Rosa Morotti, Tito Arosio e la spedizione al Phurbi Chyachu in Nepal

Il report di Tito Arosio che ad ottobre insieme a Rosa Morotti ha effettuato la prima ripetizione della via dei Giapponesi al Phurbi Chyachu (6,637m) in Nepal. Effettuato in bellissimo stile alpino, il punto più alto raggiunto è stato sul pianoro sommitale a 6550m.
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La salita della via dei Giapponesi al Phurbi Chyachu, Nepal in stile alpino (Rosa Morotti, Tito Arosio 26-31/10/2024)
archivio Tito Arosio

Lo Jugal Himal è una gruppo montuoso poco conosciuto situato nella regione del Langtang, in Nepal, a nord-est di Kathmandu e vicino al confine con il Tibet. Comprende vette come il Dorje Lhakpa (6.966 m), il Phurbi Chyachu (6.637 m) e altre cime meno esplorate, formando il confine tra la Cina e Nepal. La storia alpinistica dello Jugal Himal è meno sviluppata rispetto a quella delle grandi aree di scalata come le regioni dell'Everest o dell'Annapurna.

Le cime più importanti, il Dorje Lhakpa e il Phurbi Chhyachu, sono visibili dalla valle di Kathmandu nelle giornate limpide. Entrambe hanno attirato l'interesse dell'alpinismo internazionale a metà del XX secolo. Il Dorje Lhakpa fu scalato per la prima volta nel 1981 da una spedizione giapponese attraverso la cresta nord¹. Anche il Phurbi Chhyachu (6.637 m) venne conquistato nel 1981 da una spedizione giapponese in stile himalaiano².

Un evento storico significativo per il massiccio, e più in generale per la storia dell'alpinismo himalaiano, è rappresentato dalla spedizione del 1955 del Scottish Climbing Club, la prima spedizione himalaiana completamente femminile³. In tempi più recenti, il massiccio è tornato sotto i riflettori grazie al Piolet d'Or, con la salita del Jugal Spire da parte di Paul Ramsden e Ian Miller⁴.

Curiosando su Google Maps, il Phurbi Chyachu ha catturato la nostra attenzione per la sua bellezza e la scarsa storia alpinistica. Con una sola salita in stile himalaiano e l'apertura della cresta sud-est lo scorso anno⁵, rappresenta una destinazione ideale per ciò che cerchiamo: uno stile alpino nell'Himalaya, lontano dalle folle.

Rosa Morotti ed io trascorriamo il mese di ottobre in Nepal: cinque giorni di avvicinamento da Kathmandu e una settimana di acclimatamento. Il 27 ottobre ci troviamo alla base dello sperone dei Giapponesi. L'idea di percorrere una nuova via è stata abbandonata, poiché tutte le varianti presentano rischi significativi: scariche di roccia a sud e enormi seracchi a nord.

La via dei Giapponesi è stata aperta in un impegnativo stile himalaiano da una spedizione composta da 16 giapponesi e 2 nepalesi, con l'impiego di 2000 metri di corde fisse, 60 chiodi da ghiaccio, 60 chiodi da roccia e 120 picchetti da neve. Noi, invece, optiamo per uno stile alpino: poco materiale (3 friend, 10 nuts e 4 viti) e il piano di scendere lungo la stessa via. Tutto il materiale sarà utilizzato nei 1600 metri di calate in corda doppia che ci attendono, trovando però poco ghiaccio per realizzare le abalakov.

L'attacco della via non è più percorribile a causa del cambiamento del ghiacciaio, costringendoci a effettuare una variante di attacco di 300 metri, probabilmente più impegnativa rispetto alla via originale. I giorni si susseguono in salita, tra passaggi di misto, roccia, ghiaccio e neve dura o morbida, che a volte ci fa sprofondare fino alle vita. Dopo quattro giorni, raggiungiamo quota 6300 metri e decidiamo di lasciare la tenda per procedere leggeri. Purtroppo, avverto problemi legati all'altitudine e lascio che Rosa percorra gli ultimi 300 metri fino alla sommità del pilastro, dove inizia il ghiacciaio sommitale (6550 m). La vetta dista oltre un chilometro su un terreno glaciale pianeggiante, con neve soffice che arriva fino alla vita. Ci accontentiamo di concludere la nostra ascesa sulla cima del pilastro e conservare le energie per la lunga e complessa discesa. Due giorni di calate in corda doppia ci riportano alla base della parete, ormai privi di tutto il materiale ma estremamente felici e appagati. Le difficolta della via sono 1600m M5, 80°.

Il trekking di ritorno lungo la remota valle, priva di impatto turistico (caratterizzata da poche spedizioni e dall'assenza di trekkers), è accompagnato da nebbia e pioggia, con conseguenti frane che portano via tratti di sentiero. Questo ci lascia un senso profondo di isolamento e di selvaggia solitudine, che avvolge l'intero massiccio.

Un rigraziamento al CAAI e a Kask.

di Tito Arosio

1: nepalhimalpeakprofile.org/dorje-lyakpa
2: publications.americanalpineclub.org/articles/12198323401
3: www.himalayanclub.org/hj/19/6/jugal-himal/
4: www.planetmountain.com
5: publications.americanalpineclub.org/articles/13201216868




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