Stalattica per Salini e Panizza
Fabio Salini ed Emanuel Panizza hanno realizzato la prima salita di Stalattica (60m, IV,5,X), bella candela di ghiaccio nella zona di Livigno.
Cogli l'attimo con molta circospezione ma anche incrociando un le dita. E' questa la storia della prima salita di questa incredibile colonna di ghiaccio che piomba giù per quaranta metri. Quaranta metri free-standing bellissimi e sospesi nel nulla. Di solito si spezza prima di arrivare a terra ma quest'anno il missile è arrivato alla base. Una tentazione irresistibile per Fabio Salini ed Emanuel Panizza che, non senza patemi, hanno colto l'attimo della prima salita di Stalattica. Da non ripetere... ;-)
STALATTICA di Fabio Salini
L’inverno si è concluso, ma prima di riporre gli attrezzi da ghiaccio lancio un ultimo sguardo alle vallate più fredde e con grande sorpresa il “piccolo Tibet” mi attende con il più insperato dei regali. Stalattica è il nome di una cascata mai salita, ma nota nell’ambiente dei ghiacciatori che frequentano abitualmente Livigno.
Un’incredibile candela scende sospesa nel vuoto per una quarantina di metri e prima di toccare si spezza e il sogno si infrange. Ma questa volta è andata diversamente, la candela si è posata delicatamente a terra e il sogno, per una volta, lo abbiamo realizzato.
Con Emanuel Panizza saliamo verso Stalattica attraversando il lago di Livigno e risalendo i pendii, prima con gli sci, poi con i ramponi ai piedi. In un paio d’ore siamo alla base, atterriti dalla visione della cascata di gigantesche proporzioni.
Assaliti da un misto di attrazione e paura ci troviamo in estasi, ma con le gambe che tremano. Cerchiamo un pretesto per non attaccare, sembra impossibile che una cascata con un free – standing di questa portata (40 metri circa) possa resistere al suo stesso peso e al nostro tentativo di salita.
La decisione è presa; una decina di metri saliti in apnea, una vite piazzata che segna il punto di non ritorno, la corsa per riuscire a piantare almeno un attrezzo al di sopra della radice della candela ed infine un urlo (che in realtà è un sussurro) liberatorio.
Alla fine dei sessanta metri una abalakove, poi di nuovo a terra levando tutte le viti piazzate per permettere a Emanuel di provare le stesse sensazioni.
Fabio Salini
Note: la cascata è ad alto rischio di crollo
STALATTICA di Fabio Salini
L’inverno si è concluso, ma prima di riporre gli attrezzi da ghiaccio lancio un ultimo sguardo alle vallate più fredde e con grande sorpresa il “piccolo Tibet” mi attende con il più insperato dei regali. Stalattica è il nome di una cascata mai salita, ma nota nell’ambiente dei ghiacciatori che frequentano abitualmente Livigno.
Un’incredibile candela scende sospesa nel vuoto per una quarantina di metri e prima di toccare si spezza e il sogno si infrange. Ma questa volta è andata diversamente, la candela si è posata delicatamente a terra e il sogno, per una volta, lo abbiamo realizzato.
Con Emanuel Panizza saliamo verso Stalattica attraversando il lago di Livigno e risalendo i pendii, prima con gli sci, poi con i ramponi ai piedi. In un paio d’ore siamo alla base, atterriti dalla visione della cascata di gigantesche proporzioni.
Assaliti da un misto di attrazione e paura ci troviamo in estasi, ma con le gambe che tremano. Cerchiamo un pretesto per non attaccare, sembra impossibile che una cascata con un free – standing di questa portata (40 metri circa) possa resistere al suo stesso peso e al nostro tentativo di salita.
La decisione è presa; una decina di metri saliti in apnea, una vite piazzata che segna il punto di non ritorno, la corsa per riuscire a piantare almeno un attrezzo al di sopra della radice della candela ed infine un urlo (che in realtà è un sussurro) liberatorio.
Alla fine dei sessanta metri una abalakove, poi di nuovo a terra levando tutte le viti piazzate per permettere a Emanuel di provare le stesse sensazioni.
Fabio Salini
Note: la cascata è ad alto rischio di crollo
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