Il Maratoneta, la 3a ripetizione di Ivan Lisica-Lija e un po' di storia della famosa via di Manolo

Il 27/01/2013 il climber croato Ivan Lisica-Lija ha realizzato la terza ripetizione de Il Maratoneta, la mitica via aperta e liberata da Maurizio "Manolo" Zanolla a Paklenica (Croazia).
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Manolo sulla via Il Maratoneta nel 1987.
Walter Bellotto

Si chiama Il Maratoneta. Si trova a Paklenica, in Croazia. E' alta 15 metri e, secondo Ivan Lisica-Lija, climber croato di Spalato che il 27 gennaio scorso ne ha ha fatto la terza ripetizione, è una via molto bella ed estetica che offre un'arrampicata "molto old school, ovvero richiede super precisione e grande tecnica di placca". Era il 1987 quando Manolo scoprì quella perfetta lastra di roccia. All'epoca come un Forest Gump ante litteram (il film interpretato da Tom Hanks è del 1994) Manolo alternava l'arrampicata alla corsa. Ed è proprio così, in una di quelle sessioni di corsa, che fu catturato da quella linea, il Maratoneta appunto. Forse era proprio quello che cercava. O forse è stata quella perfetta e liscia parete a trovarlo. Fatto sta che l'ha subito chiodata. "I primi giorni" racconta Manolo "cadevo sempre verso la fine. Allora ho lasciato perdere, anche perchè in quel periodo la temperatura era già piuttosto alta e la pelle delle dita aveva bisogno di rifarsi. Ho ripreso la corsa fino a Spalato, e quando, dopo qualche giorno sono ritornato, ci sono riuscito". Il resto racconta di una via da "leggenda". Basti dire che la prima ripetizione arriva nel 2001 (14 anni dopo) ad opera dello sloveno Uros Perko, seguito l'anno dopo dal connazionale Marko Lukic. E ora, a distanza di 26 anni dalla prima libera, ecco la terza ripetizione e prima salita croata del 32enne Ivan Lisica-Lija, un climber con un'intensa attività di scopritore e salitore di nuove linee in tutta la Dalmazia. Tutti e tre i ripetitori confermano il grado di 8b+ proposto da Manolo all'epoca. A questo punto forse bisognerebbe sottolineare come l'8b+ nel 1987 fosse una difficoltà al top assoluto. E anche, forse, come questa via non abbia avuto il risalto che meritava (come del resto Malvasia, l'altra via "mito" di Manolo in Croazia, chiodata nel 1987 e poi liberata da Manolo nel 1988 e quindi ripetuta nel 2011 da Cody Roth). Ma probabilmente questi sono dettagli. Resta il fatto di come Il Maratoneta, e quella visione di 26 anni fa, riesca ancora a motivare e far sognare climber come Ivan Lisica-Lija. "Forse l'ho provata per la prima volta 10 anni fa" ci ha raccontato "per accarezzare le prese, ma non è stato niente di serio fino all'estate scorsa, quando per 3 giorni l'ho provata in condizioni quasi impossibili. È per questo che sono tornato quest'inverno e mi ci sono voluti 4 giorni per risolverla". Inutile dire che è super contento di esserci riuscito. Che a lui vanno i nostri complimenti ma anche quelli di Manolo, a cui non potevamo fare a meno di chiedere qualcosa su quella via, di quei tempi ma anche della sua arrampicata di allora e di adesso.


Il Maratoneta... anno 1987. Manolo prima di tutto mi piacerebbe capire cosa ti ricordi di quella via (a guardar la tua foto dell'epoca, gli "appigli" sembrano abbastanza piccoli). Se ti domandassi un flashback istantaneo, un attimo, cosa mi racconteresti?

Mi ricordo che appena ho visto quel "lastrone" appoggiato sulla parete della gola, proprio sul sentiero che se ne stava all'ombra praticamente tutto il giorno, avevo proprio trovato quello che stavo cercando.

Avevi 29 anni, eri appena tornato da un viaggio-arrampicata negli States con Mauro Corona (una storia nella storia), eri in forma strepitosa tanté che The Nose al Capitan ti aveva regalato una "quasi" on-sight, e correvi 40-50 km al giorno... mi verrebbe da chiederti da cosa scappavi. Invece ti chiedo cos'era allora l'arrampicata per te e a cosa aspiravi...
Non scappavo da nessuna parte, anzi stavo inseguendo il mio record personale nel peso "al ribasso naturalmente", ed ero in splendida forma, mi sentivo bene e volevo fare qualcosa di più difficile. In California avevo fatto delle belle cose, ma adesso non c'era niente di più stimolante che cercare nuove linee in posti così. Certo ero in vacanza... quella vacanza al mare che quasi tutti noi, che viviamo fra le montagne, almeno una volta all'anno vorremmo fare, ma con il trapano... e con licenza di usarlo, non certo su spiagge sabbiose. Quando ho chiodato quel tiro non mi sembrava proprio difficile anche perchè non era molto lungo, le tacche erano piuttosto nette e pensavo di riuscire in fretta. Mi ricordava molto Terminator in Totoga, ma ai primi tentativi quelle liste diventarono subito aggressive; grattugiavano la forza e la pelle e la temperatura già elevata non mi permetteva di provare molto. Allora... Riposo... Strana parola, ma era qualcosa che avevo iniziato a prendere in considerazione proprio negli Stati Uniti. Funzionava! Riscaldamento... che non era rimanere al sole per 4 ore. Funzionava! E, funzionò.

Il Maratoneta e poi Malvasia, l'altra via "mitica" che hai firmato in Croazia, all'epoca cosa hanno rappresentato per te? Erano vie speciali? E quando una via è speciale per te?
Sì! Sono speciali! Perchè prima di tutto sono belle, diverse, lontane da casa e anche fra loro. Mi sono venute incontro proprio mentre le stavo cercando. Erano la mia scalata ed era quello che potevo permettermi in quel momento senza spendere troppo tempo. Due linee che definirei "con una personalità decisa".

Faccenda "spinosa", e irrilevante probabilmente, ma come hai fatto a "gradarle"? Insomma, che "spanne" usavi per dare i gradi, e che importanza gli davi?
Non è stato difficile; era un periodo in cui cercavo di migliorare con tutta la mia energia e stavo diventando sempre più forte, lo confermava tutto quello che facevo, potevo allenarmi due volte al giorno. Continuavo a migliorare e queste vie mi sembravano semplicemente più difficili di quello che avevo fatto prima. Non avevo in quel momento dei punti di riferimento precisi con altre vie, sentivo solo che per me erano più difficili, e come sempre ho proposto un grado.

Ora, riguardando indietro a Il Maratoneta e a Malvasia, e pensando che dopo 22 anni, nel 2009, hai centrato il 9a di Eternit, e poi l'anno scorso il 9a di Roby Present... ci spieghi quali sono, se ci sono, le differenze tra la tua capacità di arrampicare di allora e quella di adesso. Indubbiamente c'è stato un progresso... quindi quali sono le differenze? Ma anche quali doti e capacità (da "vecchietto") ti aiutano di più per continuare a migliorarti?
In quel particolare momento ero molto interessato ad esplorare i miei limiti fisici. Purtroppo subito dopo Malvasya due gravi incidenti mi hanno fermato per quasi due anni e in questo periodo l'interesse per la difficoltà pura è quasi sparito. Mi piaceva ancora molto scalare sul difficile, ma ero anche molto attratto dall'alpinismo e continuavo a scalare le montagne. Sognavo di poterlo fare in Patagonia, in Himalaya, in Groenlandia, ma tutti questi sogni sono stati nuovamente spazzati via da altri infortuni che mi hanno costretto a chiudere definitivamente. Quando la vita non mi ha più permesso di poter fare quel tipo di Alpinismo, mi sono rimesso in gioco sulla difficoltà. All'inizio è stato molto difficile, mi rendevo conto di essere rimasto indietro, mi mancava molta forza esplosiva e anche molta resistenza per le cose davvero difficili. Per la forza pura è stato "relativamente" facile, ma per la resistenza ho dovuto adattarmi a qualcosa che non avevo praticamente quasi mai fatto prima: lavorare le vie. Non mi piaceva, non ero abituato mentalmente, ma mi ha portato a capire diverse cose, fra queste che avevo ancora grandi margini di miglioramento. Dovevo però imparare a gestire in un modo più intelligente e senza sprechi la forza fisica che lentamente, ma inevitabilmente, se ne sarebbe andata. Fortunatamente la forza mentale non mi mancava. Ci sono riuscito forse perchè ho anche ereditato un minimo di talento per scalare ma sopratutto per merito anche di un duro lavoro, perchè il talento, almeno quello sportivo, se lasciato solo si ferma sempre da qualche parte molto prima. Insomma potevo fare molto meglio e molto prima, ma potevo anche non fare niente, e va bene così.


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