Lungo il Confine - la Traversata Integrale del periplo della provincia di Bergamo
Ha davvero un sapore di altri tempi la traversata effettuata la scorsa estate dal 23enne Luca Bonacina e dal 19enne Zeno Lugoboni, entrambi della Val Seriana, che dal 28 agosto al 14 settembre hanno completato la prima traversata integrale del confine della provincia di Bergamo. La loro è la prima ripetizione della catena delle Alpi Orobie, effettuata da Simone Moro e Mario Curnis nel 2000, ma poi Bonacina e Lugoboni hanno continuato lungo il periplo della provincia, aggiungendo le Prealpi Bergamasche e Bresciane completando poi il resto del confine in bici ed in kayak. In 18 giorni di viaggio i due hanno camminato, arrampicato, pedalato e pagaiato per un totale di 340 km ed oltre 20.000 metri di dislivello positivo superati. Ecco il loro racconto.
Lungo il Confine
Correva l’anno 2000 quando Mario Curnis e Simone Moro compivano la prima traversata integrale delle Alpi Orobie Bergamasche: i due alpinisti, partiti dal Passo del Vivione il 12 settembre, arrivavano dopo dodici giorni ai Piani di Bobbio salendo le più di cento cime che si ergono lungo la linea spartiacque che divide la nostra provincia da quelle di Brescia, Sondrio e Lecco.
Questa “ovvia traversata” (come la definì Moro nel racconto dell’annuario del CAI di Bergamo del 2000), ci aveva affascinato moltissimo, tanto che nacque l’idea di provare a ripetere la loro impresa. Volevamo concatenare in unico lungo viaggio le molte vette che ammiravamo durante le uscite con gli amici del gruppo alpinistico “Leù”. Nell’Agosto del 2015 i nostri primi due tentativi fallirono per maltempo e una preparazione forse non adeguata. Io per la verità partecipai solo al secondo ma già dopo due giorni, sorpresi dalla pioggia sulla cresta Nord del Pizzo Coca, ci ritirammo calandoci in un ripido canalone verso la Val Morta, da cui scendemmo a valle. Il progetto si fermò lì e non se ne parlò più per diverso tempo ma, ogni volta che si andava in montagna, osservavamo le cime circostanti percorrendo mentalmente la linea che univa le vette già salite a quelle meno note. Lo sguardo correva sulle creste, si alzava lungo i ripidi profili dei torrioni poi si abbassava attraversando passi, forcelle e vedrette per poi guadagnare di nuovo quota. L’intento era quello di individuare i punti più impervi, i tratti più tecnici e le zone più insidiose, con l’obiettivo di affrontare preparati un’eventuale traversata. C’era una sorta di tacito accordo per cui da qualche anno a questa parte tutte le uscite in montagna diventavano buone occasioni per studiare la geografia orobica, memorizzare i percorsi e poi condividere a casa le scoperte fatte. Io bazzicavo un po’ di Orobie con l’amico Bruno e, approfittando della sua grande esperienza, gli chiedevo qualche consiglio per attraversare le zone che non conoscevo; Zeno nel frattempo, appassionato come è di storia alpinistica bergamasca, continuava le ricerche bibliografiche consultando gli annuari e le guide: niente di stabilito, ma i preparativi continuavano.
A febbraio di quest’anno (2017) ricevetti da Zeno un articolo di Piero Nava pubblicato nell’annuario del 2000; leggendo appresi che era stato proprio quest’ultimo a ideare la traversata già negli anni Settanta e che vi erano stati diversi tentativi negli anni Novanta. Si trattava di un’impresa che aveva parecchia storia alle spalle e nella quale si erano cimentati alpinisti di un certo spessore. A diciassette anni di distanza dalla prima e unica riuscita, Zeno mi stava riproponendo di compiere la traversata, aggiungendo qualcosa in più da quanto già fatto dai primi realizzatori: proseguire oltre le creste Orobiche seguendo sempre il confine e completare così il periplo della nostra provincia!
Il progetto prevedeva di iniziare il giro con la ripetizione della Transorobica Bergamasca compiuta da Moro e Curnis, proseguire attraverso le Prealpi Lecchesi (dai Piani di Bobbio alla Val Imagna) e qui, prese le biciclette, percorrere il confine Ovest lungo il fiume Adda, il confine Sud da Arzago a Urago per poi risalire il fiume Oglio fino a Sarnico. Il lago d’Iseo, se ci fosse stata la possibilità, sarebbe stato attraversato in kayak e, a Costa Volpino, avremmo ripreso a camminare per poi riattaccare le creste che separano la Val di Scalve dalla Val Camonica percorrendole in toto fino a tornare al Passo del Vivione. Facemmo qualche calcolo sui tempi di percorrenza: 12 giorni per le Alpi Orobie, 2 per le Prealpi Lecchesi, ancora un paio per la pianura e il lago e altri 4 per le Prealpi Scalvine: 18 giorni in totale, il tutto senza prevedere giornate di pausa e procedendo a ritmi sostenuti. La sfida mi piacque, pareva assai impegnativa, ma era il genere di avventura che si addiceva sia a me che a Zeno e pensai che poteva essere l’anno giusto almeno per tentare.
In aprile, dopo un confronto sugli impegni estivi di ciascuno, decidemmo che la partenza sarebbe stata intorno a fine agosto, non solo a settembre saremmo stati abbastanza liberi ma statisticamente risultava il mese meno piovoso tra quelli estivi. Ormai la decisione era stata presa e ogni tanto se ne accennava anche a qualche amico. Sicuri eravamo solo in due, l’amico Daniele Assolari, che teneva molto a essere dei nostri, probabilmente non sarebbe riuscito ad avere le ferie per così tanti giorni. L’estate passa veloce e tra esami scolastici, campi scout e vacanze con amici arriva la fine di agosto.
Il 27 facciamo tutti i preparativi, selezioniamo il materiale ed il giorno successivo, accompagnati da Carlotta, partiamo alla volta del Passo del Vivione. Alle ore 9,15 muoviamo i primi passi verso il Monte Pertecata, la prima di circa un centinaio di vette che di lì a poco ci saremmo accinti a salire. Il primo giorno è di assestamento, le sette cime che affrontiamo non sono particolarmente impegnative e pian piano ci si abitua al peso dello zaino. Dal Rifugio Tagliaferri inizia la parte più alpinistica, le difficoltà non sono mai eccessive ma la roccia è spesso instabile e richiede sempre il massimo della concentrazione: anche una piccola disattenzione potrebbe costarci cara data la notevole esposizione del filo di cresta. Maciniamo metri e metri di dislivello, le cime sono davvero tante così come le anticime, i torrioni e le guglie che si presentano a volte un po’ inaspettate tra una vetta e l’altra. È un continuo sali e scendi, sarebbe molto più facile e comodo abbassarsi di pochi metri e aggirare i numerosi ostacoli sul versante ma si perderebbe tutto il fascino della sfida. D’altronde, come scriveva anche Moro, è proprio il rigore che rende la traversata così peculiare. Il tempo è bello, ci muoviamo veloci camminando e arrampicando per dieci-dodici ore al giorno tanto che alla sera del terzo arriviamo in cima al Pizzo Coca dopo aver affrontato la cresta Nord. Montiamo la tenda proprio sul tetto della nostra provincia mentre le ultime luci lasciano il posto ad un cielo stellato.
Il giorno seguente ci alziamo prima dell’alba, ci investe un vento quasi patagonico e tutto è di un colore grigio intenso. Proseguiamo veloci verso il Passo di Coca dal quale attacchiamo la cresta Est del Porola ancora nella nebbia; a fine giornata arriviamo al Rifugio Brunone stanchi ma soddisfatti. Dietro di noi i giganti Orobici e con loro le difficoltà maggiori. Arriva la pioggia e poi la neve, ci vediamo costretti ad una sosta forzata al rifugio; un po’ timorosi per le condizioni metereologiche aspettiamo impazienti il ritorno del sole e, dopo due giorni, riattacchiamo le creste. Ci attende un’ultima tappa alpinistica, le incognite sono tante e la neve non si è ancora sciolta del tutto. Proseguiamo tra le cime forse più inesplorate di tutta la catena e, dopo aver affrontato la cresta Nord-Ovest del Diavolo di Tenda, ci dirigiamo verso il Monte Aga. A sera, stanchi ma con l’animo più leggero, ci godiamo un meritato riposo sui materassi del Bivacco Pedrinelli.
La traversata continua, giorno dopo giorno ci lasciamo alle spalle sempre più chilometri mentre le punte aguzze del Resegone si avvicinano; i rilievi si fanno più dolci e, superati gli ultimi ostacoli rappresentati dai torrioni del Corno Stella e dalla cresta est del Monte Cadelle, procediamo tranquillamente con le mani in tasca verso Ovest. Il paesaggio è cambiato e le creste aspre e rocciose hanno lasciato il posto a panettoni erbosi che si susseguono interminabili uno dopo l’altro. Le distanze si allungano, e forzando le tappe previste, l’8 settembre arriviamo al Passo di Valcava dopo aver attraversato gli ultimi torrioni calcarei delle Prealpi Lecchesi. La prima parte in montagna è terminata, così inforchiamo le biciclette e ci tuffiamo giù, verso la pianura con il vento della sera che ci investe la faccia. In un giorno percorriamo tutto il confine Ovest costeggiando il fiume Adda lungo la ciclabile, poi ad Arzago, giriamo il manubrio di novanta gradi e imbocchiamo la S11 in direzione Est. A sera siamo a Sarnico. Lì cambiamo nuovamente mezzo di trasporto e ci infiliamo nei kayak alla volta della sponda orientale del lago d’Iseo. Dopo una piacevole pagaiata attraverso tutto il lago arriviamo a Costa Volpino dove, riprese le vesti da alpinisti, proseguiamo il cammino per ultimare il confine orientale. Gli ultimi giorni sono molto vari: si attraversano fitti boschi, alpeggi e poi di nuovo creste rocciose. Il dislivello è tanto, si sale fino al Pora, si scende al Passo della Presolana, poi giù lungo il versante scosceso fino al fiume Dezzo che guadiamo con gli scarponi al collo e poi di nuovo su, al confine con la Val Camonica. La stanchezza inizia a farsi sentire così come la fame; il tempo non è dei migliori: una fitta nebbia copre tutto e rende difficile identificare la linea di cresta. Superiamo le ultime non banali cime che richiedono un paio di calate ed il 14 settembre, verso le quattro del pomeriggio, sotto una pioggia insistente, arriviamo al Passo del Vivione dove ci attendono i nostri genitori con una buonissima torta e la cioccolata calda. È così che il sogno coltivato da tempo si è finalmente realizzato, abbiamo compiuto la prima traversata integrale della Provincia di Bergamo!
È difficile descrivere l’emozione provata al momento dell’arrivo: la soddisfazione di aver terminato il giro è stata sicuramente tanta, così come la gioia di vedere i nostri genitori orgogliosi di noi e finalmente un po’ più rilassati. La consapevolezza di quanto avevamo realizzato però è arrivata solo nei giorni successivi, quando al mattino risultava strano svegliarsi in un letto, non doversi caricare lo zaino sulle spalle, mettersi in cammino, consultare le cartine, cercare l’acqua, cucinare sul fornellino… tutto questo era stata la normalità per molto tempo; ci sentivamo un po’ spaesati. Per 18 giorni siamo stati sul confine con l’unico scopo di procedere: in bici, in kayak o sulle nostre gambe. Questo riempiva le nostre giornate: da mattina a sera avanzavamo lungo quella linea tanto invisibile quanto nitida che circonda la nostra provincia. È stato bello attraversare il territorio e viverlo in tutte le sue sfaccettature: dalle terre alte alla pianura passando per le cime austere dei tremila, i crinali erbosi, gli alpeggi, i paesi affacciati sul fiume, le trafficate strade della pianura, le placide acque del lago, i fitti boschi di abeti e i torrioni calcarei delle Prealpi Scalvine. Si è trattato di un lungo viaggio che ci ha portato a conoscere anche un po’ della nostra storia. A volte piuttosto recente come le tracce degli alpinisti che prima di noi hanno salito le cime Orobiche, i resti della linea Cadorna al Passo Dordona e le miniere di ferro abbandonate della Val Venina. Altre volte un po’ più lontana come le alzaie che collegavano Milano a Lecco, i cippi dell’antico confine della Repubblica di Venezia o la Via Priula, ancora oggi unica strada carrozzabile a valicare la catena. Altre volte ancora un passato ben più remoto, anteriore alla storia, quando Africa e Europa si scontrarono originando le Alpi e dando forma a quella geodiversità straordinaria, tipica delle Orobie, che è la base della varietà di ambienti da noi attraversati. Percorrere l’intero confine con continuità ci ha dato la possibilità di avere una visione d’insieme di quella che è un po’ la nostra casa ma forse ancora più bello è stato constatare che anche qui, in questo piccolo angolo di mondo, vi sono luoghi quasi inesplorati che sanno ancora stupire e emozionare i pochi avventurieri che scelgono di spingersi al di là dei sentieri battuti e delle cime più note. Il nostro invito è rivolto a coloro che hanno voglia di lasciarsi meravigliare, è sufficiente che prendiate uno zaino e vi mettiate in cammino…
di Luca Bonacina
SCHEDA TECNICA
Abbiamo compiuto il periplo integrale della Provincia di Bergamo in 18 giorni, con uno zaino di circa 15-16 kg. Per motivi logistici, economici e per fedeltà alla cresta abbiamo scelto di dormire soltanto nei rifugi situati in prossimità della linea di confine. Per quanto riguarda i cambi di mezzo di trasporto (biciclette a Valcava e trasporto kayak da Costa Volpino) abbiamo avuto il sostegno logistico delle nostre famiglie. Parte del cibo era stato portato in cresta precedentemente, il restante è stato comprato lungo il percorso presso i rifugi o i pastori o regalato dalle persone incontrate.
Di seguito una sintesi delle tappe effettuate con le cime più rilevanti:
28 agosto: Passo del Vivione, Monte Pertecata, Monte del Matto, Monte Sellerino, Monte Venerocolo, Monte Venerocolino, Monte Demignone, Rif. Tagliafferri
29 agosto: Monte dei Solegà, Monte Glenino, Cima Trobe, Monte Costone, Pizzo Strinato, Monte Torena, Cime di Caronella, Bivacco AES
30 agosto: Cima Lago Gelt, Cima del Bondone, Corno del Bondone, Cima della Malgina, Pizzo del Diavolo della Malgina, Cime di Valmorta, Cagamei, Pizzo Druet, Pizzo Cantolongo, Pizzo Coca
31 agosto: Cime d’Arigna, Dente di Coca, Punta Isabella, Pizzo Porola, Punta di Scais, Torrione Curò, Fetta di Polenta, Rif. Brunone
1 e 2 settembre: Sosta al rifugio Brunone per maltempo (pioggia e poi neve)
3 settembre: Il Medasc, Cima Soliva, Piz Cavrin, Piccolo Gro, Pizzo Gro, Passo del Salto
4 settembre: Pizzo del Salto, Torrione del Salto, Pizzo dell’Omo, Pizzo del Diavolo di Tenda, Pizzo Rondenino, Monte Aga, Pizzo di Cigola, Cima di Venina, Monte Masoni, Pizzo Zerna, Passo Publino (Biv. Pedrinelli)
5 settembre: Corno Stella, Monte Toro, Monte Cadelle, Monte Valegino, Passo di Tartano
6 settembre: Cime di Lemma, Monte Tartano, Monte Azzarini, Pizzo delle Segade, Monte Verrobio, Monti Ponteranica, Monte Valletto, Cima Piazzotti Orientale, Rif. Benigni
7 settembre: Pizzo del Giarolo, Pizzo Paradiso, Pizzo dei Tre Signori, Cima di Camisolo, Zucco di Valbona, Zucco di Cam, Monte Foppabona, Cima del Corvo, Corna Grande, Forcella di Artavaggio, Loc. Roncaiola (Culmine di San Pietro)
8 settembre: Forcella di Olino, Punta Cermenati, Corna Camozzera, Monte Ocone, Monte Picchetto, Monte Tesoro, Il Pizzo, passo di Valcava [inizio percorso in bici], Caprino Bergamasco, Pontida (Casa famiglia Engaddi)
9 settembre: Pontida, Cisano Bergamasco, Paderno, Vaprio d'Adda, Arzago d'Adda, Mozzanica, Urago d'Oglio, Cividate al Piano, Capriolo, Sarnico, Paratico (Casa famiglia Ragazzi)
10 settembre: Sarnico [inizio percorso kayak], Tavernola, Castro, Costa Volpino [inizio percorso a piedi], Rogno, San Vigilio
11 settembre: Monte Pora, Colle Vareno, Monte Lantana, Cima del Monte Lanterna, Monte Scanapà, Passo della Presolana, Guado del Torrente Dezzo, Loc. Palline di Borno
12 settembre: Il Costone, Rif. San Fermo
13 settembre: Corna di San Fermo, Monte Negrino, Goletto del Moren, Cima di Moren, Cima Tabak, Pizzo Camino, Monte Sossino, Cima di Ezendola, Monte di Vai Piane, Passo di Valzellazzo (Biv. Corini)
14 settembre: Cima Crap, Cimone della Bagozza, Cima Mengol, Torrione di Baione, Cima di Baione, Passo dei Campelli, Monte Campione, Monte Gardena, Passo del Vivione
Materiale utilizzato:
Fornello ad alcool, pentolino, tenda e sacco a pelo, mezza corda da 60 m, chiodi (4), martello, cordini in kevlar, imbrago, moschettoni (6), scelta di dadi (5), reverso, caschetto, scarponi, Guida CAI-TCI “Le Alpi Orobie” Saglio-Corti-Credaro, macchina fotografica
Qualche Numero
18 giorni di viaggio, 190 km percorsi scalando/camminando, 120 km percorsi in Bici, 30 km percorsi in Kayak, 340 km totali, oltre 20 000 metri di dislivello positivo superati, oltre 100 vette salite (senza contare gli infiniti torrioni, spuntoni ed antecime rappresentate solo da una quota, o talvolta neanche quella, sulle carte geografiche), 25 calate a corda doppia, 9 chiodi piantati, 10 ore medie di marcia giornaliera, 14 ore di marcia nella tappa più lunga