Turbe psichiche a Schievenin, prima libera per Andrea De Giacometti
Schievenin è una piccola frazione del comune di Quero (BL). E' situata circa a metà dell'omonima valle, da cui prende il nome, ed è solcata dal piccolo ma rinfrescante torrente Tegorzo. A metà degli anni '80, un gruppetto di 10/12 persone tra cui Francesco Gherlenda e Manrico Dell'Agnola, iniziarono a chiodare i primi itinerari. Il settore "La lavagna" fu il primo a veder tracciate le prime vie a spit. Durante gli anni successivi e, attivamente anche negli ultimi anni, Giuseppe D'Avanzo alias "Bepi motocarro", Paolo Piaia, Franco Beninca', Angelo Codemo e il fortissimo alpinista Pierangelo Verri diedero vita a una moltitudine di vie spittando molti settori della valle. I settori che hanno visto nascere le vie piu' impegnative e sopra l'8a sono le "Placche di Pont", "La maserona", "Le colombane" e il "Settore gastronomico".
La Valle di Schievenin è una delle falesie più conosciute del Triveneto grazie alla sua varietà di placche, strapiombi e tetti, ma soprattutto grazie all'ampia scelta di itinerari facili. Per questi motivi è molto frequentata dalle famiglie e dai corsi di alpinismo e di arrampicata sportiva; qui infatti la gente può avvicinarsi in maniera molto graduale all'arrampicata, senza doversi preoccupare della distanza troppo eccessiva e pericolosa delle protezioni, ma occhio sempre a chi vi assicura!
Non ho mai frequentato questa falesia, a parte durante qualche corso di alpinismo, non mi ha mai entusiasmato e "attirato" soprattutto per la sua grande frequentazione; preferisco arrampicare in posti dove non sento il vociare e le grida delle persone, pareti che vedono pochissimi climbers all'anno, immerso nella solitudine, la mia solitudine. Scegliere di scalare lontano dagli altri non significa avere paura del loro giudizio o essere asociali, "lupi solitari"... è bensì una scelta di non condivisione di un'emozione soltanto tua, un modo di vivere quel momento, un'emozione che altrimenti non potrebbe essere tale se "invasa" da altre persone oltre a quelle prescelte... Le emozioni infatti nascono dentro ad ognuno di noi, giocano coi nostri sentimenti e si plasmano in base a quello che ci circonda, a quello che viviamo in un determinato momento. C'è chi è più "permeabile" di altri e sceglie quindi una sorta di solitudine che gli permetta di emozionarsi al proprio meglio, magari diversamente da molti. Questo mio pensiero è condiviso anche da Pierangelo Verri, che spesso sceglie di aprire vie in posti impervi e selvaggi, senza minimamente pensare a possibili ripetizioni, perchè in fondo anche lui come me lo fa per se stesso e basta.
La via Turbe psichiche fu chiodata nell'88 da Pier Verri nella "Parete dell'orto" e tentata sporadicamente dallo stesso e da altri senza però che nessuno ne venisse a capo. La via è lunga pressapoco una ventina di metri e, oltre a un tetto d'uscita, presenta una difficile sezione di boulder su un bombé a metà. I primi metri sono piuttosto semplici ma la marcia per poter proseguire cambia in modo considerevole. Un boulder di dita, molto fisico e di difficile comprensione fa di quest'itinerario il più difficile della valle, oltre a dare significato alla scelta del nome.
In un'estate calda e afosa e su consiglio di un amico, decido di dare un'occhiata a questa via ormai messa nel dimenticatoio da tutti i local. Da subito la trovo interessante; quel boulder sembra darmi del filo da torcere e un appiglio "dentato" mi strappa letteralmente la pelle dalle dita più volte, facendomi tornare a casa con la coda fra le gambe. La temperatura non è delle migliori, nemmeno il fresco Tegorzo sembra allietare i pomeriggi in valle e per qualche tentativo occorre aspettare la sera, quando la parete non si trova più al sole. Dopo qualche tentativo riesco a risolvere quei duri passaggi e concateno l'intero tiro in breve tempo. Propongo una difficoltà che può aggirarsi attorno all'8c ma, data la sua disomogeneità, forse anche qualcosina in meno.
Grazie a Pier per il tempo che mi ha dedicato scambiandoci racconti e condividendo pensieri comuni durante una mattinata in valle, e a Laura per la solita ed instancabile voglia di risalire metri di corda assieme alla sua inseparabile macchina fotografica.
Andrea De Giacometti
Ringrazio Montura e Petzl per il supporto.