Video arrampicata trad: Matteo Della Bordella su A denti stretti a Balma
video by Arianna Colliard
La ragione per cui questo tiro è per me importante è che rappresenta un’evoluzione, una crescita dal punto di vista tecnico, qualcosa di nuovo dal punto di vista personale in arrampicata, il fatto di aver spinto la propria asticella un pizzico più in là.
Un tiro di 25 metri, come questo, può essere in grado di regalarti emozioni al pari, o anche più forti di una parete alta mille. Perchè l’arrampicata è così, è un gioco, che forse non ha molto senso e che può essere difficile da spiegare e capire, per chi ne è al di fuori, ma che al tempo stesso può rapirti in una dimensione tutta sua e regalarti momenti e sensazioni indimenticabili. Come il momento in cui ho afferrato la tacca finale di questo tiro, dopo essere caduto una dozzina di volte. Momenti di leggerezza e magia, forse indescrivibili a parole, ma che ogni volta che ci pensi ti rievocano grandi emozioni.
Questo tiro arriva 5 anni dopo un’altra salita in stile tradizionale per me importante: la famosa “The Doors”. Un tiro comunque significativo nella mia carriera verticale. Per me è anche l’occasione giusta per riorganizzare le idee sull’arrampicata trad e tornare brevemente sulla questione chiarendo alcuni concetti.
Prima di tutto, se sono stato in grado di salire “A denti stretti” in stile tradizionale, la prima persona che devo ringraziare è Fabrizio Fratagnoli. Sì proprio lui, che aveva chiodato “The Doors”, che poi io ho schiodato, una persona capace di mettere in discussione alcune scelte fatte, capace di vedere le cose in modo lungimirante e da diversi punti di vista e con il quale siamo da anni amici e compagni di scalata.
Cinque anni fa, l’arrampicata trad, stava esplodendo in Italia, il video di “The Doors” portava un messaggio forte, simboleggiava la ribellione contro lo spit facile e l’uccisione del rischio, un’energia nuova, un nuovo modo di giocare nel grande mondo dell’arrampicata. Oggi, dopo 5 anni, sono ancora fermamente convinto delle stesse idee che avevo allora, il gioco del trad mi piace sempre di più, sempre più gente lo pratica e ne abbraccia la filosofia e personalmente vado anche fiero di aver portato questo stile con me su tante grandi pareti in tutto il mondo.
Ma oggi, a differenza di 5 anni fa, mi rendo perfettamente conto che il video di The doors non era il modo migliore per farmi portavoce di questo messaggio. Mi rendo conto di alcuni errori, non nel messaggio in sè del trad, ma nel modo di comunicarlo. Mi rendo conto che nell’arrampicata il rispetto verso altri punti di vista è una cosa molto importante e mi rendo conto che nessuno può affermare che il suo stile di andare in montagna sia migliore di altri. Insomma, pur restando convinto dei miei ideali, oggi li avrei comunicati in modo diverso, cercando di rispettare di più anche chi non la pensa come me e non li condivide. Per questo vorrei rimettere in discussione il modo di comunicare di quel video e scusarmi con quelle persone che si sono sentite in qualche modo offese da esso e dalle mie parole.
Vorrei che questo tiro, “A denti stretti” rappresentasse per me una sorta di evoluzione non solo in termini di difficoltà tecnica, ma anche dal punto di vista personale. Una volta, la mia visione dell’arrampicata era molto più chiusa e faticavo a capire chi la pensava in modo diverso dal mio, al giorno d’oggi onestamente, pur mantenendo le stesse idee e convinzioni, un po’ mi importa un po’ meno di come la pensano gli altri, un po’ riesco ad immedesimarmi e capire altri punti di vista… Alla fine scalare questi pezzi di roccia è un grande gioco e l’importante è farlo per noi stessi, ma rispettando anche gli altri, se poi a qualcuno piace giocare seguendo altre regole….ci può stare! Non siamo mica fatti tutti allo stesso modo."
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Questa poi in breve, per gli addetti ai lavori, la mia storia personale su questo tiro:
Il tiro in questione, “A denti stretti”, si trova nella storica falesia di Balma, in Ossola. Si tratta di una linea sicuramente molto estetica: una parete strapiombante solcata da una fessura che nasce nel mezzo di un muro liscio, si allarga ed infine si restringe, fino a chiudersi proprio alla fine. Una linea pura, scolpita nel granito, dove l’unica pecca sono 4 prese scavate.
A denti stretti, venne chiodato e liberato da Alessandro Manini, nel 1995, che gli attribuì il grado di 8b. Successivamente, complice anche una temporanea chiusura della falesia per circa un decennio o più, a causa dei lavori per costruire la nuova strada, non si hanno notizie di ripetizioni, sino a quella del 2013 ad opera di James Pearson, che dopo aver salito il tiro in stile tradizionale, piazzando le protezioni durante la salita, valuta la lunghezza 8b+.
Vista e considerata la fatica che avevo fatto nel 2014 a ripetere l’altra fantastica, ma di un grado più facile, “king line” di Balma, ovvero “Profondo rosso”, avevo sempre ritenuto “A denti stretti”, qualcosa al di fuori della mia portata. L’occasione di provare questa via nasce, come sempre, un po’ per caso a marzo 2016, quando dopo aver regolato i conti con un vecchio progetto trad il “Nemico pubblico” (7c+ o E7), decido di fare un’ispezione proprio su “A denti stretti”. Il risultato è come mi immaginavo: una gran ragliata e tante bastonate sulle orecchie!
Pochi giorni dopo si ripresenta l’occasione di tornare nella stessa falesia, per mostrare queste due fantastiche linee all’amico belga Sean Villanueva, il quale dopo un ottimo tentativo a vista, sale con grande maestria Profondo rosso in stile trad al secondo giro. Dal canto mio non avendo altri grandi tiri che mi interessano da fare a Balma, non posso fare altro che riprovare “A denti stretti”. Sempre purtroppo con scarsissimi risultati.
Il giorno successivo però, abbiamo un ottimo motivo per tornare nuovamente in questa falesia: arriva l’altro fuoriclasse belga Nicolas Favresse, abbiamo poco tempo per scalare e Balma offre tiri di classe, difficili, a portata di mano. Nico sfodera tutta la sua classe, passeggiando a vista “A denti stretti”, fino al penultimo spit, dove si arena prima del duro boulder finale. Al secondo giro, la libera gli sfugge di un soffio, con già quasi la presa finale in mano!! Anche Sean intanto si cimenta sullo stesso tiro, con buoni risultati, riuscendo a concatenare tutte le sequenze della via. Da parte mia, riesco a scalare bene tutta la prima parte della via, ma il boulder finale resta sempre un mistero. Si capisce che per uno scalatore come Nico, tornare con condizioni buone e salire il tiro in libera è poco più che una formalità, per me invece questa cosa assume sempre di più il sapore di una bella sfida.
Due giorni dopo, Nico deve tornare in Francia, ma ecco con con Sean si torna per l’ennesimo round. Mentre Sean, reduce da 4 giorni di arrampicata di fila, questa volta non ottiene grandi progressi rispetto alla precedente, io invece “vedo la luce”, come diciamo noi scalatori: per la prima volta riesco a fare tutti i movimenti del tiro, compreso il boulder finale, seppure a fatica e con un metodo diverso da Sean e Nico.
Dopo questa settimana di full immersion a Balma con 4 uscite in 7 giorni, sono carico a mille e stra-motivato a tornare sul tiro il prima possibile. Purtoppo però questa volta sono il tempo e le condizioni a mettermi i bastoni tra le ruote. La falesia di Balma, infatti è esposta in pieno Sud e prende il sole tutto il giorno fino alla sera; verso le fine del mese di marzo, per diverse settimane, le temperature si alzano e arriva un periodo dove si alternano giornate calde e soleggiate ad altre con abbondanti precipitazioni.
Dopo un paio di settimane di attesa, decido di tornare nuovamente sul tiro una bella domenica di aprile, insieme agli amici Giacomo Neri “Jacky” e Luca Fontana. La giornata sarebbe perfetta… per fare una bella via in montagna, ma non certo per scalare a 500 metri di quota in pieno sole! Ci provo comunque, ma dopo pochi metri mi ritrovo con la schiena sudata e piedi e mani arrostiti! E’ incredibile come alte temperature e roccia calda possano stravolgere così le regole del nostro gioco: il dato di fatto è che non riesco nemmeno più a fare i movimenti del tiro e dopo un giro decido di lasciare perdere, questo tiro mi sembra più impossibile che mai.
Ancora una volta, anche se qui non si tratta del Fitz Roy, della Egger o di qualsiasi montagna patagonica, la sfida si sposta dal lato fisico e tecnico a quello psicologico. So che se voglio fare questo tiro non devo mollare, devo avere pazienza ed aspettare l’occasione giusta. Ma quando questa occasione si ripresenterà?
Il tempo passa e l’idea di salire questo tiro inizia ad allontanarsi pian piano dalla mia testa, un po’ come un sogno che svanisce pian piano. E’ verso la fine di Aprile che arrivano un paio di giornate asciutte e con vento da Nord… E’ arrivato il momento di riprovarci!
Torno a Balma insieme a Fabrizio Fratagnoli e le sensazioni sono buone fin da subito: arrivo sempre all’ultimo boulder del tiro, il quale però continua a respingermi. E’ un passaggio strano, che mi viene in singolo, ma quando arrivo da sotto è un’altra cosa, richiede una grande coordinazione e mente libera. Capisco che il giro buono potrebbe arrivare da un momento all’altro, ma che potrei anche cadere innumerevoli volte su questo passo e non arrivare mai, se non riesco a trovare la giusta concentrazione e le giuste sensazioni per affrontarlo.
Fino a quel momento, causa un po’ di scarsa convinzione, un po’ di timore e un po’ di pigrizia, avevo sempre ceduto alla comodità dello spit e avevo sempre provato il tiro in stile sportivo. Ma è proprio Fabrizio, osservandomi durante i miei tentativi a convincermi a provare il tiro in stile tradizionale. La prima parte del tiro in realtà mi spaventa un po’ all’idea di partire e dover piazzare i nut e friends necessari, so di poterlo provare, ma sono un po’ indeciso e proprio per questo avere da lui una conferma, un parere esterno di una persona di cui ti fidi, è per me importante. E’ lui a darmi la convinzione necessaria per partire dal basso con tutti i ferri attaccati all’imbrago. D’altronde se il mio obiettivo è quello di farlo trad, è meglio se lo provo direttamente così, piuttosto che ritrovarsi ad averlo chiuso a spit e poi doverlo rifare!
Come spesso accade, quando devi piazzare tu le protezioni, dal punto di vista psicologico è un po’ diverso rispetto a moschettonare gli spit, soprattutto quando ci si trova su una difficoltà vicina al proprio limite e pur essendo abiutato a questo genere di scalata, i primi due tentativi non sono fresco e rilassato mentalmente. Per farla breve, tra spit e trad cado una dozzina di volte in totale all’ultimo passo… la battaglia si fa sempre più dura dal punto di vista mentale e questi sono i pensieri che continuano a passarmi in testa: “come posso riuscire a partire fresco, concentrato e tenere quella maledetta ultima tacca!?!”… ”Non ne posso veramente più di cadere su quell’ultimo nut e questo tiro mi sta consumando sia la pelle nelle mani che le energie fisiche e mentali”
One more time
Si parte con i soliti incastri di dita; un nut e poi un altro nut. La banca buona, dove metto un ottimo camalot #2 mentre muovendo la corda vedo i due nut sottostanti sfilarsi… Un master cam rosso in una scaglia rovescia e poi un passo delicato che mi fa guadagnare la fessura buona, dove posso tirare il fiato. "Anche per questa volta la prima parte è andata bene, ma mi converrà chiudere sto tiro perchè la prima volta che lo provo un po’ più stanco, mi scivola il piede, mi si apre la mano, vengo giu”. Si sale, lungo questa bella rotaia, con incastri di mano e di dita, proteggendosi e riposando; facendo attenzione a piazzare i friend belli chiusi nei posti giusti, perchè questa fessura si allarga molto verso l’interno e ho già sentito storie di altri scalatori che cadendo hanno sbottonato friends che a prima vista sembravano a prova di “bomba”.
Un ultimo passo con incastro di dita mi porta sotto il boulder finale dove sistemo l’ultimo nut. Ormai sono tranquillo, quel nut ha già tenuto diversi voli, non esce. Ma chissà se questa volta terrò quella maledetta tacca? sono arrivato fino a qui e non voglio sbagliare! Ok, è vero, però devo togliermi questo pensiero dalla testa e cercare di non pensare a nulla se non alla scalata; lo so che se penso che non devo sbagliare alla fine è sicuro che sbaglio. Le braccia sono fresche, la testa è libera, si parte e come va, va… Sono incredulo quando la tacca finale mi resta incollata alla mano e mi godo con calma quei 5 metri che mi separano dalla catena e dalla fine di questo lungo ed intenso percorso!
Matteo Della Bordella
info: www.ragnilecco.com