La ricerca e l'arrampicata di Mario Prinoth
Difficile dire cosa continuamente cercano e ricercano i climbers. Ma è altrettanto difficile non affermare che è proprio questa ricerca che riempie di significato la loro arrampicata. E' questa l'arrampicata per Mario Prinoth, e la sua The Search, un nome ovviamente non casuale, sta lì a provarlo. Sono 35 metri, sulla parete vicino a Capanna Bill in Marmolada, che il climber fassano ha scoperto, chiodato, pulito e poi, come ultimo atto, in una fredda giornata alla fine di quest'autunno ha liberato.
Quella di Prinoth è stata una ricerca e un percorso a tutto tondo, dunque. Un viaggio che, ormai da molto tempo, sembra non essere più usuale tra i climbers, ma che rimane quello più importante, quello più vero. Solo aprendo il cerchio (cioè scoprendo la linea) e poi chiudendolo (liberando la via) si “crea” davvero. E solo così l'esperienza può dirsi completa.
Per Prinoth, The Search è il frutto di un bellissimo anno che l'ha visto centrare molte ripetizioni di gran classe tra cui spiccano la famosa “The big Mother” (8c+) ad Erto, “Thin Ice” (8c) la via must di Terlago, “Drumtime” la supertecnica di Fonzaso e ancora la via del “Venticinquesimo” aperta da Rolando Larcher a Celva (peraltro una via molto consigliata da Prinoth). A questo punto però mancava qualcosa. Mancava la ricerca completa, la realizzazione dall'inizio alla fine. Appunto, mancava ancora The Search, la nuova linea
Ne è uscita una via varia, lunga 35 metri, dove l'aderenza “la fa da padrona” e che, anche grazie all'uscita in leggero strapiombo, mette a dura prova anche la resistenza. Come leggerete nel suo racconto, Prinoth la paragona a Thin Ice a Terlago e Drumtime a Fonzaso, ma la ritiene “più difficile per la sua continuità e precarietà”. Quindi, aggiungiamo noi, potrebbe essere anche vicina al 9a. Ma questo, l'avete ormai capito, non è nulla rispetto all'esperienza di questa The Search, ovvero della ricerca che continua del “maestro d'arrampicata” Mario Prinoth.
The Search di Mario Prinoth
Mi piace l’arrampicata in ogni sua forma, mi piace scalare ogni cosa che si presti a farlo, e l’arrampicata mi ha dato e continua a darmi alcune tra le più belle emozioni che ho mai provato. Come chiunque, penso, mi piace intraprendere nuove sfide, e mi piace anche avere la possibilità di raccontare queste esperienze a chi è interessato, per condividere con altri passioni e sensazioni provate. In nessun'altra cosa ho mai trovato quel bisogno, quasi la necessità, di andare alla ricerca dei propri limiti, fisici e psicologici, come nella scalata.
Forse è proprio questa la sua essenza e la spinta che muove noi scalatori a sopportare sforzi immani e stress psicologici, per un unico scopo: oltrepassare un traguardo che poi,in realtà, non si rivelerà tale in quanto,si sa, la natura umana fa sì che non si sia mai soddisfatti e porta a volere sempre di più. Quest’ anno, grazie anche ai validi consigli del “Jolly”, sono riuscito ad allenarmi bene e a togliermi parecchie soddisfazioni. Dopo tante belle realizzazioni, in primis “The big Mother” a Erto, in seguito “Thin Ice” a Terlago, sono andato alla ricerca di una linea quasi perfetta, nella quale esprimere le mie qualità migliori in questo buon periodo di forma.
Questa continua ricerca mi ha portato d’istinto a un mio vecchio progetto, che ha anche ispirato il nome di questa mia nuova via ai piedi della Marmolada: “The Search” , 35 m, estremamente varia, con il finale leggermente strapiombante dove la resistenza bisogna saperla gestire bene; si perché a detta dell’ amico Stenico sul finale ci sono appigli che lui ha definito “Gillette”. Tranne qualche presa che ho dovuto consolidare, “The Search” è completamente naturale perché la mia ricerca era anche quella di trovare una linea da scoprire, e così da subito mi sono detto o la faccio così o la regalo a qualche amico.
Complice un autunno con giornate splendide, le mie visite a Capanna Bill (così ho chiamato il settore che riprende quello dell’omonimo rifugio che si trova proprio di fronte alla falesia) si sono intensificate, permettendomi di scoprire ogni volta nuovi metodi. Per la sua precarietà in due tratti del tiro l’aderenza sicuramente la fa da padrona, così in un giorno quasi invernale è venuta la grande libera.
E' stato davvero un momento speciale perché quel giorno c’era anche mia figlia Alison che, ben fornita di telecamera, mi ha ripreso, così ho la possibilità di rivedermi in quei momenti che per me hanno avuto un significato intenso e particolare perché ho vissuto quella soddisfazione che solo scoprire, chiodare, pulire e infine liberare una via così bella ti dà.
Sono sempre stato un po’ perplesso sull’uso dei gradi, utilizzati più per misurare la prestazione di ognuno invece che per il loro scopo primario e cioè di indicazione sulla via che ognuno può confrontare col proprio livello. Detto questo, secondo me, ogni via ha un suo proprio valore che non si può determinare a suon di paragoni, però se dovessi descrivere il suo stile e la sua difficoltà rispetto ad altri itinerari, o indirizzare qualcuno interessato a provarla, direi che è confrontabile a “Thin Ice” a Terlago e “Drum Time” a Fonzaso, ma nettamente più difficile per la sua continuità e precarietà.
Voglio infine ringraziare Heinz Mariacher che da più di vent’anni mi mette le “ali” ai piedi e che, anno dopo anno, riesce a realizzare scarpe sempre più performanti, e Simone Moro che ha fatto sì che io possa vestire adeguatamente in ogni situazione, sentendomi a mio agio.
Mario Prinoth
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