Lynn Hill
Sono passati 7 anni dalla tua salita, in libera integrale ed in giornata del Nose, e ancora se ne parla, forse anche più di allora…
Era una cosa talmente nuova che a quel tempo, probabilmente, molti non hanno ben capito cosa fosse successo. All'epoca tutti i tiri del Nose, all'infuori del Great Roof, erano stati saliti in libera, ma nessuno aveva ancora concatenato tutta la via. Quest'ultimo progetto, ai più - e parlo di persone estremamenti competenti come Jim Bridwell - sembrava irrealizzabile. Per capirci non era solo impensabile che una donna ci riuscisse, era proprio impensabile che potesse essere fatto… in assoluto. Nessuno mi ha detto, per esempio, "Il Nose in libera? vai pure, che ce la fai" replicando così lo scherzetto, da sempre in voga tra i climbers della Valley, per spingere qualcuno verso un sicuro fiasco. Erano tutti decisi e concordi nel giudizio di: 'Impossibile!', punto e basta.
Come hai preparato l' 'impossibile' Nose in libera
Prima di tutto ho creduto nelle mie possibilità. Poi mi sono allenata… molto! 5 mesi solo per la salita della libera in meno di 24 ore. E' stato un training sia fisico sia mentale. Corsa, arrampicata, palestra ma anche e soprattutto molta attenzione all'aspetto mentale, a come avrei dovuto affrontare quell'impegno con la testa. La motivazione, lo stile e poi la riuscita della salita sono stati il frutto anche di quest'intenso 'pensarla prima'. E mi ha dato grande determinazione e forza la mia convinzione che l’arrampicata non è tanto raggiungere la cima, ma piuttosto tutto quello che sta nel mezzo, appunto il modo in cui raggiungi la cima. Ciò significa vivere con entusiasmo, attimo per attimo, tutto il cammino verso la meta.
E dal punto di vista dell'alimentazione, integratori ecc
Fa parte della mia filosofia personale: non prendo supplementi, amino acidi, ecc.. Credo che gli effetti siano molto poco rilevanti a livello fisiologico, mentre possono essere anche notevoli a livello psicologico. Per migliorare le mie capacità io parto da altri presupposti, e mi domando: “perché non posso avere un approccio all’arrampicata più intelligente? Dirigere le mie energie in un modo più efficiente? L’idea (e la risposta) è che siamo noi che dobbiamo adattarci alla roccia, non il contrario.
Con che spirito hai salito le 33 lunghezze della via in quelle 23 ore…
Cercando di spingere al massimo le mie percezioni e la mia sensibilità verso la roccia ed il mio corpo. Dosando e trovando la giusta energia, la minima, ad ogni movimento. Il mio motto era: essere paziente e rilassata, sempre! Senza fretta, senza rabbia, perché credo che non abbiano ragione di esistere nell’arrampicata, almeno nella mia. L'effetto che cercavo era la 'leggerezza' del tutto. Un'arrampicata smooth; sempre fluida ed in sintonia con la parete. Un movimento totale e armonioso per trovare il ritmo giusto, e non lasciare spazio ad altro pensiero che non fosse quello del gioco di salire. La ricerca insomma, dal mio punto di vista, del perfetto stato di 'grazia' dell'arrampicata…
Quanto ti ha impegnato e dato l'esperienza sul Nose?
In 20 anni di arrampicata non avevo mai fatto uno sforzo cosi grande e completo. E' stata un'esperienza complessa e globale che mi ha dato soprattutto la consapevolezza di me stessa. Al di là della soddisfazione per esserci riuscita - che naturalmente è stata molta - mi ha motivato a credere nella volontà dell'uomo, nella possibilità che ognuno ha di raggiungere i suoi limiti e anche superarli. E poi mi ha dato una gran felicità: arrampicare come sul Nose, salire le grandi pareti in libera è il mio più grande amore.
Un amore sbocciato a 14 anni in California….
Sì. Con mia sorella più grande ho cominciato ad arrampicare nel '75, su granito. Mi sono trovata subito bene. Arrampicare mi piaceva, mi era congeniale. Un grande aiuto mi veniva anche dall'aver praticato la ginnastica artistica all'High school. Così ho continuato e, visti anche i risultati tutti mi hanno considerata da subito dell'ambiente, e quasi una specie di 'maschiaccio'… Il granito della Yosemite Valley e soprattutto l'incontro con arrampicatori come John Long hanno fatto il resto. Quella in Yosemite per me è stata un'esperienza fondamentale sia per l'avventura sul Nose sia per tutta il mio modo di intendere l'arrampicata.
Nell'85 è iniziato il tuo lungo viaggio (che dura tutt'ora) in Europa, nel Sud della Francia e in Italia, alla scoperta del pianeta 'calcare'…
Amo viaggiare, è importante per me. Mi è proprio necessario ricercare nuove esperienze e conoscenze, per trovare l’equilibrio giusto. E nel Sud della Francia, ma poi anche in Italia, mi sono trovata benissimo. Qui ho fatto e continuo a fare delle esperienze fondamentali per la mia vita e sento un profondo legame per queste terre. Mi trovo bene con la gente. E poi c'è l'arrampicata, la roccia: Verdon, Ceuse, Cinque Torri, Arco, un sacco di bei posti e possibilità. Con stupendo calcare che, dopo tanto arrampicare su granito, è stato all'epoca un'esperienza bellissima e completamente nuova per me…
Poi il tuo incontro, da grande protagonista, con le gare di arrampicata, cosa ti è rimasto del mondo delle competizioni
Penso che le gare siano una grande cosa, specialmente per i giovani. Sono senz'altro un'esperienza positiva. Il circuito delle competizioni da l’opportunità di conoscere ed essere a contatto con un ambiente internazionale, di fare grandi esperienze. E ancora ti abitua a prepararti ed imparare a dare il meglio di te, a fare le tue migliori performance proprio al momento della gara; e questo è un altro aspetto che mi ha aiutato nella mia salita al Nose. Vorrei anche dire che competere, aver voglia di vincere, arrivare al top, sono tutte cose che rispondono ad esigenze innate, ma a volte è importante riuscire a fare un passo fuori, maturare, e guardare la vita anche da livelli e angolature diversi.
E' per questo che ad un certo punto, nel 1992, hai smesso con l'agonismo?
Devo dire che smettere con le gare mi ha fatto vivere un nuovo senso di libertà. Nel periodo in cui ho preso quella decisione l'ambiente delle competizione stava un po' alla volta cambiando, e più il movimento si sviluppava più diminuiva il divertimento. Quel sentirsi un gruppo di amici, quella felicità di girare e vivere arrampicando che l'aveva caratterizzato all'inizio e che ti faceva venir voglia di esserci, non c'era più. Mentre vedevo sempre più gente con problemi di bulimia, anoressia… Sembrava scomparsa quell'amicizia, quello spirito di gruppo che avevo conosciuto all'inizio.
Questo proprio nel momento in cui volevi confrontarti, anche in gara, con le vie tracciate per gli uomini.
E' vero, a Lione nel 1989 sia io sia Luisa Iovane – dopo il pari merito della finale - volevamo competere, in superfinale, correndo sulla via degli uomini. Avevamo il desiderio di confrontarci alla pari con loro. E anche il pubblico lo voleva.
Ma già dall'inizio pensavo di salire sulle vie degli uomini; in realtà, però, sapevo che da un lato le strutture ma anche l'esperienza e capacità di tracciatura non erano ancora così sviluppate per superare quelle differenze morfologiche, come l’altezza, che avrebbero comunque pesato a favore degli uomini.
Come sul Nose, dove tu saresti stata, secondo alcuni, avvantaggiata dalle dita piccole
E' vero che sul Great Roof le mie dita ci stavano meglio, ma questo non significa che sia impossibile salirlo in libera anche per un arrampicatore più grande di me. D'altra parte nei 900 metri del Nose ci sono altri punti in cui io sono stata svantaggiata rispetto ad arrampicatori con un allungo e un'apertura di braccia maggiore dei miei, come all'ingresso del diedro (…nome?), che per me è il punto chiave della salita in libera.
Ci sono altre salite di big wall che ti hanno colpito
Quello che ha fatto Yuji Hirayama sulla Salathe è stato assolutamente spettacolare. A mio avviso è stata una delle migliori performance di questo tipo. Ha fatto una salita veramente molto coraggiosa, per giunta annunciando a tutti che l’avrebbe tentata a vista, rendendola così ancora più difficile. Un conto, infatti, è prefiggersi un traguardo personale, un'altra cosa, totalmente diversa, è se inviti la gente a vederti. Chiaramente è fantastico per lo spettatore, ma per l’ 'attore' diventa automaticamente tutto molto più complicato.
Chi riuscirà a ripetere il Nose in libera, in meno di 24 ore
Leo Holding mi ha detto che è sua intenzione di provarci. Lui affronta l'arrampicata in maniera disinvolta, non si fa molti problemi, gli piace l'idea e la tenta, vada come vada. Sarei davvero contenta se gli riuscisse perché mi piace Leo, lui ha un modo di interpretare l’arrampicata che assomiglia molto al mio.
E della salita del Nose in libera di Scott Birch…
Cosa posso dire? 261 giorni per salire tutti i tiri in libera… Rispetto la sua determinazione. E' stata una via molto dura per lui, e quindi un gran risultato. E poi è tutto soltanto un gran bel gioco!
Tu negli ultimi anni ti sei anche dedicata un po' all'alpinismo
Si in Kyrgyzstan ho fatto la mia prima spedizione in montagna. Una via in stile alpino con Conrad Anker e Dan Osman. Ma la Neve non è proprio il mio elemento. Amo molto di più l’arrampicata su roccia e mi interessa la 'prestazione', ma non in alta montagna.
Preferisci arrampicare e viaggiare in posti lontani come hai fatto in Vietman o in Madagascar?
Certamente. Anche se comunque si fatica moltissimo in situazioni come quelle. In Vietnam abbiamo aperto delle belle vie su pareti completamente vergini e in posti bellissimi. E ripulire le pareti, chiodare, è stato veramente un duro lavoro. Anche in Madagascar è stata un'esperienza particolare: eravamo una spedizione tutta al femminile. E anche qui c'è stato da lavorare tantissimo per aprire la nostra nuova via.
I prossimi progetti, magari un'altra big wall stile Nose?
Intanto a Novembre vorrei andare a Cuba. Poi mi piacerebbe andare su El Nino a El Cap… mi piace proprio salire vie nuove!
Come scegli i tuoi obiettivi e cosa consiglieresti
Prima di tutto si devono sempre scegliere degli obiettivi e degli approcci personali, che nascono da motivazioni e spinte personali. E poi chiedersi: "è possibile? Ho dei vantaggi?" Per fare un esempio, nel bouldering - che io considero l’essenza dell'arrampicata - la mia statura piccola è un chiaro svantaggio: alle volte non riesco proprio a raggiungere il primo appiglio. Ma (aggiunge sorridendo e chiaramente riferendosi al Nose n.d.r.) ci sono pochissime vie dove essere piccolo è un vantaggio… Ma, a parte gli scherzi, quello che dico prima di tutto a me stessa è: “non ha importanza il grado, ma cerca di fare esperienze significative". E questo è anche il consiglio che mi piacerebbe dare…
intervista di Vinicio Stefanello
LYNN & THE NOSE
da ALP Grandi Montagne - Yosemite
di Vinicio Stefanello
Si può evocare una salita partendo dallo schizzo della via? Ci proviamo con Lynn Hill, naturalmente per ripercorrere la sua mitica libera sul Nose. Così, dai segni sulla carta, quella cavalcata nell'immensa prua del Cap rivive l'avventura di un soffio durato meno di 24 ore.
"Il Nose ha tutto: placche, strapiombi, fessure". E già a metà del 2° tiro c'è la prima prova: "Due movimenti aleatori per arrivare alla cengia e rilassarsi sulle fessure della quarta e quinta lunghezza". Ogni fessura ha un'anima diversa. Come: "Nella Stovelegs Crack system, al 9° tiro, dove s'inizia con gli incastri di mano per passare, via via, al pugno". Come quella corta e larga all'undicesima lunghezza: "Puoi scegliere tra dulfer o incastro ma resta sempre strana". Così Lynn sorpassa la Dolt Tower e arriva al Jardine Traverse. Qui, per il free, si piega a sinistra: "E' difficile. Soprattutto all'inizio dove sono stati migliorati gli appigli ed un fondamentale appoggio. Potevano evitarlo, ma certo sarebbe stato ancora più difficile".
La corsa continua a sinistra di Texas Flake con un'interessante fessura: "E' di tutte le misure tra dita e pugno, io l'ho fatta in dulfer". Di corsa, appunto. Il 18° tiro è quello del piccolo tetto dove: "Non è stato molto difficile continuare in libera”. E siamo a Camp IV: "Attenzione! Se sopra c'è qualcuno che bivacca, qui cade di tutto" Anche Lynn è stata centrata: "E (a conferma del detto) mi ha portato fortuna: ho risolto il Great Roof". Ovvero il 22° tiro, una delle chiavi del Nose: "Il Great Roof è molto lungo. E la curva che porta alla traversata sotto al tetto è delicata, scivolosa per i piedi”. Occorre dosare spostamenti ed equilibri per un'incredibile serie di biditi rovesci: "Duri e spettacolari".
La porta per lo splendido Pancake Flake è aperta: "E' uno dei punti più belli della via. con una fessura di gran roccia e movimento. Da qui vedi proprio tutto: sei sospeso tra quello che hai salito e quello che ancora ti resta sopra la testa!" Tiro 23, 24, 25: Lynn lotta in uno stretto camino, sale con grandi spaccate e dulfer la fessura diedro (tutta da proteggere), ed è sulla gran cengia di Camp VI. Da qui la scelta per la libera è quella originale. Niente Brooke's variation ma: "Si prosegue, con movimenti strani e belli, nel diedro dei primi salitori". Ancora una bella fessura e siamo al 30° tiro. Quello del Death block, il masso incastrato che non c'è più: "Un mio amico l'ha tolto l'anno scorso… era ancorato solo con delle fettucce!".
Si sente aria di fine: dopo l'enorme diedro, ecco il tratto finale. E per un soffio non salta tutto: "Sul difficile strapiombo perdo i piedi, sono su una reglette per due dita e su una scaglia: mano-piede sulla 'ronchia' e con un ristabilimento, senza mano sinistra, me la cavo". Dopo un difficile bombè siamo all'ultima sosta, a due passi dal top. Ultimo atto: ancora un movimento duro ed è fatta! Tempo totale: 23 ore. E' successo 8 anni fa, nessuno l'ha ancora eguagliata.
Nata a Detroit nel 1961, cresciuta in California, dopo aver praticato il nuoto e la ginnastica artistica, scopre a 13 anni l'arrampicata. Nei primi anni, il suo campo di azione è il granito di Joshua Tree e della Yosemite Valley. Viene poi in contatto con l'ambiente europeo. Durante la sua carriera agonistica ha vinto 5 voltei l Rock Master, la Coppa del Mondo nel 1989 e innumerevoli gare internazionali.
Nel 1993 è riuscita a portare a termine la prima salita in libera della via del Nose sul Capitan e nel 1994 ha ripetuto quella stessa impresa percorrendo tutte le lunghezze della via in sole 23 ore.
Il motto sul Nose
"essere paziente e rilassata, sempre! Senza fretta, senza rabbia, perché credo che non abbiano ragione di esistere nell’arrampicata, almeno nella mia. L'effetto che cercavo era la 'leggerezza' del tutto. Un'arrampicata smooth; sempre fluida ed in sintonia con la parete. Un movimento totale e armonioso per trovare il ritmo giusto, e non lasciare spazio ad altro pensiero che non fosse quello del gioco di salire. La ricerca insomma, dal mio punto di vista, del perfetto stato di 'grazia' dell'arrampicata…"
The Nose
W. Harding, W. Merry, G. Whitmore - 1958
870 m (31 tiri)
Diff.: 5.13c o 5.9 A2
Prima libera: Lynn Hill '93
E’ la via! Ha segnato l’inizio e l’epopea delle big wall a Yosemite. Un vero capolavoro di audacia e tenacia ha consentito ai primi salitori di inventare e credere in questa via di arrampicata assolutamente diretta al Cap.
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