Siula Grande parete sud, la nuova via Peruana Supreme
Cinque anni fa il mio amico Sergio Ramirez, che ha un'agenzia di guide a Huaraz, mi ha parlato di una bellissima rampa inviolata sul Siula Grande. Delle tre parete del Siula, la sud è quella meno frequentata per via del difficile accesso attraverso una Icefall che porta ad un circo glaciale tra la parete nord del Carnicero (5.960 m), la parete est del Sarapo (6.127 m) e il versante sud del Siula (6.368 m).
L'unica altra via su questa parete è stata salita nel 2001 sulla parte sinistra e direttamente sotto la cima, ma gli alpinisti sono arrivati soltanto alla cresta a 6.250 m. Invece, l'intero pilastro SE e la cresta sulla parete destra della parete erano stati saliti, nel 2016, dai fortissimi alpinisti francesi del Groupe Militaire de Haute Montagne Didier Jourdain e Max Bonniot, che erano riusciti ad aprire una delle vie più difficili della montagna.
Dopo aver studiato attentamente Google maps, la rampa tra queste due linee sembrava una delle vie più pulite sulla montagna, con un’esposizione minima a pericoli oggettivi una volta superato l’Icefall. Ho messo l'idea nel cassetto fino a quando la montagna non mi ha chiamato.
Il 22 luglio 2017 i miei amici Aaron e Jeanne Zimmerman hanno raggiunto la cima seguendo la via catalana sulla parete est dove hanno registrato la quota di 6.368 m sulla cima sud e 6.366 sulla cima nord, le due cime infatti sono separati da circa 150 m in linea d'aria. Mi hanno riferito che le condizioni erano buone e, sebbene Aaron sia stato colpito sullo zaino da un masso grande come un pugno durante la salita, avevano trascorso una giornata d’azione perfetta. Credo che Jeanne sia la prima donna a scalare questa montagna. Sono andato a provare la via catalana esattamente un anno più tardi. Non siamo stati così fortunati come loro con il tempo: mentre nel 2017 loro avevano avuto una settimana di cielo sereno, noi siamo stati colpiti da 25 cm di neve fresca al campo 1 e abbiamo dovuto ritirarci.
Uno dei membri del nostro team, Benjamin Billet, a fine maggio è riuscito a fare alcune foto importantissime del Siula, mentre faceva il trekking Huayhuash come acclimatamento. Le immagini hanno mostrato che la rampa sulla parete sud raggiungeva la cresta SE in alto, in maniera pulita, senza essere esposta a nessuna cornice. Anche la via dei Catalani sembrava in buone condizioni, ma volevamo salire verso l'ignoto. Arttu Pylkkanen dalla Finlandia, Ben ed io saremmo stati una cordata, mentre Luis Crispin e Thomas Schilter da Cusco in Perù, sarebbero stati i componenti dell’altra cordata.
Il 22 giugno abbiamo preso un furgone da Huaraz e per 7 ore abbiamo attraversato città minerarie e strade sterrate, raggiungendo le comunità di cowboy di Queropalca sul lato est del massiccio. Ero rimasto in contatto con Cesar, il nostro mulattiere dell'anno prima, e siamo andati direttamente a casa sua nei pascoli sotto Carhuacocha. Il 23 siamo partiti con gli asini verso le lagune ai piedi del Yerupaja e del Siula dove abbiamo pensato di accamparci sotto il Quesillococha, ma la gente del posto non ci ha dato il permesso e abbiamo dovuto accamparci all'ingresso della valle secondaria, aggiungendo altri 2 km alla giornata dedicata al trasporti del materiale! Senza altra scelta, quel pomeriggio abbiamo depositato un po’ di materiale sul ghiacciaio.
Il 24 ci siamo tuffati nel labirinto di seracchi che precipitavano giù dal bacino glaciale. Pensavamo di farcela in un giorno, ma alle 16:00, prima che diventasse più buio, abbiamo deciso di accamparci sotto un'enorme onda di ghiaccio che ci proteggeva da qualsiasi cosa che sarebbe potuta cadere dall'alto. Il giorno seguente siamo arrivati presto al Campo 1 a 5.400 m sull'altopiano glaciale, con molto tempo a disposizione per riposare e idratarci. L'unico vero ostacolo era un grande crepaccio che correva lungo i detriti alla base della parete nord del Carnicero. L'intera area era esposta alla caduta di massi e ci siamo affrettati a attraversarla il più velocemente possibile, anche se non è successo nulla.
A mezzanotte del 26 abbiamo iniziato il nostro tentativo di vetta. Abbiamo sprecato un'ora e mezza quando abbiamo incontrato neve polverosa sulle rocce sul lato sinistro della parete, e siamo dovuti scendere per aggirare la grande terminale alla base. Una volta giunti in parete, si trattava di salire la rampa di 60-70° su neve e ghiaccio per 800 m fino alla cresta sud-est. Le nuvole coprivano la vista verso est mentre le vedute sulla inviolata parete nord del Carniceros, di fronte alla Cordillera Raura, erano fiabesche.
Abbiamo raggiunto la cresta a 6.200 metri in tarda mattinata e ci siamo riposati. Sebbene dalle foto la cresta sembrasse diretta, un crepaccio nascosto tagliava tutta la parete est, negandoci una facile traversata in cresta. Arttu è riuscito a salire una cornice verticale ed esposta e a trascinarsi a malapena attraverso la neve polverosa per raggiungere la cresta più ampia soprastante. Quando le nuvole hanno iniziato a coprire la parete est della montagna, il sole si stava abbassando nel cielo a ovest e sapevamo che se avessimo continuato per la cima, avremmo avuto una lunga discesa al buio, ma essendo così vicini non potevamo arrenderci.
Davanti a noi c’era soltanto un ultimo ostacolo tecnico, la spalla che diventa più verticale per 100 metri di WI3 per raggiungere l’innevata cresta sommitale. Dopo aver attraversato per dieci minuti l'ampia cresta, siamo arrivati in vetta alle 16:30 e anche se era tardi, siamo rimasti per mezz'ora e ci siamo goduti il momento in cima a questa sfuggente vetta.
Usando un fittone come ancoraggio siamo scesi sulla cresta e siamo tornati in cima alla parete, proprio quando la luce del giorno è scomparsa. Sono sceso per primo, sistemando le soste mentre abbiamo iniziato la nostra discesa verso il buio. A metà delle 17 calate ero talmente disidratato che vomitavo bile. Luis ha preso il controllo per un po’ di tempo mentre mi sono appeso ad un stake per mangiare un po’ di neve e ingerire un po’ di liquido sulla gola arsa. Dopo qualche calata mi sono ripreso sufficientemente per concludere le calate che non sembravano finire mai. Quando finalmente siamo arrivati alla terminale, ho infilato il nostro miglior stake e mi sono calato oltre il bordo dello strapiombo, per 10 metri per raggiungere il ghiacciaio sottostante. Thomas ed io siamo andati in tenda per sciogliere un po’ d’acqua: eravamo nuovamente al campo 1 alle 3:30 del mattino del 27 luglio, 27 ore dopo essere partiti.
Dormire non era un'opzione praticabile visto che dovevamo scendere l’Icefall prima che si scaldasse troppo. Proprio mentre ci avvicinavamo ai detriti, un masso grande quanto uno skateboard è piombato vicino al ponte di neve sul crepaccio che dovevamo attraversare. Eravamo tutti in stato di allerta mentre cercavamo di attraversare rapidamente il crepaccio ma non ci siamo riusciti perché il ponte si era sciolto, era come una ragnatela che sembrava potesse crollare ad ogni momento. Abbiamo gettato i nostri zaini e siamo saltati delicatamente oltre il vuoto, poi siamo corsi giù verso la protezione dei seracchi. Il resto della discesa è filato liscio, e abbiamo raggiunto la scorta di cibo del campo base al buio alle 7:30 di sera.
Cesar è arrivato la mattina seguente, facendo schioccare la sua frusta sugli asini. Il tempo era peggiorato, come accade normalmente quando un importante Apu è stato scalato; è ben noto in Perù che le montagne diventano gelose e si coprono con le tempeste. A casa di Cesar abbiamo mangiato costolette di agnello fritte, cucinate da sua moglie, e abbiamo bevuto birre Cristal apprezzando la sensazione di ritornare alle comodità della città il giorno seguente.
Questa cima rappresenta qualcosa di speciale per ognuno di noi, e va ben oltre ad essere la famosa montagna di "Touching the Void". Luis è cresciuto allevando alpaca nei pascoli di famiglia sotto l'Ausangate negli altopiani di Cusco. Le sue doti naturali e l’abilità acquisita gli hanno permesso di scalare alcune delle vette più difficili del Perù. Thomas ha solo 16 anni, frequenta ancora il liceo e sta ottenendo buoni voti per ricevere il permesso dai suoi genitori di andare a scalare. Sono i primi peruviani a salire questa montagna. Arttu è il primo alpinista finlandese in vetta al Siula Grande. Per Ben, essendo un ragazzo francese, è più difficile essere il primo del suo paese su qualsiasi montagna! Ma questa è stata la sua prima grande scalata dopo aver quasi perso le dita dei piedi in Himalaya durante la prima salita di un montagna di 6.000 metri chiamata Choppa Bamare, dimostrando a se stesso che è recuperato e ritornato in sesto. In fine, per me è l'ottava vetta e l'ultima vetta difficile nel mio tentativo di salire i 10 massicci montuosi più alti del Perù!
Nate Heald
Materiale: ogni cordata aveva 2 corde gemelle da 60m, 8 viti da ghiaccio e 6 fittoni da neve