Arrampicata, Sardegna e un po' di storia: Anche gli eroi hanno paura... 30 anni dopo
Nel 1983 su una di queste torri, forse la più bella, nota localmente col nome di “Casteddu de su dinai”, fu aperta la via più difficile che gli arrampicatori sardi avessero mai osato affrontare. In quelle due cordate, che aggredirono le fessure della torre in prima salita, c’erano tutti i migliori di allora. Ciò nonostante furono costretti all’artificiale in più punti, che allora non era certo considerata una cosa disdicevole. Anzi, più californiana di così!!! Eppure, gli scabrosi, faticosi e improteggibili passaggi di VI grado del terzo tiro convinsero il gruppetto a battezzare la via “Anche gli eroi hanno paura”.
Due anni dopo, durante il servizio militare, strinsi profonda amicizia con quei ragazzi. Nel settembre del 1985 Mondo e Cecilia mi parlarono di quella via e riuscii a salirla completamente in libera, dopo una epica battaglia. Era una delle più difficili arrampicate che avessi mai fatto. L’amico Roberto Mochino, la salì a vista, assicurato da Cecilia. Su un roccione, facevo le foto a Roberto, che giunto in cima decretò “6b”, secondo la particolare scala ispirata ai gradi di Patrick Berhault che usavamo allora… Dopo quel giorno, non tornammo più… per cui 6b rimase a imperitura memoria. Un paio di anni dopo, tuttavia, mi scrisse Gian Carlo Grassi. Stava preparando un libro sui monoliti e mi chiese se avevo qualche idea per la Sardegna. Non esitai, e gli mandai tutte le relazioni del “Castello del Denaro”…
3 maggio 2013. Sono di nuovo qui, alla base di questa via, per vedere se è possibile celebrarne il 30esimo compleanno nel migliore dei modi, cioè ripetendola. In un sopralluogo che ho fatto con Simone Sarti, circa 4 mesi fa, la torre mi era sembrata completamente ricoperta di muschio, quasi inscalabile. Tanto che avevo deciso di escluderla dalla guida delle vie lunghe in Sardegna, che sto lentamente, tassello dopo tassello, compilando. Invece oggi c’è il sole, fa caldo, ed è tutta un’altra cosa. Le fessure del primo tiro scendono giù bene, son perfino piacevoli. Un po’ di muschio nel secondo, facile, non dà fastidio più di tanto. Siamo ora all’attacco della terribile fessura del terzo tiro. Ovviamente non ricordo nulla, ma attacco sicuro dicendomi “tanto è solo 6b”! Invece dovrò combattere più di un’ora per venirne a capo, in libera, col materiale di oggi (eccetto il friend 5, che non ho con me). Esausto, striscio nel camino finale con il friend ormai lontano e penso a quanto son duri i 6b di un tempo. Son diventato una vecchia pippa o allora eravamo solo più incoscienti? Mi viene quasi da pensare che fatico più qui che sul 7b di falesia! Salgo e scendo dall’ultimo friend, senza trovare il coraggio di affrontare l’off width finale. Quando mi ribalto sulla bellissima piattaforma della cima ho male ovunque, quasi mi sia passato sopra uno schiacciasassi. Anche Fabio, che riesce a salire in qualche modo, mi guarda stralunato e mi dice… non può essere 6b! Sì, dico io, magari sarà 6c, ma che cambia? Forse in 30 anni non è venuto nessuno a ripetere questa via, nessuno si lamenterà dei gradi ora…
In doppia, Fabio perde un’ora a spazzolare il primo tiro e un’altra a pulire il sentiero. Quasi domani dovesse ritornare qualcuno sui nostri passi… “Ma kandu mai!” recita un modo di dire nel dialetto locale! Chissà chissà, forse tornerò io a pulire meglio quel tiro e a rimpiazzare i chiodi… Il sole del tramonto bacia i tafoni della torre più magica dei Sette Fratelli. Mi lascio volentieri sommergere dai ricordi e dalla malinconia….