Sfizzi della Vita, nuova via di arrampicata sul Pizzo Fizzi, Alpe Devero
"Le scure acque del lago, una breve, piccola, suggestiva valle, una povera baita addossata a un ciclopico masso e, disegnata nel cielo, una grande muraglia innalzante una tregenda di greppi. E sono le vette del Fizzi, del Crampiolo sud, della Walter e del Grampielhorn. Unica cornice spiccatamente romantica che apre allo sguardo un estremo lembo di Devero: la Val Deserta."
Cosi Luciano Rainoldi nella sua guida del 1976 descrive la Val Deserta e nulla da allora è cambiato. Ci entrai la prima volta nel 2016 con Jimmy e Giacomo e aprimmo su una parete posta proprio al suo ingresso "Ciao Tico" e l' anno successivo "Deriveapprodi". Entrambe su uno gneiss perfetto e ricco di fessure. Nonostante la vastità e grandiosità del luogo il mio sguardo cadeva sempre sulla Nord/Est del Fizzi, soprattutto al mattino quando il suo serpentino rosso si infiammava baciato dai primi raggi del sole e lo faceva emergere in tutta la sua eleganza e slancio. Una sera Claudio mi invitò da lui a cena per parlare del progetto e studiare una possibile linea di salita. Gli sottrassi la guida del Rainoldi con la promessa di restituirgliela alla fine, non avrei mai immaginato che sarebbe stata, per una serie di motivi, per due anni sul mio comodino turbandomi o facendomi sognare a seconda dei periodi.
La Storia
Il 27/07/1955 Dino Vanini e Armando Chiò scrivono una delle pagine più belle e avvincenti delle salite sulle montagne di Devero, salendo per la fessura centrale che solca il becco finale del Pizzo Fizzi: "Salendo alla sinistra della Val Deserta, per roccette viscide e friabili si arriva alla base della parete vera e propria che si innalza per un centinaio di metri. Qui si trovano due fessure parallele: attacchiamo quella di destra che ci sembra la più buona ed è più stretta dell'altra dai 10 ai 20 cm. La prima lunghezza di corda e abbastanza difficile non essendoci la possibilità di piantare chiodi. Solo a metà si riesce a piantare un chiodo abbastanza sicuro in un masso incastrato nella fessura e che dobbiamo poi lasciare sul posto. A circa tre quarti della salita la pendenza diminuisce pur mantenendo notevoli difficoltà sino agli ultimi quattro o cinque metri dalla vetta che sono i più facili".
Del Fizzi non si parlerà più fino al 2008, anno nel quale Paolo Stoppini ed amici, però sulla parete sud, aprono "Amico Barba Bianca", 1000m 27 tiri di corda 6a+ max e 5c obbl. Mentre sulla Nord sempre lo Stoppi, con Fabrizio Manoni aprono nel 2009 "Ricordando Cassin" 400m 11 tiri 6b+ max e 6a obbl concatenando anche la parete est del Crampiolo e nel 2016 "L'uomo con le ali" 400m 11 tiri 6b max e 5c obbl.
2017 Inizia il progetto
E’ il 2017 e con Claudio decidiamo di iniziare il progetto. Partiamo molto presto e con molto materiale sapendo che il viaggio in parete non sarà molto lungo. L'avvicinamento in effetti è molto faticoso sopratutto l'ultima parte fuori sentiero e con un dislivello non indifferente. Apriamo però i primi tre tiri e lasciamo nel nostro bidoncino ermetico tutto l'occorrente per continuare. Il cielo si copre e mentre scendiamo ripuliamo la via e verifichiamo le doppie. Inizia a piovere ma ormai siamo all'Alpe Val Deserta e da lì a Devero nonostante le quasi due ore il sentiero e la strada sono in ottimo stato. In compenso Claudio mi martella per il secondo tiro che appena sopra la sosta presenta un passo obbligato, ribattezzato da noi, passo del "Castiglia" visto tutte le madonne da lui tirate per superare quel tettino... Dopo questa prima uscita capiamo diverse cose. Non sarà una salita veloce, bisognerà stare molto attenti in parete alle cose mobili e soprattutto il meteo per salire dovrà essere super stabile. Nonostante i buoni propositi proviamo nelle settimane successive a continuare, anche grazie all'aiuto di Jimmy ma i tentativi naufragano la prima volta per la pioggia e la seconda per un vento gelido, cosi decidiamo, anche per non correre rischi, di riportare a casa tutto il materiale. Non poco.
2018 Stop
Il 2018 dovrebbe essere l'anno buono, peccato che in primavera il mio ginocchio inizia a dare problemi. Ho in mano un biglietto aereo per Tirana dove andremo ad aprire delle vie nella regione inesplorata del Kelmend e una risonanza magnetica che mi dice "rottura del corno del menisco mediale". Morale: stringo i denti, partiamo e apriamo "L'uomo semplice", una piccola falesia e appena rientrato mi opero. Ma l'estate per una serie di complicazioni passa e il Fizzi viene ancora ricoperto dalla neve.
2019 Atto finale
Mi suona il telefono è Claudio che sta tornando da Finale, è primavera, dice che è stato a fare il traverso di capo Noli, peccato che saltando il guardrail per prendere le doppie il suo ginocchio ha fatto crack. Cazzo... mi dico che le maledizioni delle ginocchia ci perseguita! In compenso quest'inverno a una sua serata dove amici comuni ci hanno fatto incontrare conosco il Tommy alias Tommaso Sebastiano Lamantia, fotografo, designer, arrampicatore, alpinista esploratore, tecnico del Soccorso Alpino... Ora, non so come spiegarlo ma ho sentito subito con lui un feeling particolare forse per il nome comune, per gli interessi comuni, per l'energia che sprigiona, fatto sta che ci ripromettiamo di sentirci per progetti futuri. In compenso l'allenamento in palestra con Nick e Gian è andato bene. Gianlu e figlio del mio amico Lucio, con il quale scalo da vent'anni, e oltre ad essere giovane ha una passione esagerata e molti margini di miglioramento, mi dice che gli piacerebbe provare ad aprire. Faccio la somma: Tommy + Tommy + Gian + Claudio (mezzo servizio) e la portiamo a casa.
A luglio con Gian, per allenarci, andiamo a chiudere un altro vecchio progetto in Val Agaro, e mi stupisco subito delle sue capacità e tranquillità in apertura per essere la prima volta. Mi ricorda un sacco il Teo alias Matteo Della Bordella la prima volta che aprimmo insieme e mise il suo primo fix in Codera... se il buon giorno si vede dal mattino!
In due uscite nelle quali anche Lucio ci mette del suo, finiamo "Ul Balurd d'Agher". Visto le esperienze passate facciamo un programma "Fizzi". Salire la prima volta e portar su tutto alzandosi il più possibile e tornare una seconda e chiudere i conti. Escludiamo dormire in parete o all'Alpe Val Deserta. Barattiamo un pò di comodità e carichi minori da trasportare però alzandoci molto presto e rientrando molto tardi.
Alla prima uscita siamo io, Claudio e Gian partiamo alle 4. In tre ore siamo sotto la parete, ripetendo il primo tiro Claudio nel diedro stacca un sasso che per istinto devio con uno schiaffo di rovescio... mi dico iniziamo bene. Verso le 11 Gian parte per il quarto tiro, uno spettacolare diedro fessurato che dopo 25m finisce e da accesso alla parte superiore. Con altri tre tiri tra fessure e placche la giornata termina sotto una prua strapiombante molto estetica a lato della fessura "Vanini". Lasciamo tutto e iniziamo a scendere, le doppie sono molto delicate e anche la discesa a piedi lungo la pietraia non e proprio agevole però verso le 21 siamo all'Alpe Devero, mangiamo un boccone e beviamo un paio di medie e a mezzanotte siamo a casa.
Il week end successivo vorremmo provare a chiuderla ma il tempo non è stabile così rinviamo, Claudio provato per lo sforzo dell'uscita precedente con grande eleganza e umiltà ci da il benestare per andare senza di lui. Gian chiuso in Vibram e Tommy in giro per il mondo mi fanno sapere che il prossimo e quello buono. Io dal canto mio passo una settimana a Milano in ginocchio con un caldo tropicale a restaurare un pavimento intarsiato. Vorrei fare di tutto nel week end ma non trascinarmi su per il Fizzi.
Però come spesso succede per tutti noi, la passione fa superare ogni ostacolo o difficoltà, anche nel caso di Gian che si presenta a casa mia all'una di notte in post sbronza da matrimonio. Alle 4 lo sbatto giù dal letto e raggiungiamo il Tommy, è domenica 25 agosto. Più rapidi e leggeri risaliamo e scaliamo fino al punto più alto, Gian si supera e chioda l'ottavo tiro tanto bello quanto obbligato con un'uscita in placca che come dice lui "gli fa fare un viaggio mistico." Proviamo a recuperare il saccone visto che per metà tiro la corda di servizio penzola nel vuoto, e infatti sale, peccato che entrato in una fessura smuove sassi che precipitano 5/6 metri lontano da noi, ma è sufficiente per farci prendere un bello spavento.
Salendo dico a Gian di bloccare e penzolo verso la fessura "Vanini" in questo punto a pochi metri alla nostra destra, alla ricerca del suo chiodo, di un cordone ma non scorgo nulla. Mi impressiona pensare che lì nel 1955 due visionari siano saliti in un ambiente così intatto e isolato con scarponi e tanto coraggio.
Mandiamo avanti il Tommy, le fessure viste nelle foto sono veri e propri camini, e lui con delicatezza sale e si protegge usando pochissimi chiodi. Noi dietro risaliamo e buttiamo giù di tutto, tanto che il nevaio alla base sembra ormai un gruviera! L'ultimo tiro lo porta proprio in cima e quando anche noi arriviamo ci abbracciamo e iniziamo a fare ogni genere di battuta sui massi che la compongono. Si muovono e sono grandi come macchine, giocano con la gravità o meglio con l'equilibrio, uno scherzo della natura e un'icona della precarietà.
Sono le 17.08. Non ci credo, mi suona il telefono, è mia moglie che mi chiede a che punto siamo? Visto che c'è campo mando un messaggio a Claudio e avviso lo Stoppini che iniziamo a scendere. Le doppie fortunatamente corrono bene anche se dalle cenge qualche sasso si muove però tutto va per il meglio. Ora scendiamo a piedi ma a questo punto, vista anche la luce che ci resta procediamo sulle ali dell'entusiasmo. Alla diga lo Stoppi ci sta aspettando ed e felice con noi, apre una bottiglia di birra fatta da lui, del formaggio e il pane che ha fatto al mattino per festeggiare. Sua figlia gli sta francobollata tutto il tempo. Respiriamo aria di casa e di festa, parliamo di vie nuove, vecchie, di progetti e il tempo passa.
Vorremmo restare ma ci manca ancora un'oretta a piedi e il resto in auto. Però non ci dimenticheremo mai di questo momento, e di questo "sfizzio" che ancora una volta ci siamo tolti e che continuerà a vivere nella solitudine e nel silenzio di questa splendida cima. Dopo le vie dedicate a persone scomparse lasciamo dietro di noi questa impronta di vita.
Il mio pensiero per questa via va ai grandi Dino Vanini e Armando Chiò, a Mario "Rosso" e al "Capitano Arlot"
Un grazie a Radames Bionda Parco Veglia Devero, Paolo Stoppini, Frabrizio Manoni, Pietro Corti, al Comitato tutela Alpe Devero e agli sponsor che ci supportano (Salomon, Suunto, Blu Ice e Df Sport Specialist)
di Tommaso Salvadori
SCHEDA: Sfizzi della Vita, Pizzo Fizzi, Alpe Devero