Manolo e gli Eroi fragili in Val Noana
30 metri che ti fan capire come anche gli eroi siano fragili... Come sempre quello che colpisce delle vie di Manolo è il tutto. Cioè proprio quello che sempre più spesso sembra essere diventato solo il contorno, per lo più irrilevante. Da quella magnifica terrazza della Val Noana, Eroi fragili, invece, sembra raccontarci un'altra storia. Un percorso che prima di tutto parla di una ricerca e di un rapporto con la parete e con quello che le sta attorno. Parla di un lungo "lavoro" di pulizia della roccia che si trasforma in un corteggiamento. Di qualcosa, dunque, che ha più a che fare con la passione per la sua unicità, per quei movimenti unici e irripetibili piuttosto che con il numero-grado che alla fine dovrebbe rappresentarli. Perché Eroi fragili è quel vento che spinge in un'unica direzione le nuvole. E' quel fuoco che ti scalda prima dell'ultimo tentativo. E' quella sorpresa, mista alla felicità insperata, di una salita arrivata quando meno te l'aspetti. E, poi, è anche un numero che vorremmo dicesse tutto e invece ci appare insicuro e fragile, come anche agli eroi capita di essere.
EROI FRAGILI 8c di Manolo
E’ un posto in alto, bello, un piccolo nido davanti alla piramide più bella delle Vette Feltrine. Guardando lassù ho finalmente capito che anche gli eroi sono fragili. E’ molto solare e, già alla fine di gennaio appena le giornate si stirano, il sole alza la testa sulle Vette quel tanto da inondare piacevolmente la parete di luce e di calore, quando ancora in basso, regna l’ombra e il ghiaccio. Eroi fragili, sfila per 30 metri su un muro leggermente strapiombante divisi, per sfortuna o per fortuna, quasi nettamente in due sezioni da un buon riposo.
La prima parte è molto varia divertente e non molto impegnativa, ottima per riscaldarsi, alla sua fine si arriva ad una decontrazione che permette di affrontare al meglio la parte finale che è “decisamente” anomala per una placca. E’ una sezione piuttosto fisica, per nulla tecnica una specie di “pan gullich” su liste nette, salvo poi alla fine, ricordarsi, anche se nettamente, di essere una placca normale e in qualche modo incidere sul grado.
Lo scorso anno dopo aver liberato ("Stramonio" 8c ) ho ripreso in mano un altro vecchio progetto che avevo chiodato proprio lì, accanto. Ho cambiato quasi tutti gli spit e ripulito duramente la via. Purtroppo non ho avuto molto tempo per provarla seriamente poiché il periodo delle piogge rendeva impraticabile la parte centrale, però abbastanza per capire di che pasta era fatta. Ero riuscito in continuità su entrambe le sezioni ma mancava quel metro centrale che proprio non voleva asciugare.
Poi l'inverno… Non mi sono allenato molto quest'inverno e non ho scalato per tre mesi. Una specie di letargo nel tentativo di ricucire infortuni e ferite. Così, il primo giorno che l'ho riprovata è stato scioccante. Anche il secondo. Ma poi lentamente i singoli ritornavano sulle dita, mancava solo la resistenza. Quando ho fatto un resting ho capito il segreto della via. Dovevo solo avere pazienza. Forse sarei riuscito ancora.
L’altro giorno era uno di quei giorni che quando ti alzi l'ultima cosa che vorresti fare è scalare. Quattro sbracciate sul pannello confermano che sarebbe davvero meglio accatastare la legna ma ormai ho programmato, anche se non spero nemmeno in un buon allenamento.
E’ una bella giornata, c'è il sole, il vento spinge le nuvole da una parte sola e da quel posto se ne va dopo le quattro e lascia una pietra tiepida e secca quasi perfetta. Non mi riscaldo nemmeno tanto mi sembra inutile e parto… La prima sezione mi sembra molto più facile e arrivo al riposo incredibilmente bene. Allora recupero il più a lungo possibile prima di ripartire per la sezione chiave.
Il primo boulder entra benissimo ma la luce da qui in poi, può spegnersi da un momento all’altro. Continuo a salire… comincio a crederci, prendo anche l’ultima presa poi… sono nel vuoto, anche più di quanto credessi, un "maion rapid" si è aperto. Forse dovrei davvero tornare a casa, sono seccato, avevo l’ultima presa in mano, non è possibile buttare via tutto così. Poi ci ripenso e devo solo essere molto contento, sono già andato oltre.
Il sole ha lasciato il posto a un’ombra sempre più fredda, decido di fare ancora un giro e accendiamo un fuoco. Dopo 50 minuti riparto, arrivo al riposo più stanco ma neanche così male. Soffro però sul primo boulder ma continuo, decontratto perché credo di non avere molte speranze. Forse è per questo, che arrivo ancora all’ultimo movimento.
Sono calmissimo, imposto perfettamente la sequenza ma mi allungo male e quell’ultima lista la prendo appena con un po' di pelle. Il corpo inizia a indietreggiare pericolosamente è qualcosa che purtroppo succede spesso, qualcosa che ho già provato molte volte ma da sotto arriva un DAII!!! Ho solo qualche millimetro di pelle ancora attaccato ma quel DAI!!, a volte quasi ridicolo, mi incolla alla parete. Il pollice riesce a raggiungere le altre dita ed io la sosta.
Maurizio "Manolo" Zanolla
Ringrazio chi mi ha accompagnato e ha avuto la pazienza di tenermi la corda: Zorten, Walter, Giacomo e Cristina
Un ringraziamento va a: La Sportiva, Grivel, Montura
Per arrivare alla base della falesia della Val Noana (Primiero, tra Imer e Mezzano) dove si trovano tra le altre Stramonio ed Eroi fragili bisogna raggiungere prima il settore Pindoli (5 minuti dalla strada) attraversarlo tutto verso destra fino ad entrare in un evidente canale ghiaioso che si risale fino al bosco sovrastante la falesia. Continuare a salire per uno stretto canalino fino ad una marcata traccia di sentiero, raggiunta la base della falesia ci si sposta qualche metro a sinistra e, per un tratto di corda fissa, si raggiunge la base della via. (15/20 minuti dalla strada). Il settore è un pò esposto ed è consigliabile a gente esperta, conta per il momento circa una decina di lunghezze dal 7b all'8c.
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