Josune Bereziartu, Lynn Hill, Luisa Iovane: tre donne che hanno segnato la storia dell’arrampicata

Tre donne, e tre salite, che hanno contribuito a cambiare il corso dell’arrampicata: Luisa Iovane su Comeback in Val San Nicolò nel 1986, Lynn Hill su The Nose nel 1993 e Josune Bereziartu su Bain de Sang nel 2002. La seconda puntata realizzata insieme a Vibram, per celebrare l’arrampicata di ieri, oggi e domani nell’ambito del progetto 'Learn to Climb with Vibram.’
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Josune Bereziartu su Bain de Sang a Saint Loup in Svizzera. Sette gioni, tre settimane, 15/20 tentativi. Il primo 9a femminile.
Rikardo Otegi

Come in tutte le cose, anche nell’arrampicata nel corso degli anni ci sono stati diversi momenti chiave, alcune salite che sono state una svolta, un momento di rottura con il passato. Effettuate non soltanto dagli uomini, ma anche dalle donne che più e più volte hanno dimostrato di essere praticamente alla pari, se non in certi casi persino un passo avanti rispetto ai loro colleghi maschi. In questo nostro secondo articolo realizzato nell’ambito del progetto "Learn to Climb with Vibram" dedicato al mondo dell’arrampicata a 360°, analizziamo tre salite che hanno lasciato un segno importante nell’evoluzione di questo sport: la prima libera femminile di un 8a nel lontano 1986 da parte di Luisa Iovane in Val San Nicolò; la visionaria prima libera di The Nose su El Capitan nello Yosemite effettuata da Lynn Hill nel 1993; la prima femminile del mitico grado di 9a su Bain de Sang a Saint Loup in Svizzera da parte di Josune Bereziartu nel 2002. Tre salite che hanno contribuito a cambiare il corso dell’arrampicata.

Luisa Iovane e l’8a di Comeback
Negli anni ’80, quindi molto prima di internet come lo conosciamo oggi, di google, youtube, facebook, instagram, smartphone … le notizie del mondo verticale correvano lungo il filo del telefono e poi, solo mesi dopo, sulla carta stampata. Era un processo lungo, bello anche con il sapore della vera scoperta. Anche perché erano gli anni in cui l’arrampicata stava diventando sportiva, un periodo di immensa sperimentazione ed evoluzione durante il quale le falesie hanno cominciato ad assumere un ruolo importante e le difficoltà tecniche sono cresciute a dismisura. Era il periodo d’oro e in soli tre anni il livello assoluto si è spostato in avanti ben tre volte: primo 8a+ nel 1983 grazie a Jerry Moffat su The Face in Frankenjura, primo 8b nel 1984 per mano di Wolfgang Güllich sulla vicina Kanal im Rücken, e primo 8b+ nel 1985 sempre firmato Güllich su Punks in the gym a Mount Arapiles in Australia. Nelle poche falesie che c’erano l’8a esisteva malapena, e rappresentava un livello di difficoltà impensabile per la quasi totalità dei climber. Specialmente, bisogna aggiungerlo, per le donne, in uno sport storicamente dominato dagli uomini.

È in questo contesto che bisogna inquadrare la salita, assolutamente fuori del comune e nettamente in anticipo rispetto ai tempi, della prima libera dell' 8a di Comeback da parte di Luisa Iovane nel 1986. La via si trova in Val San Nicolò, quel giardino segreto delle Dolomiti coltivato con cura insieme a Bruno Pederiva e al compagno di cordata e vita Heinz Mariacher. Chiodando la linea Heinz era stato sorpreso da una bufera di neve e la conseguenza, una forte sinusite, l’aveva costretto a stare lontano dalla via per un mese, ecco allora la genesi del nome. Al suo ritorno Mariacher si è reso conto che uno dei movimenti non gli era congeniale, una piccola lista sfuggente dalla quale bisognava puntare un piede in spaccata, che Luisa invece con le sue dita d’acciaio e la sua scioltezza riusciva a fare più agilmente. In quel momento Iovane aveva già salito Tom & Jerry e Nisida, due 7c rispettivamente alla Spiaggia delle Lucertole e alla Swing Area di Arco, e qualche 7c in Francia, vie di calibro che ancora oggi incutono timore, ma l’8a costituiva una barriera di tutt’altra dimensione. Anche perché, trattandosi di un progetto, c’era la non indifferente incognita psicologica della libera. Era fattibile? Quanto sarebbe stata difficile?

Alla fine l’allora 26enne non ha impiegato neanche tanti tentativi per salire il magico grado di 8a, anche perché Luisa non ha mai avuto voglia provare passaggi e vie più di tanto. In tutta probabilità era la via più dura femminile di quel periodo, almeno in Italia; Catherine Destivelle e Isabelle Patissier avevano salito Fleur de Rocaille a Mouriès l’anno precedente, ripetuta poi da Luisa nell'86, ma nel tempo il grado della via era stato leggermente abbassato. Quindi, nei libri di storia dell'arrampicata, accanto alla riga "primo 8a femminile" si legge il nome Luisa Iovane. A Destivelle invece va sicuramente il primo 8a+ femminile, realizzato nel 1988 sulla famosa Chouca a Buoux, pochi mesi prima del primo 8b femminile di Patissier su Sortilèges a Cimaï. Tutte e tre queste super atlete sono state ovviamente anche protagoniste dell’esordio delle gare di arrampicata. Ed è proprio alla prima gara in assoluta, a Bardonecchia nel 1985, che Tono Cassin ha notato il talento di Iovane. Tanto che già durante il viaggio di ritorno da Bardonecchia, si è fermata a Lecco per firmare il suo primo contratto per la Cassin ed iniziare la carriera agonista, che nell'89 l’ha vista diventare la prima Italiana a vincere una gara di coppa del mondo a Yalta, Russia.

È interessante notare due cose. Uno: che nonostante sia trascorso tutto questo tempo, la via con il suo bel runout in placca non è ancora stata ripetuta, forse anche per mancanza di interesse verso queste difficoltà. E due, che la libera di Comeback purtroppo non è stata annotata meticolosamente nel diario d’arrampicata di Luisa Iovane, in quegli anni nel suo immaginario regnava ancora il pensiero che "la falesia non meritava quest’attenzione, non era mica una via nuova in montagna." Come ad esempio Tempi Moderni, aperta nel 1982 con Mariacher sulla sud della Marmolada. O la loro Tempi modernissimi aperta sull’altro versante e salita nello stesso anno di Comeback. Ma queste sono altre bellissime storie, di scoperta, sperimentazione ed evoluzione.

Lynn Hill e The Nose
La prima salita in libera di The Nose su El Capitan nello Yosemite per mano di Lynn Hill viene considerata da molti una delle salite più importanti della storia dell’arrampicata. Senza se e senza ma. Correva l’anno 1993, i più forti climbers del momento avevano già iniziato a liberare le linee più evidente sulle enormi big wall. Nel 1988 infatti Todd Skinner e Paul Piana, alternando capocordata per 9 giorni, avevano scelto la mitica Salathé Wall per segnare l'inizio delle grandi vie in libera su El Capitan, ma nel 1993 la via più famosa di tutte, tra l’altro la prima via in assoluta tracciata sul "Big Stone", rappresentava ancora una sfida impossibile. The Nose, aperta da Warren Harding, Wayne Merry e George Whitmore nel 1958 dopo ben 47 giorni in parete, era ritenuta semplicemente troppo difficile da poter essere salita in libera. Almeno, così si diceva.

Chi non ha mai dato peso alla parola impossibile è sempre stata Lynn Hill, la tenace climber statunitense, classe 1961, vincitrice di molte delle prime gare d’arrampicata, incluso cinque Rock Master, e prima donna a salire una via sportiva gradata 8b+, Masse Critique a Cimai nel 1990.

Nel 1993 insieme al britanno Simon Nadin, vincitore della prima Coppa del Mondo Lead, è andata in avanscoperta su The Nose e, arrampicando dal basso, i due sono riusciti a liberare uno dei tiri chiavi della via, il famoso Great Roof, quell’enorme tetto che sbarra la strada verso l’alto. Poi a corto di viveri ed energie sono stati costretti ad arrendersi di fronte alle enormi difficoltà poste dal tiro poco più in alto, il Changing Corners. I due sono scesi ma Hill non si è data per vinta e, più tardi quell’estate, è tornata con rinnovate energie insieme a Brooke Sandahl. Questa volta si è calata dall’alto e dopo tre giorni di tentativi è riuscita a decifrare i movimenti del famigerato diedro, usando una bizzarra sequenza successivamente chiamata Houdini Move. "Salire questo tiro in libera avrebbe richiesto un ingegno e una finezza tecnica che avevo incontrato raramente, se non mai, su nessuna altra via." ha spiegato l’allora 32enne. Esattamente come con un boulder, ma questa volta a quasi 1000 metri sopra il lento fiume Merced, aveva fatto tutti i movimenti singoli. Ma non in continuità. Intuiva però che se fosse stata meno stanca sarebbe riuscita senza cadere e, motivata da questo successo, i due sono subito scesi a valle. Poi in quattro giorni di quel settembre Hill, assicurata da Sandahl, ha creato il suo capolavoro, salendo in libera tutti i tiri di The Nose. La sua performance ha lasciato tutti, indiscriminatamente, increduli. E come se non bastasse, l’anno successivo e all’età di 33 anni ha rincarato la dose con un vero colpo magistrale: partendo nella notte del 19 settembre del 1994 insieme a Steve Sutton, Hill ha salito The Nose tutto in libera in sole 23 ore. Una salita, ed una visione, avanti anni luce.

Si tratta di un’assoluta pietra miliare nella storia dell’arrampicata, riassunta perfettamente da Alexander Huber alcuni anni più tardi: "La salita di Lynn Hill sul 'Nose' ha rappresentato un exploit vero, un evento che è piombato come un terremoto nel mondo dell’arrampicata! Ed il suo commento "It goes, boys", è stato diretto, duro, ma corretto. Provocatoriamente, ma in modo chiaro, aveva dimostrato che era finito il predominio maschile in questo sport."

Josune Bereziartu e il primo 9a femminile della storia
Per spingere in alto l’asticella, per ridefinire la parola impossible, ci vogliono talento smisurato abbinato a decenni di allenamenti. Condensati in pochi istanti di perfezione pura. Martedì 29 ottobre 2002 la piccola falesia di Saint Loup in Svizzera ha testimoniato questo esclusivo connubio quando, in tarda mattinata, la tenacia climber basca Josune Bereziartu ha eseguita come in uno stato di trance tutti i movimenti di uno dei primi 9a al mondo, Bain de Sang. Liberato da Fred Nicole nel 1993, "Bain" era considerata la placca per antonomasia con movimenti delicati ma anche potenti, e con la sua ripetizione Bereziartu si è scolpita un gran pezzo di storia dell’arrampicata sportiva diventando la prima donna al mondo a salire il mitico grado di 9a. Per arrivare a questo traguardo aveva investito sette giorni di tentativi sparsi su tre settimane e due viaggi, ma soprattutto aveva alle sue spalle un passato che la rendeva la climber che più di chiunque altra aveva esplorato il limite dell’arrampicata sportiva femminile.

Nata nel 1972, Bereziartu ha iniziato ad arrampicare a 17 anni. L’esplosione sulla scena mondiale è arrivata nel 1998 quando con la ripetizione di Honky Tonky nella falesia di Oñate è diventata la prima donna al mondo ad infrangere la barriera dell’8c. Erano passati poco più di dieci anni da quando Wolfgang Güllich con la sua Wallstreet in Frankenjura aveva liberato il primo 8c al mondo, e questo grado rappresentava ancora qualcosa di assolutamente eccezionale. L’anno successivo Bereziartu ha consolidato il grado ripetendo gli 8c di White Zombie e Ras a Baltzola, mentre nel 2000 ha alzato la posta in gioco per la seconda volta con la prima femminile di un 8c+, Honky Mix sempre ad Oñate. Battendo, di pochi mesi soltanto, la fortissima francese Liv Sansoz che a Mount Charleston negli USA ha salito l'8c/c+ di Hasta la Vista.

Primo 8c femminile. Primo 8c+ femminile. È sulla scia di questi successi che Bereziartu ha deciso di puntare sul 9a pieno, con allenamenti massacranti di grande forza - "la base per l’arrampicata" come ha spiegato. Nel 2001 è arrivato l’8c+ di Noia ad Andonno, poi nel 2002 il coronamento dei sogni, Bain de Sang.

In soli quattro anni Bereziartu aveva spinto l’arrampicata femminile dall' 8c al 9a, ma ancora non le bastava, c’era altro in serbo. Intanto il 9a di Logical Progression nel novembre del 2004. Una prestazione assoluta, doppiamente difficile perché fuori porta, a Joyama in Giappone, sulla via più difficile del paese liberata soli tre anni prima da Dai Koyamada. Poi nel 2005 il colpo magistrale, il ritorno a Saint Loup in Svizzera per la ripetizione di Bimbaluna liberata soltanto l’anno precedente dall’altro fratello della famiglia Nicole, François. 9a/9a+ il suo inaudito grado, in un periodo in cui il 9a+ doveva ancora moltiplicarsi. Ancora una salita che anticipava i tempi; la 34enne non era "soltanto" al vertice dell’arrampicata sportiva femminile, ma anche di quella maschile in quanto il 9b era ancora da scoprire o confermare.

In breve, dal 1998 al 2005 l’egemonia di Bereziartu su roccia era totale. Con queste salite (alle quali si aggiunge il primo 8b+ femminile a-vista nel 2006) la basca ha ridotto più volte il divario tra i generi, ispirando migliaia di altre climber. Oltre alle prestazioni prettamente sportive, vale la pena soffermarsi su come sono state effettuate: sempre con enorme modestia, sempre con un sorriso, e sempre affiancata da Rikar Otegui, il suo silenzioso compagno di cordata e vita. Un esempio da seguire. E se per Bereziartu quel momento di perfezione pura su Bain de Sang ha rappresentato "Uno dei giorni più felici della mia carriera arrampicatoria", per il resto del mondo ha dimostrato che nell’arrampicata, davvero, niente era impossibile.

di Nicholas Hobley

Link: eu.vibram.com/en/learn-to-climb-with-vibram/




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