Moab Utah tour arrampicata 2019

Giancarlo Maritano racconta il suo recente viaggio arrampicata attorno a Moab nello Utah, USA: Ice Cream Parlor, Potash Road, River Road, Abraxas Wall e i must della zona, Indian Creek e Castleton Tower.
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Arrampicata Moab Utah: Giancarlo Maritano su uno degli incredibili tiri ad Abraxas Wall
Giancarlo Maritano

Due serie di friends C4, una di C3, una di X4, una di Omega Pacific, due serie di nuts. E ancora 2 mezze corde, una corda intera, 3 paia si scarpette, casco, imbrago e, soprattutto, tanto, ma tanto nastro per le mani! Sì, beh, sicuramente è esagerato, figurati se usiamo tutta ‘sta roba...

Esagerato?! Assolutamente no! Questo è stato, almeno per noi, il rack - come lo chiamano in lingua anglosassone - necessario per scalare con un minimo di tranquillità nello Utah!

Un viaggio fantastico, avventuroso ed incredibilmente… utile! Sì, perché quando cambi roccia, gradi, lunghezza usuale dei tiri, torni ad essere praticamente un principiante. Una sensazione che avevo già provato nello Yosemite, dove ho avuto la fortuna di scalare per ben due volte. Ma qui i gradi sono ancora - maledettamente - più stretti. E la sensazione di venire respinti da queste fessure svase e profonde è ancora maggiore!

Ma la motivazione era alta: un viaggio rimandato per due volte. Avevo i libri, le guide, ero riuscito a contattare un mio collega Guida Alpina del posto per avere qualche dritta sulle falesie da visitare o comunque da non perdere. E alla fine, si parte! Torino - Parigi - Salt Lake City. E da qui 4 ore di auto letteralmente in mezzo al niente! A parte un piccolo centro abitato a metà strada, infatti, i quasi 400 km che separano la capitale dello Utah da Moab (il centro dell’arrampicata di questo stato), si svolgono davvero tra deserti, canyon e passi stupefacenti.

Moab di per sé non è entusiasmante. Classico paesone americano con pub, grill house, qualche supermercato, e tanti trucks che attraversano verso sud il paese. In compenso, quello che sta intorno, è assolutamente esaltante: roccia, roccia ed ancora roccia!

Dal primo giorno a disposizione per scalare non perdiamo tempo: con l’elenco dei posti consigliati dal nostro amico americano, visitiamo uno per uno i più bei siti della zona: Ice Cream Parlor, Potash Road e River Road sono i primi che andiamo a vedere, e che ci fanno subito capire come funziona.

Poi, dopo un giorno di riposo per l’immancabile visita agli strepitosi parchi nazionali, eccoci pronti per la visita al posto che, da solo, vale il viaggio: il leggendario Indian Creek! Qui un solo giorno è davvero poco: fessure, diedri, fessure, camini. E tutti maledettamente lunghi! Uniche protezioni presenti in loco, le soste... ma tanto, tanto lontane da terra!

Il giorno successivo decidiamo di tornarci: la temperatura cambia, una veloce perturbazione ha depositato nella notte qualche centimetro di neve che rende il paesaggio di questo incredibile canyon ancora più bello. Noi confidiamo nel sole, e siamo fortunati: giusto il tempo di fare l’avvicinamento e, scegliendo opportunamente il settore, scaliamo in una giornata ideale! La roccia è rossa, perfetta, regolare. I tiri duri, impegnativi; richiedono davvero tutti una lotta esasperata per portare la corda in catena! Ci rimarrà davvero un ricordo indelebile.

Un discorso a parte merita la visita a Castleton Tower, per fare la Kor-Ingalls Route, una delle vie contenute nel mitico libro The 50 Classic Climbs of North America di Steve Roper e Allen Steck. Qui il tempo non ci accompagna: la giornata è grigia, fredda, ed il posto - già molto isolato di per sé - aumenta notevolmente di severità. Dopo aver incrociato al mattino presto tre ragazzi che avevano attaccato all’alba e che velocemente spariscono, restiamo soli in tutta la zona. La temperatura non aumenta, un vento freddo si alza a lambire questa slanciata torre che si slancia in mezzo al deserto... ci va davvero tutta la nostra motivazione per salire i tiri di questa storica via. Verticali, duri, caratterizzati i primi da camini incredibilmente faticosi e gli altri da tratti davvero psicologicamente impegnativi, con una roccia ormai consumata da centinaia di ripetizioni. L’entusiasmo è alle stelle quando arriviamo sulla piccolissima vetta! Nessuna croce, nessuna targa. Solo un piccolo muretto di pietre come riparo da bivacco. Qui, la scatola metallica che pensiamo contenga il libro di vetta. La apriamo. In effetti troviamo un piccolo notes dove annotare la salita. Per il resto, lo spazio della scatola è occupato da diverse confezioni assolutamente integre di preservativi…anche questa è l’America!!

Ormai siamo alla fine del nostro viaggio. Si festeggia con una bottiglia di locale chardonnay, ma abbiamo ancora un colpo in canna: ascoltiamo l’ultimo consiglio, ed andiamo a vedere Abraxas Wall, nello  Kane Springs Canyon. In effetti concludiamo in bellezza, la falesia è straordinaria, una piccola Indian Creek con la stessa qualità di tiri!

Ancora una volta una stupenda avventura: pareti, canyon, deserti. Ci siamo portati a casa un nuovo, ricco bagaglio di emozioni!

Logistica:
Partendo dal nord Italia, e prenotando con largo anticipo, siamo riusciti a viaggiare con costi accettabili su Salt Lake City, via Parigi. Arrivati negli States, indispensabile noleggiare un auto (meglio 4x4 o comunque “alta”), e calcolare 4 ore di auto fino a Moab.

Quali falesie visitare:
Noi abbiamo seguito fedelmente i consigli ricevuti, e devo dire che sono stati assolutamente utili. La scelta, per ottimizzare gli spostamenti, è stata quella di rimanere in zona Moab, escludendo ahimè lo Zion Park - assolutamente meritevole - che necessiterebbe di diversi giorni.

Ripropongo di seguito quella che potrebbe essere una giusta scaletta di siti da non perdere:
Ice Cream Parlor: ideale per un primo approccio alle difficoltà della zona
Potash Road: estremamente comoda e frequentata ma con tiri da non perdere
River Road: poco sole ma gran bei tiri per questo incantevole posto situato lungo il Colorado River
Abraxas Wall: la giusta preparazione per Indian Creek…piccolo ma da non perdere!
Indian Creek: un must della zona! Calcolare almeno due giorni (meglio tre) e...tanti friends!!
Se volete scalare delle torri, cominciate dalla Castleton Tower, lungo la Kor-Ingalls Route… ne vedrete delle belle!

Libri e siti internet
Utilissimo il libro Rock Climbing Utah, di Stewart M. Green, per avere una buona panoramica della zona.
Indispensabile e davvero ben fatto il famoso sito www.mountainproject.com con tutte le informazioni che servono!

Dove soggiornare:
Molte le soluzioni in Moab; noi, cominciando a cercare qualche mese prima, abbiamo trovato un Motel con una discreta stanza dotata anche di una piccola cucina.

di Giancarlo Maritano

Link: www.x3mmountainguides.com




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