Chulilla in Spagna, riflessioni su una world climbing destination. Di Maurizio Oviglia

Libere riflessioni politicamente scorrette dopo una visita a Chulilla, Spagna, una delle world climbing destination del momento in rapida ascesa nel gradimento della comunità degli arrampicatori. Di Maurizio Oviglia.
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Il paese di Chulilla in Spagna, una delle world climbing destination del momento
Maurizio Oviglia

Parcheggiata l’auto alle porte di Chulilla, un bel paesino nell’entroterra di Valencia, non abbiamo tardato a capire che ci trovavamo in una delle mete più quotate dell’arrampicata mondiale. In pieno gennaio furgoni parcheggiati ovunque, varia e cosmopolita umanità appena sveglia che si aggira per il parcheggio con la tazza del te’ in mano; vaghi sorrisi di intesa sembrano sussurrarci: "benvenuti fratelli, convivremo in questo posto per un po’, magari ci vedremo spesso, magari no…". Si anima il bar, dove c’è la wi-fi gratis, qualcuno preferisce invece spingersi sino al bordo della falesia per godere meglio del primo sole: la sola certezza di non avere null’altro da fare se non aspettare il tempo di arrampicare postando qualche foto sui social… Cosa può desiderare di più chi lavora tutto l’anno in ufficio? In buona compagnia di chi invece nella vita non fa altro che spostarsi da un posto come questo ad un altro? Chulilla, bisogna ammetterlo, assomiglia davvero il paradiso terrestre!

Traversato a piedi il villaggio, senza troppa difficoltà individuiamo gli unici due negozi aperti: il fornaio ed il tabacchino. La panettiera, nel porgerci la baguette, ci chiede subito dove siamo alloggiati, premurandosi di farci notare, porgendoci un suo biglietto da visita, che anche lei ha degli appartamenti "rurali" da affittare. Sulla mensola, di fronte al banco del pane e dei dolci, fa bella mostra una nutrita varietà di generi alimentari tipici da climbers che ben difficilmente troveresti nella panetteria di un qualunque villaggio: gallette di riso, crackers integrali, succhi di frutta, tonno, legumi, latte…. E’ vero, mancano gli aminoacidi, ma di quelli sarà sicuramente ben fornita la farmacia (a proposito, avete notato che in Spagna ci sono tante farmacie quanti bar in Italia? Che sia un popolo di ipocondriaci?). La vicina tabaccheria non ci è utile certo per le sigarette, ma piuttosto per comprare la guida, secondo me indispensabile per capire qualcosa sulla dislocazione delle falesie e sul come arrivarci. Anche se c’è chi (abbiamo visto poi), preferisce seguire noi "che sappiamo", aggirandosi poi alla base della parete con un ipad, domandando ogni tanto il nome di una via per orizzontarsi…

Nell’introduzione della guida - scritta da Pedro Pons (vincitore della Coppa del Mondo Boulder 2000, ndr), che qui ha trovato insieme alla sua compagna la sua occupazione, gestendo una "climbing house" - Pedro traccia in modo succinto (poco più di una paginetta), la storia del sito e la cronologia delle chiodature dei vari settori. E’ l’unica pagina di testo della guida, quindi tanto vale leggerla saltando, per capire meglio, dallo spagnolo all’inglese come si fa sfogliando la rivista dell’aereo. Nel testo, si spiega il momento in cui, gli arrampicatori del luogo, si sono resi conto di avere tra le mani non una semplice falesia, ma uno "spot internacional". Da allora hanno chiodato ovunque come pazzi e anche il "gobierno", finalmente, è intervenuto per sponsorizzare in parte i lavori. Così è nata la Chuilla di oggi, a tutti gli effetti una "World climb destination" tra le più quotate del momento. Bene, ma che cos’è esattamente una "world climb destination"? La risposta è facile: un posto dove vanno tutti e dove tutti vorrebbero andare semplicemente perché ci vanno tutti. Dove puoi provare tiri duri senza spostarti molto, dove le vie sono ben chiodate e una vicina all’altra, dove puoi restare anche 15/20 giorni con la sola preoccupazione di arrampicare e riposarti (tra un arrampicata e l’altra), conoscere gente di tutte le nazionalità con la tua stessa passione, vedere i top climber del momento all’opera e magari anche strappare loro un selfie. In breve, un posto bello, bellissimo, ma soprattutto di tendenza…

Non sono mai stato un abituale frequentatore della Spagna, né in genere dei santuari mondiali dell’arrampicata sportiva. A Ceuse, Kalymnos e Siurana sono stato in anni in cui non erano ancora divenuti famose come oggi, poi ho indirizzato le mie vacanze verso destinazioni del medio oriente o anglosassoni più esotiche e meno affollate, talvolta nel segno dell’esplorazione. Lo ammetto: mi sono perso l’incredibile sviluppo che in questi anni hanno conosciuto questo genere di siti ed ero curioso di vedere Chulilla soprattutto per questo! Gli spagnoli, forse per primi, sono stati bravissimi a capire gli ingredienti necessari a trasformare una comune falesia in una mecca mondiale della scalata, facendoci convergere gente da tutto il mondo, anche in virtù di un clima particolarmente clemente nella stagione invernale. Mentre la maggior parte dei siti di arrampicata presenta un arcipelago di piccoli settori, gli spagnoli hanno la fortuna di avere grandi e lunghissime falesie simili a muraglie cinesi: non c’era da far altro che tappezzarle di vie, tante linee parallele una a fianco all’altra. Ma non solo: se in Francia i settori difficili erano frequentati solo da una ristretta elite, gli spagnoli sono riusciti nel miracolo di massificare l’alto livello, allargando a dismisura l’offerta, non di vie facili, bensì di quelle difficili! I greci, dal canto loro, hanno imitato gli spagnoli, aggiungendoci il loro mare… ma questa è un’altra storia ancora di cui parleremo la prossima volta!

La cosa che colpisce nelle falesie spagnole è la quantità di vie difficili, mentre quelle facili son poche e ormai decisamente unte. Forse solo in Spagna possiamo trovare falesie con più di cento vie dal 7c in su, quasi tutte regolarmente occupate da qualche scalatore! Se non hai un buon livello, inutile venire qui in vacanza, probabilmente ti ritroverai solo a far sicura! La spittatura non particolarmente lunga, i gradi non particolarmente stretti, gli avvicinamenti non particolarmente faticosi con il paese dove soggiornare, o meglio sopravvivere per diversi giorni, non particolarmente lontano, hanno fatto il resto…

Scendiamo verso le falesie: un cartello all’inizio del sentiero ci avverte su cosa non possiamo fare e ci consiglia persino di prendere esempio dai gatti, sotterrando i nostri bisogni. Questo però almeno a 200/300 metri dal sentiero, anche se il comma successivo ci ammonisce di non uscire mai dalla traccia, altrimenti rischiamo che la falesia un giorno crolli! Non sia mai! Beh, è naturale che quando la frequentazione aumenta a dismisura si rendano necessarie delle regole: a quando i Rangers anche qui, come a Yosemite? Diversamente da chi vede sempre in maniera positiva e redditizia per l’economia locale l’invasione di noi climbers, non ho potuto fare a meno di domandarmi cosa ne pensino gli abitanti del fatto che il loro paesino sperduto sia divenuto improvvisamente una "WCD". Non so davvero se siano contenti di ospitare tutta quella gente cosmopolita e colorata che gira per i loro campi, dorme a lato strada e vaga per il paese la sera con la birra in mano. Di certo è contento Pedro, che ha trovato un’occupazione, come anche la panettiera, forse il bar e magari anche la tabaccaia, che oltre alle sigarette vende anche qualche guida (sempre meno). Chi altri? Sicuramente le compagnie aeree e gli autonoleggi… ma questi di certo non portano denaro a Chulilla ma in altre tasche! Per il resto, parlo a titolo personale, oltre alla fastidiosa puzza che si respira percorrendo i sentieri di accesso, avverto in luoghi come questo un’aria di routine che non mi ha mai particolarmente intrigato. Sarà che a fare la fila sui tiri prendendo il numeretto come dal salumiere non sono abituato, sarà che son un po’ troppo snob e non mi tengo abbastanza per apprezzare questo genere di vacanza… ma non sono poi dispiaciuto che i "miei" piccoli settori vicino a casa non diverranno forse mai una wcd. E anzi, che il mare ed i prezzi dei traghetti continueranno ad inibire l’invasione di tedeschi e scalatori dell’est verso la Sardegna. Quanto agli inglesi… beh dipenderà dalla politica della Ryanair… siamo nelle loro mani!

Lo so, l’arrampicata non può mantenere oggi quella spinta romantica che aveva negli anni ottanta, quando con i pantacollant colorati si migrava alla scoperta di terre lontane come il Verdon, che pure fu la prima wcd mondiale. Oggi stento a ritrovare quell’emozione in falesie che tentano di somigliare sempre più a grandi sale di arrampicata, enormi centri di scalata dove accumulare realizzazioni, sale indoor che invece procedono in direzione opposta, e divergono invece sempre più da quello che c’è là fuori. Forse, penso, sta succedendo né più né meno come nelle nostre città, dove i piccoli negozietti son destinati a morire, fagocitati dai centri commerciali. E per il futuro? Si apriranno probabilmente grandi spazi da riscoprire, dove non andrà più nessuno… è lì che vorrò andare! E’ una ruota che gira, e dove c’è la fantasia, la creatività umana non verrà mai meno.

PS: Chulilla è davvero bellissima, ma il mondo è pieno di posti fantastici da vedere, anche non famosi, ed il tempo a nostra disposizione è sempre troppo poco! ;-)

di Maurizio Oviglia

Info: www.chulillaclimbing.com




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