Arrampicata Trad, nuove aree e nuove ricerche di Maurizio Oviglia
Due nuove aree trad in Val di Susa e in Sardegna sviluppate e presentate da Maurizio Oviglia con un pensiero dello stesso autore sulla 'nuova' arrampicata 'tradzionale'...
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Maurizio Oviglia su "Get a life" 7b, Capo Carbonara, Villasimius, Sardegna
Giampaolo Mocci
Tra corsi e ricorsi storici, ancora una volta ci troviamo a proporre un intervento, questa volta di Maurizio Oviglia, sulla visione dell'arrampicata “trad” a cui fa da contraltare quella dell'arrampicata sportiva. A quei pochissimi che non conoscessero il significato dei due termini basterebbe dire che l'una (l'arrampicata “tradizionale” alias “trad”) è quella che utilizza mezzi di protezioni veloci o tradizionali. Mentre l'altra è quella che usa protezioni già in loco ma soprattutto per le quali serve bucare la roccia per essere infisse. Questo però – lo sappiamo fin troppo bene - non può bastare assolutamente per coprire tutte le sfumature e i concetti che stanno dietro a questi due stili così diversi – e si potrebbe anche usare il termine filosofie diverse, se non ci sembrasse un po' pretenzioso abbinato all'arrampicata. Quel che è sicuro che queste interpretazioni e stili, accompagnati dalle relative “battaglie” e discussioni che da sempre impegnano i climber, sono il “sale” dell'arrampicata, quello che in effetti la fa progredire... appunto tra i corsi e i ricorsi della storia.
DUE NUOVE AREE TRAD IN VAL DI SUSA ED IN SARDEGNA
di Maurizio Oviglia
O sarebbe meglio dire tre… Avevo infatti passato le ultime due stagioni a sviluppare i massi sotto il Caporal, Valle dell’Orco, in un’ottica differente, cioè a mio avviso nuova, almeno per il nostro paese. Prendo subito la patata bollente in mano: a mio parere molti non hanno proprio compreso l’uso del termine “trad” – che non ho certo inventato io – mentre altri si sono addirittura indispettiti coprendosi di preoccupanti puntini rossi quando questo tipo di scalata la si è chiamata “nuova”. E’ curioso che, diversamente da quello che ci si aspettasse, molto scettici e critici si sono dimostrati gli arrampicatori tradizionali che hanno cominciato negli anni settanta e ottanta, mentre molto interessate e talvolta entusiaste sono state le nuove generazioni, quelle già avezze al boulder ed alla falesia. Lascio a voi fare le ipotesi…
Ma tornando a quello che avevo in mente di fare… Intendevo sviluppare delle falesie che proponessero dei monotiri sull’esempio di quelli presenti in Inghilterra, ma con la differenza di spittare le soste, in modo da assicurare una sicura moulinette a chi, provenendo dalla falesia, probabilmente non sa attrezzarsi una sosta sicura. Un ibrido coniato ad hoc per il nostro paese, insomma, forse non ancora pronto a novità così drastiche… Ma nello stesso tempo un cocktail in grado di attrarre verso un modo di scalare differente in modo meno traumatico. Qualche maligno ha subito commentato: “Ma se è trad, perché spittate le soste? E’ un controsenso, un paradosso inaccettabile!” Peccato che come alternativa questi signori propongano di scalare trad, “a voi che non potete fare a meno di farlo”, senza passare gli spit messi nelle fessure!
Cioè io dovrei andare in falesia, con alla cintura due serie di friend, e salire sulle vie senza passare gli spit? Ma per favore! Ma che ingaggio, che soddisfazione ci può essere a fare una via spittata senza passare gli spit? Chi mai fa un passaggio boulder invalidandosi delle prese, chi mai decide di andare deliberatamente a nuotare nell’acqua alta ma con il salvagente? La bellezza, quello che ci attrae, è la sfida che ci propone una via. Che a volte è solo fisica, ma altre è anche e soprattutto mentale.
Non mi è mai piaciuto schiodare ciò che è già stato chiodato da altri, “giusto” o “sbagliato” che fosse, per cui per me la soluzione non poteva essere che una sola: trovare delle pareti vergini o quasi, adatte a questo progetto. Due mesi ci sono voluti per creare la prima area “trad”, o sarebbe meglio chiamarla “diversamente libera” della Val di Susa, 15 giorni per trovarne la controparte in Sardegna, sul mare trasparente e cristallino di Villasimius. Non sono certo vie eccezionali, ma visto che al momento in Italia non abbiamo molta scelta, sarebbe bene prenderle come un inizio, una proposta…
Vorrei ribadire ancora una volta che questa non è una provocazione. Non si vuole sostituire l’arrampicata sportiva, non si vuole reinserire il rischio a forza, anche per chi può farne tranquillamente a meno, non si vuole uccidere i vostri figli. Si vuole solo dimostrare che molte delle nostre pareti potrebbero avere zone adibite a chi vuole fare un tipo di arrampicata diverso, senza essere spittate serialmente a priori.
Il trad moderno ha sì molti punti di contatto con l’arrampicata che abbiamo imparato a fare negli anni settanta e ottanta (per noi che abbiamo già qualche capello grigio). Ma anche molte differenze. La battuta più simpatica l’ho letta su facebook, dove un amico mi chiedeva: “ma se faccio resting, è ancora trad?”. E’ solo una battuta, ma ha un fondo di verità. Molti sgraneranno gli occhi nel leggere che il trad moderno è figlio dell’arrampicata sportiva più che dell’arrampicata classica. Probabilmente proprio per questo viene accettato con naturalezza dai giovani. Valgono le stesse regole dell’arrampicata sportiva e per divertirti devi avere un bel livello, costruito in sala, sui blocchi o in falesia… Sì, perché il trad moderno non sempre segue le fessure, dove ci si può riposare (e azzerare) ovunque. E’ fatto di muri, di strapiombi, di passaggi obbligatori, dove occorre tanto morale ma soprattutto tanta umiltà. E non basta più solo provare… sinché si ha benzina nelle braccia! Occorre fare i conti anche con la “terza via”, quella della mente…
- I topos dell’area trad di Rocca Penna, Val di Susa, sono in linea su www.pietradiluna.com
- I topos di Capo Carbonara trad verranno pubblicati prossimamente su www.pietradiluna.com
- I topos dell’area trad del Caporal sono sulla guida “Valle dell’Orco”, Versante Sud, 2010
DUE NUOVE AREE TRAD IN VAL DI SUSA ED IN SARDEGNA
di Maurizio Oviglia
O sarebbe meglio dire tre… Avevo infatti passato le ultime due stagioni a sviluppare i massi sotto il Caporal, Valle dell’Orco, in un’ottica differente, cioè a mio avviso nuova, almeno per il nostro paese. Prendo subito la patata bollente in mano: a mio parere molti non hanno proprio compreso l’uso del termine “trad” – che non ho certo inventato io – mentre altri si sono addirittura indispettiti coprendosi di preoccupanti puntini rossi quando questo tipo di scalata la si è chiamata “nuova”. E’ curioso che, diversamente da quello che ci si aspettasse, molto scettici e critici si sono dimostrati gli arrampicatori tradizionali che hanno cominciato negli anni settanta e ottanta, mentre molto interessate e talvolta entusiaste sono state le nuove generazioni, quelle già avezze al boulder ed alla falesia. Lascio a voi fare le ipotesi…
Ma tornando a quello che avevo in mente di fare… Intendevo sviluppare delle falesie che proponessero dei monotiri sull’esempio di quelli presenti in Inghilterra, ma con la differenza di spittare le soste, in modo da assicurare una sicura moulinette a chi, provenendo dalla falesia, probabilmente non sa attrezzarsi una sosta sicura. Un ibrido coniato ad hoc per il nostro paese, insomma, forse non ancora pronto a novità così drastiche… Ma nello stesso tempo un cocktail in grado di attrarre verso un modo di scalare differente in modo meno traumatico. Qualche maligno ha subito commentato: “Ma se è trad, perché spittate le soste? E’ un controsenso, un paradosso inaccettabile!” Peccato che come alternativa questi signori propongano di scalare trad, “a voi che non potete fare a meno di farlo”, senza passare gli spit messi nelle fessure!
Cioè io dovrei andare in falesia, con alla cintura due serie di friend, e salire sulle vie senza passare gli spit? Ma per favore! Ma che ingaggio, che soddisfazione ci può essere a fare una via spittata senza passare gli spit? Chi mai fa un passaggio boulder invalidandosi delle prese, chi mai decide di andare deliberatamente a nuotare nell’acqua alta ma con il salvagente? La bellezza, quello che ci attrae, è la sfida che ci propone una via. Che a volte è solo fisica, ma altre è anche e soprattutto mentale.
Non mi è mai piaciuto schiodare ciò che è già stato chiodato da altri, “giusto” o “sbagliato” che fosse, per cui per me la soluzione non poteva essere che una sola: trovare delle pareti vergini o quasi, adatte a questo progetto. Due mesi ci sono voluti per creare la prima area “trad”, o sarebbe meglio chiamarla “diversamente libera” della Val di Susa, 15 giorni per trovarne la controparte in Sardegna, sul mare trasparente e cristallino di Villasimius. Non sono certo vie eccezionali, ma visto che al momento in Italia non abbiamo molta scelta, sarebbe bene prenderle come un inizio, una proposta…
Vorrei ribadire ancora una volta che questa non è una provocazione. Non si vuole sostituire l’arrampicata sportiva, non si vuole reinserire il rischio a forza, anche per chi può farne tranquillamente a meno, non si vuole uccidere i vostri figli. Si vuole solo dimostrare che molte delle nostre pareti potrebbero avere zone adibite a chi vuole fare un tipo di arrampicata diverso, senza essere spittate serialmente a priori.
Il trad moderno ha sì molti punti di contatto con l’arrampicata che abbiamo imparato a fare negli anni settanta e ottanta (per noi che abbiamo già qualche capello grigio). Ma anche molte differenze. La battuta più simpatica l’ho letta su facebook, dove un amico mi chiedeva: “ma se faccio resting, è ancora trad?”. E’ solo una battuta, ma ha un fondo di verità. Molti sgraneranno gli occhi nel leggere che il trad moderno è figlio dell’arrampicata sportiva più che dell’arrampicata classica. Probabilmente proprio per questo viene accettato con naturalezza dai giovani. Valgono le stesse regole dell’arrampicata sportiva e per divertirti devi avere un bel livello, costruito in sala, sui blocchi o in falesia… Sì, perché il trad moderno non sempre segue le fessure, dove ci si può riposare (e azzerare) ovunque. E’ fatto di muri, di strapiombi, di passaggi obbligatori, dove occorre tanto morale ma soprattutto tanta umiltà. E non basta più solo provare… sinché si ha benzina nelle braccia! Occorre fare i conti anche con la “terza via”, quella della mente…
- I topos dell’area trad di Rocca Penna, Val di Susa, sono in linea su www.pietradiluna.com
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