Sengio Rosso, arrampicare sotto il Monte Baldo
La falesia del Sengio Rosso appare come una luminosa gemma di pietra, incastonata nel verde delle pendici del Monte Baldo, rossa costola rocciosa del possente massiccio, visibile sin dalla profonda pianura, nebbia permettendo.
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La bella falesia di Sengio Rosso, Monte Baldo
Cristiano Pastorell
Le rocce colorate del Sengio Rosso sono state tra le prime a destare l’interesse dei pionieri dell’arrampicata caprinese, cresciuti con il grigio ed il rosso dei calcari levigati dalle glaciazioni sopra le loro case. Personaggi del calibro di Sergio Coltri e Carlo Laiti cominciarono alla fine degli anni settanta col seguire le linee più logiche e naturali, arrangiandosi con fittoni rudimentali e filo di ferro per attrezzare le vie.
Con l’evoluzione della tecnica e dell’esperienza vennero affrontate le prime placche con l’apertura di alcuni fra i più bei tiri del veronese; nacquero “La porta del buio”, “Brena violenta” e la magnifica “Cura la carie”. Tra i primi anni 80 e la fine degli anni 90 il Sengio visse un periodo di oblio fino ad arrivare agli inizi del nuovo secolo con la riscoperta da parte di Beppe Vidali, uno tra i più prolifici chiodatori della zona. Grazie all’instancabile opera di Vidali vennero attrezzati tiri tecnici ed estetici come “Fog”, “Zenzero”, “Tala Patagonica” e i più recenti “Orchis” e “50 e non sentirli”. Contestualmente le placche più lisce vennero affrontate e liberate dalla classe di Nicolino Sartori che con i suoi movimenti sinuosi disegnò “Wara Wara del sur”, “Zaiss”, “La Bestiaccia”, portando le difficoltà oltre l’8a.
Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno questi stessi “giovani” si sarebbero ritrovati a far conoscere le rocce di casa realizzando insieme una guida (Tra il Lago e il Fiume, Cierre edizioni) e organizzando la prima manifestazione di arrampicata sportiva nel caprinese: il Sengio Rosso Climbing Festival.
Con l’evoluzione della tecnica e dell’esperienza vennero affrontate le prime placche con l’apertura di alcuni fra i più bei tiri del veronese; nacquero “La porta del buio”, “Brena violenta” e la magnifica “Cura la carie”. Tra i primi anni 80 e la fine degli anni 90 il Sengio visse un periodo di oblio fino ad arrivare agli inizi del nuovo secolo con la riscoperta da parte di Beppe Vidali, uno tra i più prolifici chiodatori della zona. Grazie all’instancabile opera di Vidali vennero attrezzati tiri tecnici ed estetici come “Fog”, “Zenzero”, “Tala Patagonica” e i più recenti “Orchis” e “50 e non sentirli”. Contestualmente le placche più lisce vennero affrontate e liberate dalla classe di Nicolino Sartori che con i suoi movimenti sinuosi disegnò “Wara Wara del sur”, “Zaiss”, “La Bestiaccia”, portando le difficoltà oltre l’8a.
Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno questi stessi “giovani” si sarebbero ritrovati a far conoscere le rocce di casa realizzando insieme una guida (Tra il Lago e il Fiume, Cierre edizioni) e organizzando la prima manifestazione di arrampicata sportiva nel caprinese: il Sengio Rosso Climbing Festival.
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Note:
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