Viva Dulfer alla Cima Ghez prima ripetizione per Palma e Spreafico
Domenica 19 Agosto Paolo Spreafico e Fabio Palma hanno effettuato la prima ripetizione di “Viva Dulfer” (350m 7c+ max, 7b obbl.) la via aperta e liberata da Rolando Larcher e Franco Cavallaro nel 2000 sulla Cima Ghez in Val d’Ambiez, Dolomiti di Brenta. Il report di Fabio Palma.
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Fabio Palma
archivio F. Palma, P. Spreafico
Sono le 9 del mattino di Sabato quando parto per il primo tiro, 55 metri di 7b+ del Rolandone nazionale (Rolando Larcher ndr), e mi sono appena detto, non mi faccio fregare più: ancora memore del freddo patito su Baston La Baffe, ho una bella berretta sotto il nuovissimo casco. Difatti la roccia non è caldissima, e complice la sua fragilità non avanzo proprio con la massima velocità...sono ben attento a non farmi rimanere niente in mano, pena fine dell'avventura ancora prima di iniziarla, se cado da qua arrivo a terra da oltre dieci metri e il Paul è un po' preoccupato.
La sua preoccupazione, da liberista stra-convinto, aumenta qualche metro dopo, quando mi vede brancolare totalmente nel buio. Andiamo bene, già non ci capisco nulla, e davanti ho un'intera parete. Dopo 15 minuti dico a Paul, ormai menefreghista per la mia pellaccia e concentratissimo sul traverso che mi ha bloccato, che vado avanti, e che non ho la più pallida idea di come si passi. Avanzo per tutto il tiro con bei run-out larcheriani e roccia sempre da fare attenzione, molta attenzione. Mani fredde, caldo fotonico addosso. Arrivo al 50esimo metro e vengo respinto, malamente, dal tetto di uscita. Il volo, che qui è sicuro (mentre nei metri precedenti non credo proprio...), mi scioglie un po'. Al terzo tentativo capisco la direzione da seguire e arrivo in sosta sudato fradicio.
Il Rolandone l'ha combinata grossa, su questa parete Voleva aprire una via facile, convinzione sostenuta da due diedri consecutivi, e forse non aveva troppe soste a disposizione...beh, i diedri si sono rivelati carognosi, e per quanto riguarda le soste...alla terza hai giù 170 metri di scalata alle spalle, per giunta la più difficile della via. Paolo lotta a suo modo sul così-detto tiro chiavo, 7c+, storia di un omaggio a Dulfer con rompicapo di piedi per molti metri. Quando parto per il terzo tiro, so giù che sarà coi pensieri al ripasso passaggi, e infatti gli dico occhio sia quando non ce n'è bisogno sia quando alcuni run-out sul non difficilissimo si fanno delicati per via della roccia.
Decidiamo di scendere anche se sono soltanto le 14.00, e Paolo studia bene il tiro chiave, il secondo. Il terzo mi è venuto a vista, ma lo avverto della fatica immane nell'arrivare in sosta con tutta la mezza corda che ti pesa nel vuoto. Il giorno dopo opterà per agganciarla, sui primi tre tiri, a due terzi di ogni tiro, recuperandola poi in qualche modo. Scaliamo la via con una singola e con la mezza che servirà per recuperare il sacco e le doppie.
Quando il secondo giorno arriviamo a fine via, Paolo lancia un urlo che terrorizza i 15 camosci che brancolano alla base, forse disgustati dal puzzo della nostra roba. E al rifugio Cacciatori ci complimentiamo a vicenda con un'altra cordata reduce da una via classica, facile ma stra-bella; cambia il grado, ma non quello che continua a cantare sotto le vene.
Prima ripetizione e Paolo tutta in libera, telefoniamo al Rolandone che è quasi più felice di noi. Per quanto si aprano queste vie non certo per la folla, in fondo sei un po' contento se ti arriva una cordata che te le ripete entro i tre lustri successivi. Arrivo a casa alle 3 del mattino, ancora con l'adrenalina addosso, tanto è vero che mi sveglio alle 6 e mi metto le cuffiette per http://www.youtube.com/watch?v=1xICZAQ7GBQ
Le cose a cui teniamo sono sempre le prime che se ne vanno, canta come Dio comanda Myles Kennedy. Sempre così, in questa vita. I've got to find that meaning I'll search for so long . E' sempre così. Dedico questa piccola salita ad una grande salita che sta compiendo Simone Molteni. Siamo con te. E con tutti gli angeli che sono passati per qui
http://www.ilgiardinodilucaeviola.org/
>> vai al report di Paolo Spreafico
Vivissimi ringraziamenti ad adidas, Skylotec e a www.aminofood.it, certe riuscite le fai anche con il materiale giusto a disposizione.
E al Rolandone che ci ha regalato due giorni così intensi.
La sua preoccupazione, da liberista stra-convinto, aumenta qualche metro dopo, quando mi vede brancolare totalmente nel buio. Andiamo bene, già non ci capisco nulla, e davanti ho un'intera parete. Dopo 15 minuti dico a Paul, ormai menefreghista per la mia pellaccia e concentratissimo sul traverso che mi ha bloccato, che vado avanti, e che non ho la più pallida idea di come si passi. Avanzo per tutto il tiro con bei run-out larcheriani e roccia sempre da fare attenzione, molta attenzione. Mani fredde, caldo fotonico addosso. Arrivo al 50esimo metro e vengo respinto, malamente, dal tetto di uscita. Il volo, che qui è sicuro (mentre nei metri precedenti non credo proprio...), mi scioglie un po'. Al terzo tentativo capisco la direzione da seguire e arrivo in sosta sudato fradicio.
Il Rolandone l'ha combinata grossa, su questa parete Voleva aprire una via facile, convinzione sostenuta da due diedri consecutivi, e forse non aveva troppe soste a disposizione...beh, i diedri si sono rivelati carognosi, e per quanto riguarda le soste...alla terza hai giù 170 metri di scalata alle spalle, per giunta la più difficile della via. Paolo lotta a suo modo sul così-detto tiro chiavo, 7c+, storia di un omaggio a Dulfer con rompicapo di piedi per molti metri. Quando parto per il terzo tiro, so giù che sarà coi pensieri al ripasso passaggi, e infatti gli dico occhio sia quando non ce n'è bisogno sia quando alcuni run-out sul non difficilissimo si fanno delicati per via della roccia.
Decidiamo di scendere anche se sono soltanto le 14.00, e Paolo studia bene il tiro chiave, il secondo. Il terzo mi è venuto a vista, ma lo avverto della fatica immane nell'arrivare in sosta con tutta la mezza corda che ti pesa nel vuoto. Il giorno dopo opterà per agganciarla, sui primi tre tiri, a due terzi di ogni tiro, recuperandola poi in qualche modo. Scaliamo la via con una singola e con la mezza che servirà per recuperare il sacco e le doppie.
Quando il secondo giorno arriviamo a fine via, Paolo lancia un urlo che terrorizza i 15 camosci che brancolano alla base, forse disgustati dal puzzo della nostra roba. E al rifugio Cacciatori ci complimentiamo a vicenda con un'altra cordata reduce da una via classica, facile ma stra-bella; cambia il grado, ma non quello che continua a cantare sotto le vene.
Prima ripetizione e Paolo tutta in libera, telefoniamo al Rolandone che è quasi più felice di noi. Per quanto si aprano queste vie non certo per la folla, in fondo sei un po' contento se ti arriva una cordata che te le ripete entro i tre lustri successivi. Arrivo a casa alle 3 del mattino, ancora con l'adrenalina addosso, tanto è vero che mi sveglio alle 6 e mi metto le cuffiette per http://www.youtube.com/watch?v=1xICZAQ7GBQ
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