Richiodatura in Sardegna di 'Issalada 'e purpos' alla Parete di Esuili (Oronnoro). Di Matteo Giglio

Il report della guida alpina Matteo Giglio della richiodatura completa della via 'Issalada 'e purpos' alla Parete di Esuili (conosciuta anche come Oronnoro), sulla scogliera tra Cala Sisine e Cala Golorizé in Sardegna.
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Alessandra Gianatti parte sul primo tiro della via 'Issalada 'e purpos' alla Parete di Esuili (Oronnoro) in Sardegna, 10/2024. La via è stata aperta dal basso nel 2004 da Matteo Giglio e Anna Torretta, poi è stata richiodata completamente con inox 316L da Alessandra Gianatti e Matteo Giglio nel 2024
archivio Matteo Giglio

Sono passati ormai vent'anni dall'apertura della via Issalada 'e purpos (350 m, 7b max, 6b+ obbl.) sulla grande parete conosciuta tra gli arrampicatori come Oronnoro ma indentificata dai locals con il nome del bosco sottostante, ovvero Esuili. Dettagli toponomastici a parte, questa è una delle pareti più spettacolari lungo la scogliera tra Cala Sisine e Cala Golorizé, sulla costa orientale della Sardegna.

L'esplorazione verticale qui iniziò nella seconda metà degli anni '90 con l'apertura di due itinerari classici (trad): nel 1996 Maristella Manca e Luigi Scema completarono Stella di prima luna nella parte destra e l'anno successivo Oskar Brambilla e Alessandro Gogna salirono l'evidente diedro centrale, appena a destra della parte più strapiombante, battezzandolo Cani e porci. Fin qui tanto alpinismo e poca arrampicata sportiva. I fix iniziarono a comparire solo nel 2002 su Evinrude per mano di Andrea Calvo, Luca Giovanardi, Lorenzo Nadali e Antonio Tabanelli; si tratta di un itinerario piacevole e omogeneo che corre lungo la direttiva del diedro di Cani e porci. Successivamente, L. Nadali, innamorato del luogo particolarmente selvaggio, lo elesse a dimora-vacanze per gli anni a venire. Coinvolgendo pochi fidati compagni, tracciò una serie di linee che possono essere annoverate tra le più estetiche dell'isola. In particolare, tra il 2005 e il 2008 assicurò uno scatenato Pietro dal Prà su itinerari come Ginepri al vento e Orronnauti, dove venne raggiunto un livello massimo rispettivamente di 8a+ e 8b+ con sezioni obbligatorie di difficoltà imprecisata ma sicuramente non per tutti.

Tra i suddetti pochi fidati amici di Lorenzo Nadali c'è anche Anna Torretta, con cui arrampicavo spesso proprio in quegli anni. Nell'autunno 2004, insieme a lei, ci lanciammo nell'apertura di due vie in Valle dell'Orco, sulla parete dell'Acqua Chiara. Forti di quell'esperienza, il desiderio di provare a fare lo stesso su un tipo di roccia differente si fece strada ed è proprio in quel momento che ad Anna venne l'idea di propormi una parete allora "segreta" nel profondo Supramonte di Baunei, gentilmente messa a disposizione dal suo caro amico Lorenzo. Invito valido solo con la clausola di non toccare la strapiombante parte centrale dell'anfiteatro, dove sarebbero poi nate le difficilissime vie di Dal Prà. Detto, fatto. Ci presentammo quindi al porto di Genova dove acquistammo sul posto il biglietto (allora si poteva!) e ci imbarcammo con l'automobile carica di trapano e fix.

La fitta rete di conoscenze di Anna ci permise di alloggiare a Cala Gonone nella casa di Enzo Lecis, messa gentilmente a disposizione di arrampicatori di tutta Europa. In quell'occasione conobbi anche lo svizzero Markus Stofer, che proprio pochi mesi prima aveva effettuato la prima salita in libera di No Siesta sulla parete Nord delle Grandes Jorasses insieme a Robert Jasper. Sempre grazie ad Anna riuscimmo a farci traghettare via mare fin sotto la verticale della parete da Gaetano Mura, celebre velista local. Per la cronaca, il nome scelto per la via - Issalada 'e purpos - fu ispirato da una porzione di insalata di polpo (tradotto in sardo) offerta dalla mamma di Gaetano e trasportata al bivacco installato alla base della parete. Sì, perchè quell'esperienza fu vissuta come una piccola spedizione in un luogo remoto, con tanto di cibo e acqua per quattro giorni e tutto il materiale per dormire, scalare e aprire una nuova via. Scaricato il materiale a riva, lo portammo a più riprese tutto alla base della parete e installammo una sorta di mini campo base.

Un giorno lo dedicammo all'osservazione della parete per individuare una possibile linea di salita e ne approfittammo anche per ripetere Evinrude che aveva già buoni feedback dai ripetitori; a questi si aggiunse anche il nostro. La linea che catturò subito la mia attenzione fu una sorta di larga prua, in corrispondenza del punto in cui la parete cambia esposizione, con partenza nel punto più basso. Tutta la prima parte si presentava piuttosto ripida e difficile ma fummo attratti dalla debolezza offerta da un diedro regolare sovrastato da un muro più liscio che rappresentava l'incognita principale. Successivamente la parete si presentava più articolata, sempre compatta ma meno verticale.

Il giorno successivo, pronti, via! Con un lungo tiro nel suddetto diedro rangiungemmo un bel terrazzino alla base del muro. Questo, alla fine, ci impegnò abbastanza ma senza opporre difficoltà impossibili. Le corte giornate di fine ottobre, purtroppo, non ci consentirono di proseguire per cui lasciammo le corde fisse per il prosieguo. Per farla breve, ci volle ancora un giorno e mezzo per sbucare sul bordo superiore della parete con 350 m di via nuova alle spalle. Un po' di stanchezza a causa dell'approccio "pesante", sicuramente un po' di mancanza di esperienza e direi anche una scarsa propensione a fare tutto velocemente per poter godere appieno del contesto ambientale decisamente "fuori dal mondo" hanno influito negativamente sui tempi di progressione. Poco male, in fondo. L'esperienza vissuta fu molto intensa e l'interazione con la natura circostante ancor di più.

Al termine della chiodatura, purtroppo mancò il tempo per salire in libera il secondo tiro per cui decidemmo di lasciarlo ai ripetitori con la certezza che avrebbero gradito. Se ne incaricò qualche anno dopo Simone Sarti che lo liberò confermando la difficoltà ipotizzata attorno al 7b/+. Per pura soddisfazione personale, tornai poi nell'autunno 2016 con Alessandra per scalare in bello stile anche quel secondo tiro, valutandolo non più di 7b, senza passi estremamente difficili ma piuttosto continuo su tutto lo sviluppo. Il quell'occasione constatai il buono stato di conservazione dei fix originali (inox Raumer), per quanto dall'esterno sia difficile valutarne l'effettiva affidabilità. Mi limitai a sostituire i cordoni delle soste. Con il passare degli anni però riaffiorava periodicamente il pensiero di quanto avrebbero ancora retto, in quell'ambiente marino, proprio quei fix che hanno dato e continuano a dare tanti problemi non solo in Sardegna ma anche in Sicilia, Grecia, ecc.

Ho quindi deciso di approfittare della ricorrenza ventennale per dare nuova vita a questa via a cui sono particolarmente affezionato. In primis perchè la reputo meritevole di ripetizione, almeno secondo un parametro mediamente oggettivo; i pochi ripetitori che conosco hanno tutti confermato. Cercando di mettere da parte un po' di egoismo che vorrebbe conservare questi luoghi come un piccolo tesoro personale, senza condividerli con altri, mi piace pensare che qualcuno possa vivere le nostre stesse avventure, nel totale rispetto dell'ambiente circostante. Credo che chi è interessato a venire qui sia un grande amante della natura e che si comporti come tale lasciando meno tracce possibili del suo passaggio. Sarebbe un peccato rovinare questo quadro bucolico con la macchia della paura costante che qualche fix possa rompersi improvvisamente, sia durante la progressione sia durante la discesa in doppia.

Parlando di dettagli più tecnici, tutti i fix originali (Raumer inox 304) sono stati rimossi e sostituiti da solidi fix M12 x 110 mm MKT BZ Plus abbinati a placchette Vertical Evolution da 4 mm, il tutto inox 316L; catena e anello di calata su tutte le soste. Solo una piccola nota da perfezionista: per un lavoro "perfetto" avrei dovuto utilizzare occhielli resinati che eliminano del tutto il problema dell'allentamento dei dadi sui fix inox. È vero che il 12 mm dà meno problemi del 10 mm ma la possibilità di trovare in futuro qualche punto parzialmente svitato non è da escludere totalmente. Il consiglio è quello di portarsi sempre una chiave (in questo caso da 19 mm, dal peso irrisorio rispetto al materiale che si usa in apertura) per stringere eventualmente i bulloni.

L'idea iniziale di coinvolgere la stessa Anna nel progetto di richiodatura è purtroppo naufragata a causa dei rispettivi impegni; per non rimandare ulteriormente sono riuscito a convincere per l'ennesima volta la paziente Alessandra che si è sobbarcata con me due giornate appesa in parete a picco su uno dei mari più belli del Mediterraneo. Nonostante l'attenuante del contesto ambientale, rimane pur sempre una faticaccia, fatta a titolo del tutto gratuito nella speranza che i ripetitori possano apprezzare e divertirsi.

di Matteo Giglio

Links: matteo-giglio.blogspot.com, CAMP, Edelweiss, Montura, Salice, SCARPA

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