Space Vertigo alle Tre Cime di Lavaredo, i dettagli di Alessandro Baù
Come ha detto un amico, “stare in parete più giorni in 3 è un miracolo di organizzazione e equilibrismo!” E non si riferiva all’arrampicata ma alla difficoltà di combinare gli impegni personali, il meteo e tutta la logistica. Poi bisogna anche scalare.
Dopo la conclusione dell'apertura di Space Vertigo nel 2019, quest'estate eravamo incredibilmente riusciti ad organizzare la prima parte: la nostra idea era di stare in parete 4 giorni, 3 dedicati alla sezione più difficile (la parte gialla - 14 tiri) e l’ultimo giorno per la cima e la successiva discesa. Con mia moglie Claudia avevamo portato viveri, 50 litri di acqua e portaledge alla fine dell’ottavo tiro; tutto era pronto per vivere questa bella avventura. Ognuno avrebbe cercato di liberare i tiri che aveva aperto, e ogni tiro doveva essere liberato da almeno uno di noi.
1 giorno – Knocked out, ovvero come iniziare la libera nel peggiore dei modi.
Il primo tiro di Space Vertigo non è bello, un VII+ delicato in diedro che non diverte ma scalda. Sulla seconda lunghezza bisogna già cambiare marcia, era stato duro in apertura e tale è rimasto (IX+). Dopo un primo tentativo di Nicola, con il cuore in gola per l’emozioe e un brivido in sosta riesco a chiuderlo. Bene pensiamo, il primo tiro duro è andato. E’ il preludio della disfatta: accade quello che non ci saremmo mai aspettati.
E’ il momento di Claudio e penso: "un tiro così (IX) non lo sbaglia neanche se lo zavorri". Ma siamo in Tre Cime e la sezione iniziale di parete soffre, a giorni, di una fortissima umidità: oggi è la peggiore dei 4 anni passati in parete. Cade poco prima dell’agognata sosta. Prova Nic e vola nello stesso punto. Ci guardiamo sconsolati e decidiamo che loro due continueranno sul 3° tiro mentre io, viste le condizioni, andrò a pulire le prese sulla lunghezza successiva. Assisto da posizione privilegiata ad altri due tentativi dei miei compagni, gli incitamenti e gli sforzi riecheggiano nell’anfiteatro naturale della parete nord, ma non c’è verso di rinviare la catena. Capiscono che oggi le prese a dita distese non sono contemplate, contro l’umidità, bisogna arcuare tutto alla morte. Rispetto al programma di arrivare al 6° tiro siamo in alto mare: sono le 3 del pomeriggio e non ci schiodiamo dal terzo.
Decidiamo di provare il quarto (IX+/X-). Dopo due tentativi andati a vuoto, non vedo possibilità di farlo; semplicemente le prese sono bagnate e non si tengono. Pensare che qualche settimana fa l’avevo scalato senza troppo sforzo. Nel frattempo Claudio ha dormito raggomitolato sulla nostra piattaforma di legno, unico elemento orizzontale di un universo capovolto. Tocca di nuovo a lui sul terzo; come per magia, arcuando qualsiasi svaso, ci troviamo a darci il cinque in sosta; grande Claudio ma che fatica! E’ l’imbrunire, riparto stringendo più che posso le scarpe quasi a compensare la scarsa aderenza con la precisione di piedi; non serve a niente, un po’ meglio di prima, ma cado. Si chiude così la nostra prima giornata. Manca poco al buio, i portaledge sono distanti e ancora da montare. Decidiamo di scendere per ripartire con nuove energie il mattino seguente.
Mentre mangiamo, ognuno è immerso nei propri pensieri con un unico denominatore comune: in un giorno abbiamo liberato 3 tiri su 14, di cui uno facile. Considerando che le prime lunghezze sono quelle che conosciamo meglio, non c’è tanto da dire, solo sperare in un pizzico di fortuna e che cambi l’aderenza! Notte ragazzi.
2 giorno – La resilienza del team.
Mentre risaliamo le statiche, tocchiamo quasi con riverenza la roccia per capire se i nostri sogni si siano avverati. Negativo, umido era e bagnato rimane. Ci rituffiamo in mischia.
Riprendiamo da dove avevamo lasciato. Sento il pinzato sfuggirmi proprio dove ero caduto la sera prima, ma penso "non posso cadere, non adesso!". Adotto la tecnica Migliorini/Tondini, sposto il pollice sopra l’indice e arcuo. Altri due movimenti e sono al riposo, è fatta, che gioia!
Da li in avanti la musica cambia, ci alterniamo al comando dando ognuno il meglio di sé, sbuffando e vibrando ma tutti i tiri entrano al primo tentativo dopo qualche breve perlustrazione per ricordare le prese. Con una logica incredibile, continuiamo a zigzagare tra i tetti e quasi all’imbrunire liberiamo il tiro che arriva ai portaledge.
Mentre smetto scarpette e magnesite per dedicarmi alla cambusa, Claudio assicura Nicola sul nono tiro (IX-) che entra subito: è il modo perfetto per chiudere in bellezza la giornata, e un bel risparmiamo di tempo per l’indomani! Ci rintaniamo nei portaledge; avendo fatto una notte in meno in parete, abbiamo cibo e acqua da vendere. E’ incredibile come il nostro stato d’animo si sia evoluto: ieri sera credevamo di aver compromesso il tentativo, oggi con altri sei tiri alle spalle siamo euforici e non vediamo l’ora di continuare.
3° giorno- Il motore è avviato
Ci muoviamo presto dal portaledge. Due tiri più facili (VIII+) traversano alla sosta in comune con Alpenliebe da dove si punta diretti al tetto finale. Siamo così concentrati che, protetti dagli strapiombi, quasi non ci accorgiamo che sopra di noi sta piovendo. Prima Claudio e poi Nicola liberano rispettivamente il dodicesimo e tredicesimo tiro, lunghezze impegnative con pochi chiodi e diversi friend da piazzare. Quando salgo il tiro finale della sezione gialla, l’uscita del tetto ha appena fatto in tempo ad asciugare. Il sole decide di illuminarci giusto in quel momento, quasi a voler suggellare la conclusione di un’altra giornata perfetta. Scendiamo al buio ai nostri portaledge consapevoli che il più è fatto, ci mancano gli ultimi 7 tiri con difficoltà prevalentemente classiche.
4° giorno – La chiusura del cerchio.
Sveglia alle 4, il freddo è pungente ma ci scaldiamo con un’intensa risalita sulle statiche al buio. Sembra quasi un sogno scalare leggeri su roccia grigia, compatta e molto lavorata. Niente sacconi, nessuna logistica complessa, semplicemente il gusto di arrampicare qualche bel tiro per concludere questa avventura. Alle 14 circa calpestiamo la cima. Per com’era iniziata, sembra incredibile esserci riusciti: Space Vertigo ha la sua prima libera di team. Ed è giusto così perché l’apertura di questa via è il risultato della passione del gruppo, dell’energia, della testardaggine ed dell’etica che ognuno ha dedicato in ogni giornata passata in parete. Senza questa cordata a tre, sarebbe stato un obiettivo irraggiungibile.
La giornata non è comunque conclusa. Bisogna ripulire tutta la parete dalle statiche, smontare il campo alla sosta dei portaledge, calare tutto alla base e riportare l’immensa quantità di materiale al parcheggio. Alle 23, una volta al camper, stappiamo il prosecco che era in fresca da 4 giorni! Per i futuri ripetitori, alla sosta del primo tiro, abbiamo lasciato la nostra pedana in legno, elemento fondamentale visto l’assenza di cenge. Magari un domani la riutilizzeremo cercando ognuno la libera integrale della via.
Un ringraziamento speciale va a Giovanni Danieli e Matteo Pavana che hanno passato con noi 4 giorni appesi alle statiche. Dai ghiaioni invece risaliva il drone di Gabriele Donati con il gentile supporto dei gestori della Malga Langalm, magnifico punto panoramico sulla parete. Grazie anche a mia moglie Claudia e mio fratello Matteo per averci aiutato con acqua, cibo e portaledge.
SCHEDA: Space Vertigo, Cima Ovest di Lavaredo, Tre Cime di Lavaredo, Dolomiti
RINGRAZIAMENTI
Alessandro Baù (Guida Alpina XMountain e CAAI) - SCARPA, CAMP, Montura, Dynastar, Salice Occhiali
Claudio Migliorini (Guida Alpina e CAAI) - Kayland, AlpStation Brescia, Montura, Wild Climb, Epictv Italia, Vibram
Nicola Tondini (Guida Alpina XMountain) - Climbing Technology, Dolomite 1897, Ferrino, Wild Climb, Maxim Ropes, Marmot, King Rock