Tornerà Sea... di Marco Conti
Introduzione di Elio Bonfanti
... TORNERA' SEA....
- Marco per favore, smettila di fare il nostalgico, tira fuori le picche e buttati nella mischia…, anzi stacca il biglietto e mettiti in coda, il tempo dei ricordi è finito! Ce la continui a menare del tempo che fu, delle ingenui pazzie, dei tuoi anni e di quei pilastri d'acqua solidificata che facevi tremare sotto pesanti colpi da fabbro.
E poi dillo... dillo che vi appendevate ai cordini per chiodare, anche quando la "ghisa" ti strappava dal manico delle picche sembravate dei salami appesi alle dragonne... ora è tutta un'altra storia, niente cordini, via i laccioli, si sale scrollando le braccia, come in falesia, i chiodi si avvitano con la pancia e magari ci si scorda anche di essere su una cascata con mille metri di montagna carichi di neve sulla testa...
Essì, tutta un'altra storia... non sono più neppure i "miei" inverni quando per sapere se una cascata, o ancor peggio una goulotte erano in "condizioni" dovevi smazzuolarti una valle intera a piedi, tre o quattro ore a volte e neppure un potente binocolo era in grado di tranquillizzarti se quello che vedevi da lontano era acqua solidificata o un riflesso maldestro della neve... Universo misterioso, fascino dell'effimero, riservato a quei pochi che con assoluta costanza e passione smisurata osavano con l'incognito...
Essì, è bene rimarcarlo, ai tempi l'incognita faceva parte del gioco, nulla era certo, solo la voce che rimbalzava fugace fra i bar di ritrovo e le sedi del CAI e poi le foto dei protagonisti sulle riviste, ahimè in ritardo, quando forse tutto o quasi era svanito e ti toccava così aspettare l'inverno successivo nella speranza che quelle magie dell'acqua e del freddo tornassero a conquistare i tuoi sogni.
Non c'era il web, per fortuna, e le "pecore", stavano chiuse nei recinti; si pascolava tranquilli, ignari di un mondo che tanto non faceva per loro…
Oggi, tutto è cambiato e non è raro veder code da stadio all'attacco di una cascata, confusione e caos, ognuno in attesa del proprio turno, come fossimo a far spesa in un centro commerciale. Neppure le partenze antelucane sembrano più sufficienti a garantire la pole-position agli scalatori ormai sbuffanti e incazzati come belve; ci sono già quelli che dormono in auto, che affittano l'albergo per essere i primi; qualcuno arriva anche il pomeriggio al quarto o quinto turno, ma mentre il marasma dello scialpinismo sfocia in lunghe carovane incanalate nel binario dei primi tracciatori e i pendii di una montagna sono solitamente tanto, enormemente più spaziosi che una cascata; su ghiaccio succede invece il finimondo.
Quattro, cinque, dieci cordate in pochi metri e a volte attese interminabili per due tiri totali in una giornata iniziata prestissimo... Arriva poi la parte tecnica e le candele, anche quelle dure, dopo le prime cinque cordate si trasformano in una scala per galline, la picca che ondeggia banalmente di foro in foro, dove altre decine e decine di persone hanno già agganciato il proprio attrezzo, c'è solo da scegliere il buco più adatto alla lunghezza delle braccia e lo stesso i piedi, che si appoggiano a perfezione come sui gradini di una nord; niente colpi, gestualità ridotta al minimo, quei "lanci" più o meno delicati e precisi che distinguevano il ghiacciatore in gamba dal principiante dove son finiti?
Qualcuno rinuncia, i più furbi sorpassano, quelli più bravi si affiancano alla cordata già sul tiro e magari rallentano ancora di più perché la variante è più dura, altri attaccano lo stesso, come terza, quarta cordata dietro tutti i secondi... e lì senti pure incazzarsi se si prendono in faccia del ghiaccio sputi ed imprecazioni di ogni genere... Ne senti pure qualcuno che minaccia dal basso in procinto ancora di partire... e promette addirittura botte a quello di sopra quando arriverà in sosta... Poi scopre che in sosta sono già in otto, tutti armati fino ai denti, incazzati per le attese, per il freddo, per l'acqua che cola giù dalle maniche, per il pedaggio autostradale, perché andare a far ghiaccio dove han scritto il giorno prima "ottime condizioni"... non è più fare ghiaccio...
...due anni fa, l'inverno fu più serio, cascate ovunque anche rare, e Sea era lì, ad un'ora da Torino, in tutta la sua solitaria e selvaggia bellezza.
In queste valli, per chi le ha conosciute nel profondo, sa bene cosa intendo quando dico, il tempo sembra essersi fermato; non ricordo bene se la frase la disse Giancarlo (ndr Grassi), o Gian Piero (ndr Motti), in uno dei loro numerosi articoli, ma poco importa, e la percezione che si ha nel percorrerla è rimasta la stessa
A cominciare da "occhi di ghiaccio", ovvero l'anziana, ancor splendida gestrice dell'ancor più antico ristorante-albergo di Forno, tappa imperdibile e quasi obbligata per chi visita queste due splendide valli.
Dopo nemmeno un quarto d'ora si entra in un mondo magico, quasi surreale, dove per quattro mesi i raggi del sole non conoscono il piacere di baciare la terra.
A destra e sinistra il nero delle lavagne granitiche di Sea contrasta con l'infinità di colate che tappezzano i versanti dirupati della valle; a destra, altissima ed impervia l'Uia di Mombran a delineare un orripilante couloir dove in annate speciali e con un occhio attentissimo si forma uno dei più belli ed accessibili couloir fantasma della zona... a sinistra in pieno nord, fra salti, di ruscello, ciclopici massi accatastati e noccioli centenari si consolidano meravigliosi muri stalattitici, rigagnoli appoggiati e autentiche corazze di cristallo dove sperimentare la piolet-traction; si cammina nemmeno un'ora e sulla destra come per incanto, una dietro l'altra altre cascate, infine la meravigliosa e rara Bava del Naufrago... ma è solo l'inizio di un percorso che non sembra aver fine. Dal meraviglioso pianoro di Balma Massiet l'omonima regina della valle, capolavoro di eleganza e di severità, una cascata bellissima che tutti i ghiacciatori in gamba dovrebbero prima o poi visitare…
Ma la valle è ancora lunga, eterna direi, Marmorand e le sue "chandelle"... i "ghicet"... le "goulotte" dell'Albaron... quelle della Francesetti, delle cime Piatou... ma sei fuori Marco? Lì son quattro ore!
Ancora cento passi, una curva ed è la volta del "mostro"... Un mostro che oggi non fa più paura come un tempo, ma che certamente conta pochissime ripetizioni se confrontata ad altri "must" più alla moda... sicuramente più "webbati".
La valle non termina a Balma Massiet, voltatevi, scrutate l'altro versante, magari c'è una colata che nessuno ha mai notato... o semplicemente, fatevi incantare da Zarathustra, uno dei diedri di granito più belli e meno saliti delle Alpi Occidentali... questa è Sea, un pezzo di questa valle che nessuno va più a scalare d'inverno...
di Marco Conti
SCHEDA: Vena + Bava del naufrago, Vallone di Sea