Alessandro Larcher si aggiudica Silverado in Val di Tovel, Dolomiti di Brenta
Il 2018 è stato un anno particolare per me, 365 giorni molto intensi, ricchi di di delusioni, di fatiche, di cambiamenti e di frustrazione intervallate da qualche gioia e qualche soddisfazione.
Dal punto di vista sportivo ero partito con grandi presupposti sia per la stagione delle gare sia per l'outdoor ma il motto "lavorare duro paga" non sempre dà i suoi frutti. Gli istanti di felicità sono però gli elementi ai quali mi sono maggiormente legato e dai quali riparto per impostare il lavoro e gli obbiettivi per questo 2019. Gli attimi puri di gioia mi capita di interiorizzarli solo dopo, ci ripenso e mi accorgo di quanto fossi felice.
Ricordare mi permette di svelare la vera essenza di quei momenti attraverso un processo lento ma piacevole che porta a una migliore comprensione di me stesso e delle cose che mi fanno stare bene.
Uno di questi ricordi è legato a un luogo, che pur se facilmente accessibile resta isolato e permette di estraniarsi da tutto. Una sorta di "locus amoenus", dove il tempo sembra essersi fermato e la natura la fa da padrona.
Esso si trova in un angolo nascosto delle Dolomiti di Brenta in Val di Tovel, ed è protetto da una parete di calcare perfetto alta circa 300m che lo rende ancora più imperturbabile e idilliaco per un climber. Lì ho trascorso due giornate fantastiche in compagnia prima di Tiziano Buccella, mio grande amico, e poi di mio papà.
In quei giorni ho potuto assaporare un sentimento di libertà assoluta, espressa nel tentativo di salire in libera una linea verticale chiamata Silverado, scovata e liberata da Luca Giupponi (primo a sviluppare l'intera zona) e da Rolando Larcher (il padre di Alessandro ndr).
L'itinerario è bellissimo, si sviluppa su roccia argentata di altissima qualità (da cui deriva il nome stesso della via), la scalata è molto tecnica ed estetica e il panorama è mozzafiato.
Il primo giorno in quel luogo, accompagnai Tiziano nel suo tentativo di rotpunkt della via, conclusosi purtroppo ad un passo dalla riuscita sul finale dell'impegnativo 5° tiro.
In quel giorno di divertimento ed emozioni scambiate con un amico, mi resi conto della magia di quel luogo e di quella parete. Nel momento in cui scalo, solitamente mi isolo da tutto e da tutti, solo l'istante presente diventa importante, tutto il resto scompare. In quel posto ciò non avveniva una sola volta ma bensì due perché oltre all'estraneazione data dallo scalare in sé, si aggiungeva un qualcosa di speciale dato dalla tranquillità del luogo, permettendomi di assaporare ancora più a fondo le sensazioni e le emozioni in tutta la loro espressione attraverso una "doppia estraniazione".
La volta successiva purtroppo Tiziano non era disponibile per tornare a provare la via, allora individuai in mio papà il compagno perfetto con cui tentare la rotpunkt. Il giorno prima di partire per le vacanze a Kalymnos fu la data prescelta per il tentativo.
Arrivati alla base, non mi sentivo molto bene, ero affaticato e nervoso non so per quale motivo. Salii i primi quattro tiri senza mai cadere ma con un estrema difficoltà ed insicurezza, arrivando alla base del quinto (8a/+) stremato a livello muscolare e senza nessuna motivazione. Osservando da sotto il tiro improvvisamente qualcosa scattò in me. Partii iper-concentrato e attraverso il "doppio estraniamento" cattiveria e determinazione uscirono da dentro di me. Quasi senza rendermene conto mi ritrovai al riposo dopo la sezione dura, ghisato come poche altre volte ma comunque senza essere caduto. Riposai bene e affrontai l'ultima sezione che porta alla delicata entrata in sosta; per raggiungerla bisogna infatti fidarsi del piede sinistro appoggiato su una sporgenza spiovente e, avendo solo svasi sotto le dita, allungarsi a una tacca davvero in alto a sinistra, tutto ciò con lo spit precedente molto, molto molto, al di sotto dei piedi. Ero disperato e stanchissimo, se fossi caduto lì dopo 50m, non avrei avuto le energie necessarie per riprovarlo. Nel panico più totale piazzai a "casissimo" un friend in un buco svaso sulla destra e nonostante sapessi che non avrebbe mai tenuto, mi aiutò quel tanto che bastava per farmi osare l'entrata in sosta. Altro che doppia estraniazione, quando finalmente raggiunsi l'ancoraggio ero così felice e gasato che un urlo liberatorio fu più che naturale!
Recuperai il vecchio e partii sull'ultima lunghezza bella e molto tecnica, completando così la prima ripetizione di Silverado.
Se volete ricercare la pace, isolarvi e stare un po' con voi stessi, Silverado e le altre vie di Cima Cee sono quello che fanno per voi, vi regaleranno una scalata bellissima in un posto meraviglioso.
Ringrazio La Sportiva per il materiale, Tiziano e papà per le due bellissime giornate.
Alessandro Larcher