Addio a Maxim Petrenko, straordinario climber ucraino
Dall'Ucraina arriva la tragica notizia della morte di Maxim Petrenko, colpito da un colpo di mortaio a Toretsk. Chiunque partecipava alle gare di arrampicata attorno al nuovo millennio si ricorderà bene di Petrenko, sia per la sua indescrivibile forza fisica, sia per il suo modo un po' folle di interpretare l'arrampicata e la vita.
Nato a Lugansk nel 1978, Petrenko faceva parte di quella generazione di climber dell'Est, semplifichiamolo così, che veniva per mesi in Italia, Francia e il resto d'Europa per dominare le gare e far furore in falesia. Stiamo parlando di Serik Kazbekov, Nataliya Perlova, Evgeny Ovchinnikov, Maxim Stenkovoy, Maxim Osypov, Olena Ryepko, Olga Shalagina... solo per citare alcuni nomi di questa variegata "banda" di climber, tutti guidati da una passione pura per il verticale che aveva pochi uguali.
Alberto Marazzi descrive bene quel periodo dei primi anni 2000: "Venivano tutti a dormire a casa dei miei, che hanno per fortuna una casa grande. Dormivano ovunque proprio perchè erano in tanti, e poi il bello è che nel loro peregrinare in giro per l’Europa, ripassavano sempre a salutarci, a salutare il Franco e la Luciana. Spesso volevano cucinare loro, un po' come per sdebitarsi (Dio che puzza di cipolla!), poi cenavamo tutti assieme. E poi facevamo pannello, chiaramente ci smerigliavano a noi “occidentali” tutti fighetti e saputelli, ma erano… di una semplicità disarmante, e la cosa più incredibile era il loro livello mentale. Una determinazione in tutto ciò che facevano, che sbiancava anche il nero."
Tra i protagonisti di questo gruppo, Petrenko era sicuramente uno dei più grandi. Campione del Mondo Giovanile a Mosca nel 1997, terzo ai Campionati del Mondo a Birmingham nel 1999, con numerosi podi in Coppa del Mondo negli anni 2000. Un talento insomma, in grado di scalare vie con difficoltà fino all'8c+ quando questo era considerato pressoché il limite massimo. Una forza, e soprattutto una gioia di vivere infinita. Poi è arrivata la guerra, maledetta. Come scrive l'amica Anna Piunova, "he didn't want to fight. Didn't want to die." Purtroppo ieri è arrivata quella notizia a cui, se l’avessimo ricevuta in quei matti giorni di vent'anni fa, nessuno di noi avrebbe mai potuto credere.