna tramandata dai padri ai figli, senza mai perdere di vista il rinnovamento, gli obiettivi futuri e il grande alpinismo mondiale. E' per questo che venerdì, nella serata dedicata a ciò che la salita del '74 ha rappresentato per il mondo alpinistico, si sono alternati sul palco alcuni dei protagonisti di queste montagne. A cominciare da Carlos Comesaña, alpinista e matematico argentino che, assieme a Fonrouge, con la prima salita della Super canaleta, ha realizzato una delle vie più belle della Patagonia e la seconda ascesa assoluta del Fitz Roy. Grande conoscitore, esploratore e amante di quelle montagne, Carlos ha presentato la Patagonia come terreno per "Un alpinismo classico del terzo millennio" ossia quanto c'è ancora da fare e quanto sia importante impegnarsi per farlo nel modo più pulito. Mario Conti, invece, con Casimiro Ferrari nella cordata di punta del '74 e capo spedizione dell'ultima spedizione dei Ragni al Cerro Piergiorgio, ha illustrato tutte le vie del Torre, aiutandosi con il bellissimo plastico realizzato dal grande alpinista patagonico Elio Orlandi. Mentre Dave Carman, americano del Wyoming, ha ricordato la sua salita in stile alpino effettuata nel 1977, con John Bragg e Jay Wilson, che consentì ai tre di realizzare la prima ripetizione della via dei Ragni alla Ovest del Torre. Una salita perfetta e straordinaria, realizzata in soli tre giorni. Un tempo da record, nato dalle sue salite nelle Rocky Mountains e frutto, come ha precisato Dave, del vento rivoluzionario che aveva appena cominciato a soffiare nell'alpinismo e che, su ghiaccio, era dettato dai nuovi materiali e dalla nuovissima tecnica della piolet traction.
Sempre di grandi performances sulla Ovest, hanno parlato anche Stephan Siegrist e David Fasel autori nel '99, con Thomas Ulrich e David Cruch, della prima invernale della via dei Ragni alla Ovest. Due veri personaggi questi svizzeri che nel 2001, sempre con il connazionale Ulrich e il californiano Greg Cruch, tentarono anche l'invernale della Maestri-Egger al Torre. Quella volta non andò per il verso giusto, ma è sicuro che di Stephan e David risentiremo parlare, magari proprio per qualche progetto in Patagonia. Sulla strada del'alpinismo dopo la Ovest, anche l'intervento di Carlo Aldè che nel 1984, ancora diciannovenne, aprì con Casimiro Ferrari e il coetaneo Paolo Vitali la via "Carlo Mauri" sulla bellissima parete nord-est del Murallion. Una parete con linee vergini assolutamente fantastiche. Non a caso, ha ricordato Carlo, sono state e sono tutt'ora nel mirino di Stefan Glowacz che vi ha realizzato una via nuova e, proprio ora, tenta di salirne un'altra. Si diceva del rapporto tra giovani e vecchie generazioni... beh, sicuramente Giuseppe Alippi, il mitico Det, è un esempio di come funziona l'alpinismo a Lecco: qui non si smette praticamente mai di andare in montagna. Ha raccontato del primo tentativo all'impressionante parete del Cerro Piergiorgio, il Det, e di quella formidabile cordata di sessantenni composta da lui e Casimiro Ferrari. Ma, soprattutto, ha presentato il suo ultimo viaggio in Patagonia: una via nuova e un giro sulle Torri del Paine. "Un buon viaggio: la Patagonia è stata clemente", ha detto. Sì, uomini come il Det sono assolutamente straordinari, come forza, capacità alpinistica, passione e semplice... concretezza! Un esempio che le giovani generazione d'alpinisti non possono ignorare. Non l'ignora certo Simone Pedeferri che ha parlato dell'ultima spedizione dei Ragni al Cerro Piergiorgio, nel 2002, e di quanto è importante il Gruppo. Sì sa, la Patagonia non è terreno facile, e non poteva esserlo neanche per quella giovane spedizione, certo non fortunata con il meteo: "Dovete essere come il tasso che si mette sotto la parete, aspettate il momento più favorevole e poi salite", disse proprio il Det a quei ragazzi. E proprio agli alpinisti del futuro Carlos Comesaña ha dedicato il finale della serata: le riprese aeree delle zone più sconosciuta della Patagonia, con montagne e pareti tutte da scoprire e, naturalmente, assolutamente vergini. E' stata una sorpresa: Carlos ha veramente regalato a tutti i suoi sogni.
Sabato, per l'ultimo atto della tre giorni, il focus non poteva essere che riportato sulla Ovest e sui suoi protagonisti. Ancora una volta, il teatro era strapieno. Ancora una volta, tutta Lecco era presente. E ancora una volta il piccolo miracolo è accaduto: il tempo si è fermato per coniugare quel che è stato al presente. Sul filo del film Torre del Vento, i protagonisti delle spedizioni del 1970 e del 1974 hanno raccontato, passo per passo, la loro avventura. Si è capito così, una volta di più, l'importanza della spedizione del '70 per la vittoria del '74. Si è compreso quanto abbiano contato gli sforzi di tutto il gruppo per il risultato finale. Il peso e, allo stesso tempo, l'importanza della rinuncia alla cima per alcuni di loro. Si sono compresi i diversi vissuti di chi stava davanti e di chi seguiva. Si è rivissuto quello spirito comune sulla montagna che si ripercuoteva da oltre Oceano alla città, a Lecco. Si sono rivisti i preparativi, i due mesi sul Torre, quel 13 gennaio della vetta e finalmente il ritorno a casa. Sono passati trent'anni da quei fatti, ma sabato sera i ricordi e le emozioni sembravano così vivi da confondere il tempo. Merito dei piccoli miracoli che solo una grande passione può far vivere e ri-vivere. Merito dei sogni che si ripetono. Per continuare con sogni e emozioni, resterebbe da raccontare di tutto quello che è avvenuto a margine di queste tre serate. Degli incontri attorno ad un tavolo o davanti a una birra. Dei discorsi per strada o davanti al bar. Ci sarebbe da raccontare dell'attenzione e dell'interesse dimostrato da Walter Bonatti per le idee dei giovani alpinisti, della sua passione. Si dovrebbero descrivere gli occhi di Mario Conti mentre ricordava Pino Negri, compagno sulla Ovest del Torre e di tutta una vita. Si doveva fotografare la faccia di Dave Carman, mentre riceveva il maglione rosso dei Ragni da un giovane del Gruppo, ma stavano chiudendo la birreria e poi... non c'era luce sufficiente. Si dovrebbe raccontare della voglia di discutere d'alpinismo e montagne di Dave Fasel, ma anche della sua proposta (quasi accettata) di finire la nottata in discoteca... Si potrebbe dire della simpatia di Carlos Comesaña, del suo duetto con Giuliano Maresi per riconoscere le cime più nascoste della Patagonia, per accorgersi poi che loro due sono gli unici testimoni che possono farlo. Insomma non si finirebbe più di raccontare. Perché, gli alpinisti a volte si ritrovano e, quando succede, magari non vanno d'accordo proprio su tutto, ma sempre si lasciano andare e diventano "leggeri". E' allora che nascono sogni senza età e senza confini... Sogni di tutti per il prossimo futuro da inventare. testo di Vinicio Stefanello - foto di Giulio Malfer
Nelle foto, dall'alto: Il pubblico della serata di giovedì, Felice Anghileri dei Gamma Lecco e Alberto Pirovano dei Ragni; Giuliano Maresi, Daniele Chiappa e Walter Bonatti; Mario Conti "spiega" il Cerro Torre; La mostra fotografica dedicata alla Ovest del Torre e alla Patagonia; David Fasel, Cristine Kopp, Stephan Siegrist. |
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