Grignetta d'oro 2006, premiati: Larcher, Libera, Spreafico e Badino
Il 21/10 nell'ambito della 5a edizione del Meeting della Montagna, manifestazione organizzata e dedicata dai Ragni di Lecco all'alpinismo e agli alpinisti italiani, Rolando Larcher e Rossano Libera sono stati premiati con il Grignetta d'oro per l'alpinismo, mentre a Giorgio Spreafico è stato consegnato il riconoscimento per la comunicazione e a Giovanni Badino per lavoro e montagna.
23/10/2006
Grignetta d'oro il giorno dopo… Sarà per l'overdose di parole e immagini su mille montagne e pareti. Sarà perchè tra tanti alpinisti - tutti con i loro alpinismi così diversi e simili nelle motivazioni - è davvero difficile raccapezzarsi. Fatto sta che si fa fatica (o meglio faccio fatica) a trovare il filo di questo V° meeting della Montagna - Premio Grignetta d'oro organizzato ai Piani Resinelli dai Ragni di Lecco. Troppi incontri. Troppe immagini. Troppe vie ed esperienze, molte assolutamente affascinanti, si sono viste. Lo so, qualcuno dirà che questo spaesamento è solo il frutto di un eccesso di coinvolgimento nella festa e nell'immancabile tirar tardi, ovvero dell'altro lato, quello gaudente, di quest'incontri tra e con gli alpinisti. E' vero: ci vuole “fisico” per sopportare il tutto. Ma, diciamolo pure: un gioco, serio e serissimo, com'è quello dell'alpinismo ha bisogno anche di leggerezza per essere affrontato, “sopportato” e forse anche un po' intuito, visto che a “comprenderlo” veramente non basterebbero né mille incontri né mille vie. Così, senza aver la pretesa di dire tutto, tra i ricordi di questo Grignetta d'oro, emerge sicuramente la leggerezza di una linea d'eleganza come quella di Elio Orlandi al Fitz Roy: un sogno semplicemente difficile da scordare. Come non si possono scordare le emozioni che Simone Moro, ancora una volta, ha saputo comunicare raccontando la sua esperienza sulle grandi montagne himalayane. Come è impossibile rimanere indifferenti alle visioni di un Manolo, capace di evocare il futuro e di far capire che è possibile guardare avanti. E' quasi una provocazione la sua: è un'idea e insieme uno “stile” che prescinde dai mezzi, per fondarsi invece sul come si affrontano i problemi o meglio i sogni. Così uno specchio di fantastica roccia, quasi dietro a casa e alto “solo” 200 metri, può essere il campo di un'esplorazione infinita. Una ricerca che parte (e deve partire!) sempre dalla base della parete per poi affrontare l'autentico oceano nascosto tra uno spit e l'altro: un mare verticale in cui l'incertezza è l'unico moto ondoso ammesso. Ecco, l'esplorazione (anche emotiva) dei limiti, unita all'incertezza e al dubbio sulla riuscita mi sembra una bella, anche se forse non esaustiva, definizione del gioco. E, sarà un caso, proprio di un alpinismo d'incertezza ha testimoniato anche Rossano Libera, assolutamente una rivelazione per chi (come me) lo conosceva solo per sentito dire. Libera è l'alpinista della rinuncia (a mezzi e sicurezze). E' l'alpinista della ricerca vissuta soprattutto all'interno di sé stesso. Schivo (ma solo apparentemente), assolutamente solitario (ma non da solo) ha mostrato un percorso, tra solitarie invernali, pareti di roccia ma anche scelte di vita, davvero impressionante. Rossano in montagna è l'alpinista che, a tutti i costi, ri-cerca e vive il suo limite quasi come in un viaggio mistico. Sicuramente è una scelta difficile la sua. Certo è una strada “border-line” e di confine: le rinunce e l'incertezza (anche nella vita personale) sono “fuori norma” e quindi come tali non possono essere uno standard. Ma è proprio per questo che la sua esperienza vale: per il coinvolgimento totale e assoluto che richiede. A proposito di scelte di confine, paradossalmente mi viene da accostare l'esperienza di Rolando Larcher a quella di Rossano Libera. A ben guardare anche l'attività di Larcher (molto più conosciuta rispetto a quella di Libera) è stata, ed è, frutto di una ricerca continua e di una perseveranza non comuni. Rolando ha saputo esplorare le sue vie seguendo e perfezionando un'etica - quella dell'apertura dal basso con gli spit, della difficoltà obbligatoria e della libera - proponendo linee divenute metro di paragone per molti. La sua è un'attività (iniziata da molto tempo, anche in compagnia di Roberto Vigiani) instancabile, s'è sempre evoluta e ha indicato una strada. Forse non è proprio un caso se le esperienze di tanti altri presenti al Grignetta s'intersecano con quella di Larcher. Penso, per esempio, al 22enne Matteo Della Bordella che ha presentato nuove vie e ripetizioni in numero e qualità da vero veterano delle pareti, ma anche ad Adriano Selva impegnato ed immerso nel trovare la sua (difficile) strada tra le impegnative pareti lecchesi e non. Ma penso anche all'interpretazione di Nicola Tondini che (con Nicola Sartori, Dario Segato e Roberto Parolai) ha scelto di sperimentare e ricercare uno stile vario per le sue vie nuove nelle Dolomiti. Uno stile, quello dei “veronesi”, in cui viene privilegiato l'uso di protezioni tradizionali e, solo in ridottissima parte, l'uso di spit. Forse non è una strada nuovissima, ma certo rappresenta un'interessante e valida ricerca. Ma sarebbe troppo semplice se il salir per montagne si riducesse a così poche variabili di modi e anche di “mezzi” (leggi protezioni). Dentro ci sta l'infinità. Come quella elegante, ed anche poetica, di Ivo Rabanser che fonda le sue radice nella grande tradizione (anche familiare) dell'alpinismo dolomitico. Il suo è un concetto di rispetto, per il passato e per un'etica che non dovrebbe mai mancare, al di là dei “mezzi” utilizzati. Ciò fa o dovrebbe far parte della cultura e delle conoscenze imprescindibili per fare alpinismo. Proprio pensando a cultura, esplorazione ed evoluzione, non si può non citare il bellissimo viaggio esplorativo di Karl Unterkircher nel profondo e sconosciuto Tibet dello Genyen. Chi era presente ai Piani dei Resinelli non può aver dubbi: il viaggio di Unterkircher e compagni è stato davvero un'esplorazione fantastica e assolutamente rispettosa della cultura locale. Come bellissima è stata l'anteprima del film documentario, ancora in lavorazione, sulla spedizione: viste le premesse sarà un appuntamento da non perdere. Tanto quanto è stato imperdibile il récit d'ascension di Alessio Roverato. Il racconto, spontaneo e sincero, delle ripetizioni della Via Miotto, Bee e Groaz al Pelmo e della via Miotto - Saviane al Col Nudo è da iscrivere negli annali del meeting. Potremmo intitolarlo: “Viaggio inconsapevole attraverso la roccia marcia”, oppure “Tegolette… che si spaccano”. Alessio, e i suoi compagni d'avventura, hanno reso evidente come l'alpinismo non sia programmabile e come l'inconsapevolezza, o semplicemente la voglia di provare comunque e in ogni caso, sia assolutamente una delle sue grandezze. Sarà per questo che tutti gli alpinisti presenti hanno “adottato” e “arruolato”, senza remore, il loro giovane collega nel gruppo. Senza contare che la sua relazione ha messo davvero di buon umore tutti portando una ventata di sana genuinità. Mi accorgo che il discorso sta diventando lungo… Ma come non citare Cristian Brenna che, dopo una vita di altissimo livello tra falesia e gare, s'è cimentato anche con l'alpinismo. Molto pragmaticamente, e senza pesanti “sovrastrutture”, Brenna ha sintetizzato dicendo che si è trovato benissimo: “l'arrampicata, in fin dei conti, anche nell'alpinismo è sempre quella: si stringono gli appigli per quanta se ne ha, e si va su”. Inutile dire che è semplice ma vero. Come è inutile sottolineare che andar su, per il (grande) Brenna, significa in “libera”. Va detto anche che questo suo “quasi battesimo alpinistico” s'è espresso con Up project, la serie di spedizioni, tra Pakistan e Patagonia, ideate e seguite da Luca Maspes. Un bel progetto che, non a caso, ha coinvolto diversi dei protagonisti presenti a Lecco. Tra questi un posto d'onore spetta ad Hervé Barmasse, una delle “pedine” più importanti di tutte le spedizioni Up, e Yuri Parimbelli, probabilmente uno degli alpinisti italiani più completi, tra roccia e ghiaccio. Mentre per l'esplosivo Ezio Marlier, che ha fatto parte del team nel 2005, l'esperienza pakistana di Up s'inserisce in un'attività assolutamente più ampia con nuove vie che partono dal Monte Bianco per estendersi alle Alpi liguri e a quelle centrali. Si tratta di vie su roccia e ghiaccio e di tante, tantissime cascate nuove. Poi, e non per ultima, c'è la grande esperienza dell'Alpine Ice Tour, il viaggio in 120 giorni attraverso 196 cascate alpine. Marlier è il simbolo dell'irrequietezza dell'alpinismo, mai domo e mai fermo. Un'energia incomprimibile di cui ha dato prova anche a Lecco animando (assieme a un imprevedibile e scatenato Rossano Libera) la festa del Grignetta. Ma ritornando all'energia applicata alle montagne non si può non scordare quella, certo più nascosta ma sempre pronta a scoppiare, di Roberto Iannilli, ovvero “Mister Gran Sasso”. Roberto è uno straordinario “portatore sano” di quel virus che colpisce arrampicatori e alpinisti: per lui è semplicemente impossibile non scovare sempre nuove vie sulla sua montagna (il Gran Sasso) ma anche rinunciare alle sue scorribande per quelle del mondo. Accanto c'è da mettere l'assoluta forza e passione che motiva alpinisti come Silvestro Stucchi. Un'energia “lunga” che anno dopo anno, ogni anno, con la moglie Elena “brucia” i suoi 15 giorni di ferie per andare alla ricerca sempre di nuove vie per il mondo. O la passione di un Erik Svab: prova vivente che l'alpinismo e l'arrampicata sono una malattia difficile da debellare. Tanto che, nonostante la dichiarazione di aver ridotto al minimo l'attività pro lavoro e famiglia, poi ha presentato un curriculum chilometrico. Di passione pura per l'alpinismo si deve parlare anche per il Centro di Addestramento Militare Alpino: lo hanno ben testimoniato Remo Armano, Alex Busca e Marco Farina, il nucleo su cui si basa il nuovo progetto di spedizioni del Centro Militare di Aosta. E sempre grande e assoluta passione è quella della più incredibile cordata del Premio Grignetta 2006: Lorenzo Festorazzi e Silvano Arrigoni con quella muraglia di roccia incastonata nella loro nuova via sul Siula Grande, hanno davvero fatto brillare gli occhi a molti. Anche a questo serve il Meeting: a far sognare e far nascere nuove idee! A ricordarlo sono stati, tra gli altri, Alberto Peruffo che ha proposto in video le possibili linee del futuro sulle montagne del Rakaposhi Batura, ma anche Giovanni Badino speleologo e scienziato che ha presentato un'esperienza davvero ai confini del possibile: la grotta dei Cristalli a Naica in Messico, uno dei posti più inaccessibile della terra che nasconde una delle sue meraviglie più incredibili. Come dire che i confini dell'avventura e dell'esplorazione sono senza limiti. Mai finiti, appunto come l'alpinismo del futuro. Quasi dimenticavo: il Premio Grignetta d'oro per l'alpinismo è andato a Rolando Larcher e a Rossano Libera. Mezioni speciali della Giuria a Ivo Rabanser, Ezio Marlier e Maurizio 'Manolo' Zanolla. Il riconoscimento per la comunicazione è stato assegnato a Giorgio Spreafico, giornalista, capo redattore del quotidiano “La provincia” e autore, tra l'altro, del libro “Enigma Cerro Torre” (Cda Vivalda). Mentre per la categoria “lavoro e montagna” è stato premiato Giovanni Badino, fisico, ricercatore presso l'Istituto di Fisica Generale dell'Università di Torino e speleologo tra i fondatori dell'associazione La Venta. Sarebbe quasi superfluo dire che sono riconoscimenti assolutamente più che meritati, se non altro perché chi scrive ha avuto l'onore di far parte della giuria insieme a giurati di ben altro spessore come: Alberto Pirovano, presidente dei Ragni di Lecco, Mario Lacedelli, del Gruppo Scoiattoli, e Simone Pedeferri, vincitore della Grignetta d'oro 2003 per l'alpinismo. Di certo l'emozione di Rolando Larcher, l'incredulità di Rossano Libera, la commozione di Giorgio Spreafico e di Giovanni Badino bastano, e avanzano, per confermare che si è premiato, oltre che l'indubbio valore, anche una passione enorme. Il resto è stato solo una gran festa (con le dovute “intemperanze” del caso) che sarà raccontata ancora per molto, e che nessun scritto potrà davvero contenere tutta. Special thanks to: Claudio Corti: il testimonial della manifestazione. non s'è perso nessuna relazione degli alpinisti, un mito incrollabile! Linda Cottino: la direttrice di ALP, preziosa la sua presentazione degli alpinisti Fabio Palma: insostituibile Si ringraziano inoltre per gli spontanei gruppi di studio notturni: Simone Pedeferri: una dedizione ai limiti della resistenza umana; Ezio Marlier: semplicemente incontenibile; Rossano Libera: una sorpresa assoluta, in coppia con Marlier si è dimostrato devastante; Festorazzi & Arrigoni: un mito intramontabile, anche nei cori; Adriano Selva: resistenza e sorriso a prova di bomba, anche nel soddisfare il giorno dopo le smanie arrampicatore di alcuni relatori scelti; Alberto Pirovano: il presidente di tutti, anche quando c'è da “studiare” di più; Mario Lacedelli: ovvero la classe non è mai acqua; Rolando Larcher: s'è distinto per le birre offerte, ma anche per i brindisi alcolici che, da astemio, s'è sorbito con un sorriso (incredibile!); Alessio Roverato: altro astemio che si spera convertito; Karl Unterkircher: indistruttibile, s'è capito come ha fatto Everest + K2 uno dietro l'altro; Roberto Iannilli, silenzioso ma sempre presente, colto a discutere con Ivo Rabanser del rosso e del nero: vette filosofiche inarrivabili; Marco Anghileri: ha animato i “lavori” non facendo mai mancare i giusti “stimoli”: ospitalità da applauso e partecipazione assolutamente fondamentale; Pierluigi Marengon: si applica, ma può fare di più. Va segnalato, inoltre, il contributo dei fuori programma offerti dal (solito) Libera e dal prof. Badino: uno streep memorabile il loro, per onestà intellettuale ma anche per il coraggio delle idee sostenute. Dal punto di vista più strettamente sportivo va citato, invece, il problema boulder affrontato da Pedeferri e non risolto per impraticabilità del campo tanto che il Ristorante 2184 ne porta ancora i segni. Si spera che il frutto di tanto studio e applicazione in futuro venga raccolto in una dispensa a disposizione di tutti. |
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