25a Pierra Menta, la gara a tutto tondo

La maratona scialpinistica della Pierra Menta che per 4 giorni ha percorso le montagne dell'Arêches-Beaufort (Francia) è stata vinta dalla coppia spagnolo-svizzera formata da Kilian Jornet Burgada e Florent Troillet. Tra le donne vittoria delle valtellinesi Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini. Terza la squadra dell'esercito italiano formata da Manfred Reichegger e Denis Brunod.
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Sulla cresta della Grande Journée, di fronte al Mont-Blanc
Jocelyn Chavy
Il risultato sportivo della 25a Pierra Menta alla fine è stato quello previsto: hanno vinto i due fenomeni degli ultimi anni, lo spagnolo Kilian Jornet Burgada - il mattatore di tutte le stagioni, che, fra l’altro, ha nel suo recente palmaress due edizioni del massacrante giro del Monte Bianco (l’Ultra Trail Tour du Mont Blanc) – e lo svizzero Florent Troillet e le due intramontabili campionesse valtellinesi Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini. Ma se fra le scialpiniste in rosa non c’è stata grande battaglia - nonostante la vittoria di Laetitia Roux e Mireja Mirò alla terza tappa del Grand Mont per un errore di percorso delle italiane che hanno comunque controllato il ritardo senza quindi perdere mai la leadership in classifica generale - il ranking maschile è stato più aperto di quanto non dicano i 6’:39” che separano i primi dai secondi (i francesi di casa Florent Perrier e William Bonmardion) e i poco più di 8’ che separano sempre i due super vincitori dalle prime squadre italiane, quella dell’esercito di Manfred Reichegger - Denis Brunod (terzi in generale sul traguardo finale) e quella di Damiano Lenzi – Lorenzo Holzknecht (quarti in generale).
Certo, la tappa è andata a questi ultimi i quali, indubbiamente, avrebbero meritato un posto sul podio (peccato che sono solo tre! :-), non foss’altro che per come hanno saputo interpretare le quattro giornate: sempre all’attacco, da veri gladiatori. Ma nemmeno la generosissima prestazione dell’ultima tappa ha potuto cambiare la classifica e quel quarto posto che sentono un po’ stretto. Inutile soffermarsi troppo sulla piccola-grande querelle tutta interna agli italiani che, per una penalità di 30”, dapprima comminata e poi cancellata a Reichegger e Brunod, avrebbe modificato il risultato del terzo gradino del podio, considerati i pochissimi secondi che separavano i due da Lenzi e Holzknecht. Ma quel che resta della “grande course” transalpina sono sempre le cose importanti, quelle che si incidono nella memoria e nel cuore di centinaia di atleti scialpinsti e di migliaia di spettatori.

La Pierra Menta a tutto tondo
Per capire la Pierra bisogna viverla tutta, giorno dopo giorno, in ogni sua sfaccettatura. Ci sono centinaia di volontari, dai tracciatori che cominciano nel buio della mattina a chi fa assistenza sul percorso e durante il briefing di Areche; c’è il prete folletto con gli sci ai piedi, quel Jacques Plassiard che, a sorpresa, si fa trovare nei punti più impensabili del tracciato (affilatissime creste comprese) e intona brani con la sua armonica a bocca risollevando il morale di chi, da ore e per ore, dovrà ancora faticare; c’è il briefing che, per atleti, abitanti e appassionati di quell’incantevole angolo di Beaufortain, è molto più di un briefing informativo sulle caratteristiche tecniche della tappa dell’indomani, perché riserva sempre delle sorprese, con prologhi per parole e immagini che sanno mescolare sense of humour e vertiginosa rappresentazione delle gesta sul terreno; c’è la tappa del Grand Mont, la montagna di 2686 metri che gli atleti raggiungono percorrendo una lunga e temibile cresta di misto che non strizza certo l’occhio al plaisir per scollinare su un panettone di neve: qui, fra due ali di folla “armata” di campanacci e strumenti musicali, gli scialpinisti della Pierra vivono la più grande emozione strappalacrime, spinti a mezzo metro da terra dal canto e dagli “olé” di tremila persone; c’è la cena di tutti gli atleti insieme nei vari alberghetti che li ospitano o nei chalet privati, dove, per quattro giorni, si mescolano le lingue, le esperienze, le amicizie, che spaziano dalla Francia alla Polonia, dalla Svizzera al Canada, dall’Italia alla Norvegia, dalla Spagna agli Stati Uniti; c’è la premiazione finale delle domenica pomeriggio nella sala polivalente di Beaufort, con la gioia dei trofei sollevati al cielo e l’applauso del pubblico assiepato su tavolate chilometriche che mescolano le gastronomie portate nello zaino da paesi lontani; c’è la Miss Pierra Menta, titolo che quest’anno è andato a due giovani promesse dei monti Tatra polacchi, Julia Waida e Anna Figura, che, grazie all’ “occhio clinico” dei giurati tenuto attentamente aperto nei quattro giorni di gara, hanno visto premiato il loro sorriso, il loro sguardo e i loro “beaux mollets”; ci sono Ciriel, Guy e Laurence Blanc, Jacques Perretti l’ ”extraterrestre” senza antenne e tanti altri che non sapremmo ricordare perché sono tanti, tutte gocce nell’oceano della Pierra...

Lo scialpinismo di punta e gli Anthamatten brothers
La seconda tappa, quella di venerdì, è stata vinta dalla squadra svizzera composta da Yannik Ecoeur e Martin Anthamatten. Quest’ultimo è niente meno che il terzo fratellino della “premiata ditta” Anthamatten di Zermatt, famiglia che ha “sfornato” negli ultimi anni tre fenomeni che, dal ghiaccio alla roccia, dal misto allo scialpinismo, coprono tutto lo “scibile” al top del mondo verticale. “Sì, l’anno scorso il mio fratello Simon – ci ha detto Martin – ha vinto il Piolet d’or. Anche Samuel, che è il fratello di mezzo, si sta dando da fare con queste imprese. Io quest’anno vedrò cosa posso fare con la Patrouille des Glaciers: correrò con Florent Troillet e Yannik Ecoeur...”. Chissà, forse la bacheca di famiglia dovrà essere ampliata...

Lorenzo Scandroglio



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