Elephant Baby e Gravity Games 30 anni dopo. Di Rolando Larcher

Trent'anni dopo. Il racconto di Rolando Larcher che, con il figlio Alessandro, è tornato su Elephant Baby (alla falesia di San Paolo) e su Gravity Games (all'Eremo) non solo per ripercorrere quelle sue due vie storiche, aperte nel 1986 e le prime gradate 8a ad Arco, ma anche per far conoscere a chi è nato sulla plastica qualcosa delle origini dell'arrampicata sportiva che in quei primi anni '80 cercava, tra prove e anche errori, di trovare la sua strada.
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Foto d'epoca: Rolando Larcher nel 1986 su Elephant Baby 8a nella falesia di San Paolo, Arco
Daniela Luzzini

Nulla passa veloce come lo scorrere degli anni e sembra ieri quando Heinz Mariacher mi parlava delle splendide vie strapiombanti di Buoux: “magnifica roccia tutta a buchi!”. Heinz è stato un maestro ispiratore, che con il suo agire e raccontare, ha influenzato moltissimo la mia visione del mondo dell'arrampicata. All'epoca reperire informazioni sulle rare falesie esistenti era cosa difficile. Esistevano due riviste alpinistiche, ma lasciavano poco spazio a “quelli con i pantacollant...”. La fonte migliore era il passaparola, magari con la fortuna di incontrare qualcuno aggiornato e all'avanguardia. Io incontrai Heinz Mariacher e Roberto Bassi.

Così per l'autunno dell'86 programmai di andare a scoprire Buoux, la falesia francese all'avanguardia. Volevo prepararmi adeguatamente per la decantata scalata a buchi, e considerato che ad Arco in quel periodo si vedevano solo le placche, i buchi più vicini erano a due ore di strada (Lumignano) e strutture artificiali non ne esistevano, decisi di crearmi la mia palestra (a casa avevo una sbarra, una lista e un travo artigianale ed ero già uno all'avanguardia!).

Armato del nuovo trapano Bosch, prestatomi da Roberto Bassi, scelsi un pezzo di roccia liscia e strapiombante ritenuta inscalabile e iniziai a forarla, creando delle sequenze che collegassero le rare prese esistenti. Il Bosch fu il primo tassellatore a batteria della storia uscito nel 1985. Il primo tiro ad essere chiodato ad Arco con questa novità fu “Resting” alla Grotta di Toblino, nella primavera del 85' da Fabrizio Defrancesco e Roberto Bassi. Roberto lo comprò in autunno, investendo il premio gara ricevuto a Bardonecchia per essersi classificato 1° degli italiani. Fino ad allora le vie le attrezzavamo con un perforatore manuale a forza di martellate, 10-15 minuti di lavoro per ogni spit!

Ultimati i lavori “edili”, iniziai a provare i movimenti, cominciando a capire le logiche del lavorato. A ripensarci sembra di parlare del medioevo, ma a quei tempi la concezione del “lavorare una via” non era cosa chiara e codificata. Si scalava quasi esclusivamente a vista e al massimo si faceva qualche giro su di un tiro senza accanimento, se veniva bene, altrimenti se ne provava un altro.

A breve riuscii a liberare il tiro, un'arrampicata fisica di continuità, completamente diversa da quella abituale di placca tecnica. Benché fosse stato costruito per un fine, questo tiro avrebbe necessitato comunque di un nome ed un grado. Lo chiamai “Elephant Baby”, il nomignolo datomi ironicamente da Hanspeter Eisendle. Per il grado, dato che era la via più difficile da me salita e confrontandola con alcune vie fisiche della Val San Nicolò, proposi l' 8a. Fu il primo di quell'impegno ad Arco.

Era appena settembre e per la vacanza in Francia mancava ancora molto da attendere, così preso dall'entusiasmo della fresca esperienza “artificiale”, dal settore Pilastro delle Vergini, mi spostai poco più a nord, nell'antro dell'Eremo di San Paolo. Scelsi sempre un muro liscio inscalabile, ma molto più strapiombante del primo e dopo una gran lavorata, un altro giocattolo d'allenamento era pronto. Qui il gesto era ancor più atletico, ci vollero alcune giornate per metabolizzarlo e a novembre riuscii a liberarlo. Lo chiamai “Gravity Games”, perchè scalare uno strapiombo di oltre 50° era realmente un nuovo gioco. Per il grado aggiunsi timidamente un + all' 8a.

Le due vie destarono un certo scalpore, perchè non ce n'erano molte di quella difficoltà, ma soprattutto perchè erano scavate. Il mio unico fine era l'allenamento, ma giustamente le critiche arrivarono. All'epoca c'era un gran fermento, era tutto un “work in progress”, si sperimentavano delle idee, perchè eravamo pionieri di una nuova attività figlia dell'alpinismo, che poi divenne uno sport ed ora è approdata alle Olimpiadi. Adesso che tutto è praticamente codificato, queste storie fanno sorridere, ma è grazie a questi esperimenti, talvolta sbagliati, che siamo cresciuti ed abbiamo definito un profilo etico all'arrampicata sportiva.

Per il 30° anniversario ho richiodato Elephant Baby, per poi ripercorrerla assieme a mio figlio Alessandro, un'occasione per far conoscere a un “figlo della plastica”, le origini di questo sport.

Per Gravity Games non c'è stato bisogno di alcuna manutenzione, perchè negli anni successivi sono state chiodate altre lunghezze all'Eremo e sostituiti i vecchi spit. Anche il grado non è più quello originale di 8a+, ma è diventato un 8b/8b+, dopo un intervento di resinatura “eccessivo”, da parte di François Legrand.

In conclusione queste due discusse vie, furono comunque le prime ad essere proposte ad Arco con queste valutazioni e fanno oramai parte della sua storia.

Rolando Larcher - CAAI

P.S. Alla fine di quell'autunno riuscii ad andar a Buoux. Fu una bella e divertente esperienza, ma scoprii anche un particolare che era sfuggito ad Heinz, alla fine degli strapiombi a buchi, trovai sempre delle scabrose placche iper-tecniche, che mi beffarono non poche on sight...

Ringrazio per l'assistenza Zio Tibia, alias Marco Curti e mio figlio Alessandro. Per le foto vintage: Daniela Luzzini per Elephant Baby e Marco Benedetti per Gravity Games. Un grazie a Paolo "Trota" Calzà, non solo per le sue splendide foto, ma anche per la sua consueta disponibilità ed amicizia.

Ringrazio per il supporto: La Sportiva - Montura - Petzl


Note:
Expo.Planetmountain
La Sportiva
Petzl



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